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 2009  giugno 29 Lunedì calendario

I MILITARI CACCIANO IL PRESIDENTE


«Un colpo di Stato troglodita». Così il presidente del Venezuela Hugo Chávez ha definito in una dichiarazione alla tv Telesur il golpe che in Honduras ha destituito il presidente della Repubblica Manuel Zelaya Rosales, costretto all’esilio in Costa Rica. E dopo aver puntato il dito contro gli Stati Uniti, coinvolti a suo dire nel colpo di Stato, ha mobilitato l’esercito e invitato il presidente statunitense Barack Obama a prendere posizione. L’invito non è caduto nel vuoto. Obama si è subito pronunciato dicendosi «profondamente preoccupato» e chiedendo agli «attori politici e sociali» del Paese il rispetto dello stato di diritto. Secondo Obama, «ogni tensione e ogni disputa dovrebbe essere risolta in modo pacifico, attraverso il dialogo».
Dal canto suo la Casa Bianca ha respinto con forza l’accusa di aver avuto un ruolo nel golpe. «Non c’è stato alcun coinvolgimento statunitense in quest’azione contro il presidente Zelaya», ha riferito un funzionario sottolineando di riferirsi al leader honduregno sempre con il titolo di presidente. Dal Costarica intanto il presidente deposto ha dichiarato, sempre ai microfoni di Telesur, di essere stato «rapito e di essere vittima di un complotto» e ha chiesto aiuto proprio agli Stati Uniti affinché intervengano per il ripristino del governo legittimo.
Per l’Honduras, tra i Paesi più poveri dell’America centrale, quello che doveva essere il giorno del voto si è trasformato, così, in quello del caos più assoluto. Si è passati da un referendum costituzionale che avrebbe garantito la rielezione dell’attuale presidente al golpe. Poco prima dell’inizio delle operazioni di voto, infatti, Zelaya, conservatore poi diventato grande alleato di Chávez, è stato arrestato da un gruppo di militari che all’alba avevano circondato la sua residenza e portato in una base dell’aviazione militare alla periferia della capitale Tegucigalpa, prima di essere costretto a lasciare il Paese. Dopo il suo arresto, la capitale è stata presa d’assedio da centinaia di blindati. Interi quartieri sono privi di energia elettrica, la polizia ha disperso gruppi di manifestanti filo-governativi. Secondo alcune fonti, sarebbe stato arrestato anche il ministro degli Esteri e altri sette membri del governo.
La situazione è precipitata negli ultimi giorni, dopo che Zelaya aveva destituito il Capo di Stato Maggiore, il generale Romeo Vasquez, oppostosi alla sua decisione di convocare un referendum costituzionale. Zelaya, eletto nel 2006 con un mandato di quattro anni non rinnovabile, stava appunto cercando di emendare la Costituzione per potersi ricandidare. Ma aveva subito incontrato l’opposizione della Corte Suprema, che gli aveva intimato di restituire la carica al generale Vasquez. E proprio la Corte Suprema sarebbe dietro al golpe. Lo hanno reso noto gli stessi giudici spiegando di «aver ordinato ai militari di agire perché Zelaya aveva tentato di violare la legge con il referendum».
In un’intervista su El Pais poco prima dell’arresto, Zelaya aveva rivelato che un tentativo di colpo di Stato era stato evitato dopo che gli Usa si erano rifiutati di sostenerlo.
Immediate le reazioni internazionali. L’Ue ha condannato all’unanimità l’arresto del presidente. Franco Frattini ha espresso «grande preoccupazione» auspicando il «ristabilimento della legalità». L’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) ha indetto una riunione d’emergenza dopo che la stessa delegazione venezuelana presso l’OSA denunciava il «rapimento» a Tegucigalpa da parte di «soldati honduregni» degli «ambasciatori del Venezuela, che è stato anche picchiato, di Cuba e Nicaragua». «Se non liberano il nostro ambasciatore», ha minacciato Chávez, «interverremo militarmente in Honduras».
Ieri notte, intanto, il Parlamento nelle mani dei golpisti ha scelto come successore «ad interim» alla presidenza Roberto Micheletti Bain, di origini italiane, iscritto allo stesso partito liberale di Zelaya ma con lui in rotta da tempo. Le elezioni del nuovo capo di Stato si terranno il 29 novembre, come previsto già prima del golpe. L’Honduras ha goduto di una certa stabilità politica dalla fine del regime militare nei primi anni ”80 ma negli ultimi mesi ha risentito profondamente della crisi. Il paese è uno degli snodi cruciali del narcotraffico tra America Latina e Stati Uniti.