Stefano Righi, Corriere economia 29/06/2009, 29 giugno 2009
LA PARTITA DOPPIA DI CASA SEGRE
Il segno evidente della discontinuità è nei capelli lunghi. In una Casa dove la tradizione è un valore e l’imperativo è tacere, dove ancora oggi, anno nono del terzo millennio le impiegate vestono il grembiule nero e per farsi notare basta lasciar cadere una matita dal tavolo, neppure il più facoltoso dei clienti avrebbe osato un taglio simile. Invece, quello che ieri si sarebbe criticato – un look osé tricologicamente parlando – all’improvviso è divenuto la chiave per ridiscutere se non tutto, certamente molto: principio di monacale e quasi anacronistica riservatezza, cautela, anche qualche antico rapporto che sembrava a prova di guerra (finanziaria), come quello con i soci storici di Banca Intermobiliare, le famiglie torinesi D’Aguì, Giovannone, Scanferlin.
La vicenda che lega l’universo professionale di Franca Bruna in Segre a Danilo Coppola richiama accostamenti arditi: se non le convergenze parallele di Aldo Moro almeno le vicinanze lontane di Aleksandr Pasternak. E tutta Torino non riesce a dare una risposta compiuta alla domanda di base: perché?
Dubbi
Perché la riservatezza fatta istituzione avrebbe dovuto sposare lo schiamazzo di uno dei più esibiti protagonisti dell’estate del 2005, quella dei furbetti del quartierino? Ci sono alcuni riscontri oggettivi. Il turbinio di compravendite che ha visto protagonisti Coppola e Luigi Zunino – l’uomo di Risanamento che oggi rischia di affogare in un mare di debiti maturati tra Sesto San Giovanni e Milano Santa Giulia – ha generato laute commissioni ai Segre e a Bim, la Banca Intermobiliare – solo 29 sportelli ma un’elevata specializzazione nella gestione delle ricchezze – da sempre presidio della famiglia. Può bastare questo a spiegare? Certamente aiuta, ma non chiarisce del tutto. Perché il gioco che parte dagli immobili contenuti nell’Ipi per arrivare all’opa sulla M&C fondata da Carlo De Benedetti ha ancora troppi lati oscuri. Troppe vicinanze lontane, appunto, troppi contrasti.
Rapporti
Come spiegare ad esempio l’insolita presenza al battesimo della primogenita di Coppola di Pietro D’Aguì, l’amministratore delegato di Banca Intermobiliare, nel ruolo di padrino della bimba? E come mai lo stesso Coppola ha denunciato nei mesi scorsi D’Aguì per truffa aggravata prima di ritirare l’azione legale? Non risultano, nella pluridecennale storia della Casa, episodi simili. E lei, la signora della finanza torinese? Lei, di cui l’unica indiscrezione trapelata in decenni di serissimo lavoro è il rapporto consolidato con l’ingegnere Carlo De Benedetti, lei, savonese di nascita, 83 anni il prossimo 27 ottobre, che si è lasciata pubblicamente sfuggire che Danilo Coppola ai suoi occhi è «come un figlio»? Suvvia, più di qualcuno è caduto dalla seggiola, altro che matite. Un figlio? E quello vero, Massimo Segre, consigliere di Bim, Cir, Cofide e Borsa Italiana, come ci sarà rimasto lui, appassionato di scacchi, nell’essere avvicinato al Danilo del quartierino? Un accostamento irrispettoso e ironico, se a promuoverlo non fosse stata la mamma.
Le cifre
I numeri, in banca, sono al centro di tutto e quando il cerchio si stringe si arriva a un accordo: era la fine di marzo e Bim dopo anni di attese – pressata da un impegno preso con Veneto banca, azionista al 40 per centro della controllante Cofito a vendere la partecipazione in Ipi senza effetti sui propri conti – decide di escutere il pegno sul 29,3 per cento di Ipi a garanzia di crediti per 55 milioni di euro e di lanciare l’opa sulla società a 1,3 euro per azione. Il prezzo è basso, l’opa va quasi deserta.
Ma passano poche ore e scatta un’altra opa. Stavolta non è Bim ma direttamente la famiglia Segre a scendere in campo, attraverso le società Mimose e Ipi Domani.
L’offerta è a 1,9 euro per azione, che valgono 34 milioni a Coppola (aveva il 25,08 per cento di Ipi) e 70 milioni ai soci e manager Mario Scanferlin, Pietro D’Aguì e Gianclaudio Giovannone (controllavano il 50,8 per cento). Nei fatti una liquidazione. Negli stessi infuocati giorni Coppola riesce anche a vendere due palazzi a Milano (via Manzoni e via Montenapoleone), alla stessa famiglia Segre, che mette sul tavolo 14,5 milioni e subentra nel leasing con Italease per altri 70 milioni. Italease fa capo al Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti, esposto per circa 430 milioni nei confronti di Coppola grazie alle spericolate avventure della Banca Popolare di Lodi, poi «salvata» dal Banco. Ma in questo modo anche Ipi è «salva», anche se si profila un cambiamento del management (già si fanno i nomi del sostituto del presidente e amministratore delegato Franco Tatò) e il delisting . Soprattutto è salvo il suo contenuto di mattoni e, secondo alcune interpretazioni maliziose, i patti sottesi prevedono che a questo punto, realizzata l’opa, Coppola venga «liquidato » con la proprietà di Porta Vittoria, i terreni milanesi ad alta potenzialità di sviluppo un tempo di Zunino.
Il confronto
Il centro della vicenda è qui. Qui si consuma la frattura tra i Segre e gli altri storici soci di Bim. Su una questione di opportunità. Di guadagno. Sulla scrivania della signora Segre si schizzano due conti: la signora controlla il 15 per cento di Cofito, la compagnia finanziaria torinese che possiede il 50,02 per cento di Bim. In Borsa Banca Intermobiliare vale circa 500 milioni di euro di capitalizzazione. Il 15 per cento di 250 milioni (ovvero il 50 per cento della capitalizzazione) sono poco meno di 38 milioni di euro. Ipi evidentemente rappresenta agli occhi dei Segre valori diversi. Estremamente diversi. Anche scorporando Porta Vittoria, «promessa» a Coppola, c’è il torinese Lingotto e altre appetitose proprietà immobiliari dentro quella che un tempo era la cassaforte di casa Agnelli. Il conto insomma è presto fatto, il ragionamento anche. I comportamenti sono conseguenti. E pazienza se si finisce in minoranza nella banca di casa.
Coincidenze
Gli aspetti singolari di questa vicenda, al di là delle definizioni e dei rapporti personali sta ancora una volta nei numeri. La prima offerta per Ipi a 1,3 euro per azione aveva il potere di scontentare tutti. Il successivo rialzo a quota 1,9 corrisponde al valore di carico di quelle azioni nel bilancio di Banca Intermobiliare più tre centesimi. Proprio come voleva Veneto banca. Resta, in questa parte della finanza torinese, la frattura, netta, tra il passato e il futuro. Negli uffici di Casa Segre, in via Valeggio, quartiere Crocetta, Torino-bene, si annuncia un futuro nel segno della discontinuità.