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 2009  giugno 29 Lunedì calendario

I MIRACOLI DI MADOFF CON 10 MILIARDI IN TASCA


WASHINGTON – Per i quasi 5 mila in­cauti risucchiati nel gorgo finanziario di Bernie Madoff, ci sono un pugno, una dozzina secondo il rapporto dei curatori al Tribunale fallimentare, che escono an­cora più ricchi dalla più grande e rovino­sa catena di Sant’Antonio della Storia.

Come spiega Edward Jay Epstein, un principe del giornalismo investigativo che ha avuto accesso ai documenti dei trustees, ciò è stato possibile «perché il denaro ricevuto dai clienti non venne mai reinvestito, ma usato per pagarne al­tri ». Insomma, per quanto ogni profitto fosse immaginario nella contabilità di Madoff, chi pensò be­ne di incassare i gua­dagni venne pagato con i soldi portati a Bernie dai nuovi inve­stitori, mettendosi in tasca soldi veri. Più di 10 miliardi di dol­lari, secondo uno de­gli avvocati.

Guarda caso, il ma­nipolo dei Paperoni dello scandalo Ma­doff è formato dalle sue più vecchie cono­scenze, gente che lo conosceva e aveva la­vorato con lui per decenni.

Come Stanley Chais, consulente finan­ziario californiano (non registrato nell’al­bo della categoria) con una lunga sfilza di clienti a Beverly Hills, Hollywood e dintor­ni. Frequentava Bernie da più di 30 anni, così vicino al truffatore da essere il primo nella lista dei numeri telefonici memoriz­zati sulla sua linea d’ufficio personale. Chais aveva o controllava ben 60 conti di­versi nella società di Madoff: per lui, per la famiglia, per le sue fondazioni e ovvia­mente per investitori esterni, questi ulti­mi raggruppati in tre fondi di alimentazio­ne. Complessivamente, i curatori calcola­no che Chais si sia messo in tasca in tutto 1,2 miliardi di dollari. A chi gli affidava i denari, imponeva commissioni del 25% sui profitti annui, che gli hanno fruttato circa 270 milioni di dollari.

Grazie alla sua prossimità con il finan­ziere, Chais faceva anche di più: specifica­va in anticipo a Madoff il livello di perdi­te e profitti che avrebbe voluto nei reso­conti, per poi risparmiare col fisco.

Un altro miracolato dalla truffa è Ro­bert Jaffe, noto finanziere che agisce tra la Florida e Boston. Per una contorta iro­nia, Jaffe è il genero di Carl Shapiro, l’ul­tranovantenne filantropo e miliardario che è stato fra le vittime più celebri degli intrallazzi di Madoff. Giusta la Sec, Jaffe ha ricevuto da questi pagamenti sotto­banco per 100 milioni di dollari e ha riti­rato profitti per altri 150 milioni. Anche lui ha fatto al finanziere richieste specifi­che, quanto a livello di guadagni e perdi­te per la sua contabilità.

Ma il bottino più copioso è stato quel­lo di Jeffry Picower, avvocato, procaccia­tore d’affari, esperto di paradisi fiscali, amico da sempre di Madoff, presso cui era titolare di 24 conti. Quanto ha ritira­to? Da non crederci: 6,7 miliardi di dolla­ri, pari a 5 miliardi di euro. Come precisa la Sec, «più di 5 miliardi di dollari appar­tenenti ad altre persone». Il tutto in una giravolta di falsi resoconti, aggiustati ad hoc per aggirare la mannaia fiscale.

Potevamo scommetterci, ma tutti e tre negano di aver mai saputo o sospettato che Madoff gestisse in verità un labirinto di specchi, un castello di carte false dove sparivano soldi veri. Se così fosse, forse pensavano di avere a che fare con un mo­derno Mida. Certo non è un reato far sol­di sulle sfortune altrui. E d’altronde, chi non pensa l’impossibile non vedrà mai la verità. Nel loro caso poi, si sono guardati bene dal farlo.