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 2009  giugno 30 Martedì calendario

FERRERO LICENZIA META’ PARTITO


Non se la passano bene, a sinistra. Le continue liti e divisioni, storiche quelle nella maggioranza del governo Prodi, le esclusioni dal parlamento italiano, prima, e da quello europeo, dopo, hanno innescato il conto alla rovescia di una fine che pare ormai inarrestabile per quel che fu all’origine il Pci, il partito dei lavoratori. Si tratta di Rifondazione comunista e del Partito dei comunisti italiani, a cui dal 2010 saranno praticamente chiusi i rubinetti dei finanziamenti pubblici. Partiti che navigano in un dissesto finanziario dalle proporzioni ciclopiche, a leggerne i bilanci 2008 approvati in questi giorni. Per tentare la carta della sopravvivenza, almeno per agguantare le prossime elezioni regionali, si attendono misure draconiane. Come quelle a cui si è deciso il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero: licenziare almeno la metà del personale che lavora alla direzione del partito. Il ragionamento è semplice: non solo Rifondazione non è più al governo, ma pure dal parlamento, nazionale o europeo non importa. A fronte della non rappresentanza, che porterà all’azzeramento dei finanziamenti pubblici nel giro di un anno, Prc spende solo «per i compagni e le compagne che lavorano in direzione più di 4 milioni di euro», e ciò nonostante in questi mesi si siano comunque risolti i rapporti di lavoro di decine di dipendenti che hanno fatto la scissione seguendo le orme di Nicki Vendola. Ora la situazione di bilancio è tale, con un disavanzo per l’esercizio 2008 di oltre 500 mila euro, che Prc si trova a dover ridurre le spese dell’80%. E non si può non partire proprio dalla voce del personale: va tagliato l’organico del 50%. Una scelta dolorosa, questa, ammette Ferrero, soprattutto per un partito che della tutela del lavoro ha fatto una bandiera. E per la quale si attendono proposte operative, magari da parte degli stessi compagni.

Ci sono poi gli immobili, nel piano di sopravvivenza del partito di viale del Policninico, che saranno a breve interessati da operazioni di valorizzazione, non escluse le vendite, affidate a un gruppo di lavoro di esperti nel campo. E infine, c’è il capitolo doloro di Liberazione, il quotidiano di casa, che ha portato nel bilancio del partito una perdita di tre milioni di euro. L’intervento sulla testata, a partire dal cambio di direzione con l’uscita di Piero Sansonetti, dovrebbe consentire di dimezzare il deficit nel 2009, ragiona il tesoriere nazionale, Sergio Boccadutri. Ma non ci siamo ancora: l’obiettivo è di dare corso alla ristrutturazione totale del giornale, con l’apertura dello stato di crisi, e con la riprogettazione di un giornale diverso, molto più snello e soprattutto molto meno costoso: non deve pesare più neanche per un centesimo sul bilancio del partito. Non va meglio dalle parti di Diliberto. Che, alla luce del risultato negativo delle ultime politiche, aveva già messo in atto un parziale ridimensionamento dell’apparato di direzione. Ha pesato poi il finanziamento della manifestazione unitaria dell’11 ottobre scorso. Il risultato della gestione dell’esercizio 2008 alla fine si è assestato su un disavanzo di 2 milioni di euro, risultato che tiene conto anche del fatto che sono stati appostati fondi per oneri futuri, per ristrutturazione immobiliare e per la partecipata società cooperativa Laerre, complessivamente pari a oltre 6 milioni.

Altre misure saranno messe in campo nei prossimi mesi, anche alla luce del fallimento delle Europee. Nel tentativo di arrivare almeno alla prova delle regionali 2010.