Alain Elkann, La Stampa, 28/6/09, 30 giugno 2009
«MI ODIANO, NON MI RESTA CHE SCRIVERE»
Erica Jong, lei ha appena vinto il primo premio Fernanda Pivano e in questi giorni è a Milano. Che effetto le fa tornare in Italia?
«E’ il primo posto dove ho scritto seriamente. Avevo diciannove anni e stavo nella Torre di Bellosguardo e mi sono innamorata dell’Italia. Ho studiato la letteratura, la storia italiana. Se non venissi ogni anno in Italia credo che piangerei. Vorrei scrivere il romanzo che ho in mente e che da due anni non riesco a scrivere».
Di che romanzo si tratta?
«E’ la continuazione di "Paura di volare". Isadora Wing, la protagonista del romanzo, ha 60 anni. E l’idea di raggiungere un’età avanzata e non essere più giovane e calda come un tempo, è una tale disperazione che io non riesco a descrivere. Perciò in questi ultimi anni ho scritto poesie, preso molti appunti ma il romanzo non va avanti».
Non le era mai successo?
«Non in questo modo».
Come mai?
«Mio padre è morto cinque anni fa. Per me è stata una perdita immensa per via della relazione terribile e nevrotica che ho con la mia famiglia. Papà era il mio campione, lui e mio nonno. Mi adoravano. Mentre le mie due sorelle mi odiano e mia madre è sempre stata gelosa».
Perché?
«Le faccio un esempio. Lo scorso anno la Columbia University ha comperato il mio archivio e c’è stato un grande simposio sul mio lavoro. C’erano molti professori e studiosi delle maggiori università americane e hanno parlato del mio primo romanzo come di un vero classico della letteratura americana: dicevano che avevo inventato un nuovo modo di scrivere. Lydie, la mia sorella maggiore, si è alzata in piedi e ha detto in pubblico che la mia scrittura aveva rovinato la sua vita, cosa non vera che ha provocato un enorme disagio nella sala. I giornalisti presenti, tra cui il corrispondente del New Yorker, non hanno parlato d’altro che della denuncia di mia sorella».
Lei mi sembra ossessionata dalla sua vicenda familiare.
«Credevo di essermi liberata di loro con la mia scrittura e adesso sono tornata come prima, nella tragedia greca. Credo che sarà un gran libro quando riuscirò a finirlo».
Ci sono buone notizie?
«Sì, in un certo senso sì anche se in America tutti abbiamo perso almeno la metà dei nostri soldi compresa me stessa. Ma non è così terribile se uno può ancora scrivere. Io mi preoccupo che Obama sia troppo nel centro e bloccato dal congresso che francamente è folle. Stanno bloccando per esempio la riforma sulla sanità perché sono tutti legati alle industrie farmaceutiche e alle compagnie di assicurazioni».
E sulla politica estera di Obama cosa pensa?
«Ho applaudito il modo in cui ha parlato dell’Iran. Noi dobbiamo lasciare i giovani iraniani crescere e loro faranno fuori i Mullah. Se invece noi andiamo lì e facciamo la guerra i Mullah saranno più forti e credo che sarebbe un grande errore. Credo che non dovremmo essere neanche in Iraq e in Afghanistan. Noi creiamo problemi in Medio Oriente e non li risolviamo. In realtà otteniamo l’opposto di quello che cerchiamo di fare».
Com’è oggi la vita culturale negli Stati Uniti?
«E’ deprimente perché gli editori cercano il minimo comune denominatore. Vogliono pubblicare le memorie di Angelina Jolie. Noi non vogliamo, noi scrittori veri abbiamo poche opportunità: non si pubblicano poesie, biografie letterarie o romanzi letterari. Gli editori vogliono Danielle Steel o Nora Roberts».
E lei dove è collocata come scrittrice?
«Sono vista come un’icona. L’inventrice di un nuovo stile di scrittura femminile e femminista. Ma sarebbero contenti che non pubblicassi altri libri perché quando pubblico un nuovo libro parlano sempre e soltanto di "Paura di volare"».
Per lei deve essere una frustrazione.
«Quando ho pubblicato "Il salto di Saffo" tutte le recensioni parlavano di Isadora Wing. Ma l’eroina del mio romanzo prossimo sarà di nuovo Isadora e così forse parleranno del mio nuovo libro. Ma sembra che qualunque cosa io scriva e ho scritto tanti libri, si torni sempre a parlare del mio primo libro».
Come mai?
«Mah, in America viviamo nella terra di Twitter, tutti vogliono qualche cosa di rapido e sexy che abbia una durata al massimo di 24 ore. I professori si lamentano che gli studenti non leggono più un libro ma vanno su Google e vogliono un riassunto più qualche estratto. Non c’è tempo per leggere un intero libro. Mi dà fastidio parlare così perché sembro una vecchia babbiona ma se gli manca il tempo di perdersi in un libro, uno ha perso tutto. Se uno non ha abbastanza serenità per leggere e pensare senza interruzioni continue di telefonini, twitter e altri messaggi è un grave problema. Obama ha detto in una conferenza stampa "Voi siete prigionieri di notizie che durano 24 ore, ma io, devo pensare al futuro"».