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 2009  giugno 29 Lunedì calendario

Farsi pagare o no? Questo è oggi il principale pro­blema di tutti i fornitori di servizi e di contenuti sulla rete Inter­net, che finora è stata es­senzialmente gratuita

Farsi pagare o no? Questo è oggi il principale pro­blema di tutti i fornitori di servizi e di contenuti sulla rete Inter­net, che finora è stata es­senzialmente gratuita. Le tecnologie per i mi­cro- pagamenti online – che sono l’ipotesi preva­lente per sviluppare le vendite sul web di artico­li a bassissimo prezzo, anche per valori di cente­simi di euro – esistono già e sono fornite da nu­merose società, soprat­tutto di origine america­na. Ci sono, per esem­pio, la californiana Play­Span (micropagamenti per giochi di ruolo e so­cial game) o Spare Chan­ge (per Facebook), Wal­lie (per i giochi online) e Click and Buy (con siste­ma prepagato), Kakingle (per le micro-donazioni) e Twitpay (per i blog). Ma il problema della diffusione dei micropa­gamenti su Internet è, so­prattutto, culturale e «di potere». Ovviamente, non è facile fare pagare quanto è sempre stato of­ferto gratis; e finora il set­tore dei pagamenti onli­ne è stato «congelato», esclusivamente riservato alle banche. Però a no­vembre cambierà quasi tutto, perché una diretti­va europea impone l’apertura del settore. «Grazie alla liberalizza­zione – spiega Roberto Garavaglia, consulente sulla moneta virtuale – gli operatori non banca­ri, come gli editori e i ge­stori telefonici fissi e mo­bili, potranno offrire di­rettamente ai clienti dei loro conti di pagamen­to ». Anche per questo mo­tivo molti fornitori di contenuti (tra cui i gior­nali, che stanno cercan­do di superare la grave crisi del mercato pubbli­citario) cominciano a considerare con molta at­tenzione il sistema dei micro-pagamenti. Acquisti d’impulso In generale, questi si­stemi permettono di tra­sferire del denaro, paga­to con carta di credito, a un borsellino elettronico gestito da una società tec­nologica specializzata, che converte i soldi pre­pagati in moneta digitale per gli acquisti online. I pagamenti avvengono con i metodi tradiziona­li, carta di credito o con­to corrente: ma il borselli­no elettronico permette Già molte società su In­ternet fanno soldi con le mi­c rovendite: per esempio S k y p e , che guadagna cen­tinaia di milio­ni facendo pagare le chia­mate telefoniche anche solo pochi centesimi; o Apple, che fa pagare le canzoni 99 centesimi di dollaro. I sistemi di micropaga­mento sono però utilizza­ti soprattutto dai gestori di giochi multipli di ruo­lo e dai social game, ge­stiti da società come Mi­crosoft e Blizzard Enter­tainment, che produco­no giochi con milioni di utenti (come World of Warcraft). Questi gestori consentono di clienti di acquistare più funziona­lità rispetto al gioco di ba­se. Il giro d’affari dei si­stemi di pagamento onli­ne è stimato in circa 3 mi­liardi di euro, ma è desti­nato a crescere rapida­mente. I casi italiani Oggi, se gli editori ita­liani volessero vendere i propri articoli per alcuni centesimi (o decine di centesimi), dovrebbero rivolgersi alle società americane, che fornisco­no sistemi già sperimen­tati ma chiusi. Tuttavia, la liberalizzazione è vici­na e anche altri si stanno preparando a entrare nel nuovo mercato. Dmin, formata da su­per- esperti dell’Internet italiana (come Leonardo Chiariglione, inventore del sistema internaziona­le di compressione dei dati Mp3, Stefano Quin­tarelli, uno dei padri di Internet in Italia, Giaco­mo Cosenza e Roberto Garavaglia) sta elaboran­do degli standard aperti, basati su un software open source, per un siste­ma di pagamento a pun­ti non proprietario e uni­versale. Probabilmente, da questa esperienza na­scerà la proposta di un servizio specializzato di micropagamenti a basso costo per gli editori e i si­ti web. Un fatto è certo: cambierà radicalmente il panorama competiti­vo. I potenti gestori tele­fonici potranno gestire dei propri conti di paga­mento; anche Apple, con il suo iPhone, e Ama­zon, con il suo libro elet­tronico Kindle, offriran­no propri sistemi. E ov­viamente si muoveranno le banche. Le tecnologie si moltiplicheranno. Allora il problema di­venterà strategico. Chi gestirà il commercio elet­tronico e i pagamenti dei clienti? Gli editori, Tele­com Italia, Tim o Vodafo­ne, i-Tune della Apple o Kindle di Amazon, o altri ancora? E chi prenderà la fetta maggiore dei nuo­vi ricavi? d’impulso». Basta schiac- ciare un bottone digitale per spendere immediata- mente piccole somme, che poi vengono saldate solo quando gli importi diventano ele- vati, in modo da contenere i costi della tran- sazione.