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 2009  giugno 29 Lunedì calendario

CONTI CORRENTI SEGRETI, UBS PRONTA AL COMPROMESSO CON LA GIUSTIZIA AMERICANA


WASHINGTON - La banca svizzera Ubs è disposta a paga­re al fisco americano (o Irs) da 3 a 5 miliardi di franchi, ossia fino a 4 miliardi e mezzo di eu­ro, pur di risolvere l’aspro con­tenzioso sui conti correnti se­greti di quasi 52 mila cittadini Usa presso di essa. In un brac­cio di ferro di oltre un anno, la Ubs ha fornito all’Irs solo 300 nomi, pagando una penale di 780 milioni di dollari. A Washington, il Ministero della giustizia, che sarebbe comun­que già in possesso di quasi 10 mila nomi, ha perciò chiesto che il 13 luglio la Ubs sia sotto­posta a processo per favoreggia­mento di evasione fiscale da­vanti al Tribunale federale di Miami. Ma secondo il giornale svizzero «Sonntag», che cita fonti del governo elvetico, die­tro le quinte sono in corso ne­goziati per un accordo extra giudiziale, che potrebbe esser firmato nelle prossime due set­timane.

Voci di un compromesso era­no circolate già la settimana scorsa, ed erano state secca­mente smentite da Washin­gton. Lo stesso presidente del­la Confederazione elvetica, Hans Rudolf Smerz, aveva di­chiarato di non essere al corren­te di alcuna trattativa. Ma ieri in un’intervista a «Sonntag», il ministro della giustizia svizze­ra Evelyn Widmer Schlimps ha sostenuto che «è ancora tutto possibile». In base al nostro di­ritto, ha precisato il ministro, «è vietato dare al fisco america­no i dati dei 52 mila cittadini Usa». La migliore via di uscita sarebbe un accordo amichevo­le. Se mancasse, ha aggiunto, «l’Irs dovrebbe presentarci so­spetti fondati e nomi precisi, e noi decideremmo». Di fatto, si creerebbe un nuovo contenzio­so.

Per l’Ubs, che si dice abbia perso nella crisi in corso sino a 58 miliardi di dollari, ma che si è ricapitalizzata in parte, un compromesso significherebbe riacquistare la fiducia dei clien­ti, che nel primo trimestre di quest’anno avrebbero ritirato 15 miliardi di dollari, e conti­nuare a operare negli Stati Uni­ti, un suo mercato indispensa­bile. Per Berna vorrebbe dire chiudere un capitolo buio dei suoi rapporti con Washington e partecipare alla lotta globale all’evasione fiscale. Berna si è già allineata agli altri paesi dell’ Ocse contro i segreti bancari, a differenza di alcuni «paradisi» nei Caraibi, ma l’Irs, che si ritie­ne frodato di decine di miliardi di dollari di tasse, le chiede totale trasparen­za.

Il braccio di ferro tra lo Irs e la Ubs, avviato dalla amministrazione Bush, si è acuito sotto l’amministrazione Oba­ma a causa dell’enor­me disavanzo del bilan­cio dello stato america­no. Costretto a salvare la finanza privata e a stimolare l’economia, lo stato è ora alla ricer­ca di fondi e l’evasione fiscale è uno dei suoi obbiettivi principali. Al Tribunale federale di Miami in Florida si è già tenuto il pri­mo processo contro un evasore confesso, un uomo di affari, Ro­bert Moran, che aveva deposita­to 3 milioni di dollari in Svizze­ra. La sentenza non è ancora stata emessa ma Moran rischia fino a tre anni di carcere e 250 mila dollari di multa. Non è un caso alla Madoff, l’autore della più colossale truffa della storia di Wall Street, ma è un monito agli altri 52 mila.