Emanuela Scarci, ཿIl Sole-24 Ore 29/6/2009;, 29 giugno 2009
BRENNERO E FREJUS I VALICHI PI COLPITI DAL CALO DEI TIR
Alcuni abitanti della Val Susa, preoccupati più dalla tutela dell’ambiente che dell’economia, hanno tirato un sospiro di sollievo quando hanno capito che il calo del traffico di auto e, ancora di più, di Tir non si sarebbe arrestato facilmente. Per altri invece è stato un vero choc: il segno della grande crisi dell’export italiano. E non è un’esagerazione il dato della percezione "visiva": «Ci sono state settimane – sostiene Bernardo Magrì, direttore generale di Sitaf A32-Traforo del Frejus - con cali del traffico pesante del 48% e addirittura del 67%». Oggi dal Traforo della Val di Susa passano solo 1.800 camion al giorno ma l’anno scorso ne transitavano 2.300, in media 1,6 al minuto. « un dramma per tutti ”aggiunge Magrì- . L’80%del traffico pesante è generato dall’interscambio commerciale tra Italia e Francia e alla fine di giugno è scivolato mediamente del 21%, contro l’11,9% del Monte Bianco». Come spiegare il divario tra Frejus e Monte Bianco? «Gran parte dei prodotti refrigerati,cioè l’alimentare – spiega Magrì – passa dal Bianco. E il food è stato il settore industriale meno colpito dalla crisi economica».
Ma se Atene piange, Sparta non ride, perché l’umore degli operatori non muta al Brennero (-20% dei Tir), sul confine italoaustriaco, e al San Bernardo (-16,3%), su quello italo-svizzero. «Quanto a volumi di traffico – osserva Paolo Duiella, presidente di Autobrennero – siamo tornati indietro di cinque anni. Il traffico pesante, quello di classe 5, è crollato sull’autostrada mediamente del 20%, ma al passo del Brennero il dato è certamente peggiore. Se proprio devo guardare il bicchiere mezzo pieno allora dico che i turisti oggi avranno meno problemi di code e di inquinamento».
Meno peggio al San Bernardo. «Da qui- sottolinea Mario Di Fei, direttore d’esercizio del Traforo del Gran San Bernardo – passano i Tir diretti in Francia e in tutto il nord Europa. Sono calate le bisarche, ci sono meno trasporti di piastrelle e legname: alla fine la contrazione supera il 16%».
Il collegamento tra crisi economica e calo del traffico pesante è stretto: nel primo trimestre del 2009 i camion hanno frenato, ma lungo i valichi di frontiera hanno viaggiato addirittura con il freno tirato. Complessivamente sulle autostrade si sono percorsi 600 milioni di chilometri in meno, -13%, ma ai confini la contrazione è stata superiore di 5-10 punti rispetto alla media nazionale. Anche i passaggi delle auto ai trafori sono stati molto più ridotti, in genere con una flessione del 10% rispetto alla media nazionale del -5,5 %.
Ma quali sono gli effetti sul territorio indotti dal crollo del traffico pesante? All’autoporto di Susa lamentano un dimezzamento dei servizi di ristorazione«e questa crisi – interviene Patrizia Ferrarini, presidente dell’Ascom di Susa- si aggiunge a quella più generale dei consumi». Per il resto «gli effetti sul territorio – osserva Stella Cribari della Cna di Susa – sono limitati, anche se siamo stati colpiti dal più generale crollo dell’automotive ».
«Prima dell’apertura delle autostrade – commenta Fabrizia Derriard, sindaco di Courmayeur – il traffico aveva un peso rilevante sul commercio e sui servizi di Courmayeur. Oggi la nostra economia dipende strettamente dall’offerta di servizi turistici e poco dall’intercettazione dei passanti ».L’approccio però cambia se il territorio ospita imprese di trasporto. «Ne abbiamo - interviene Fritz Karl Messner, sindaco di Vipiteno, comune a ridosso del Brennero- diverse di piccola dimensione, quelle con 4 o 5 camion: stanno soffrendo la crisi in misura accentuata. In realtà, la recessione non risparmia nemmeno i grandi operatori bolzanini del trasporto».
«La recessione – interviene Sergio Curi, dell’ufficio studi di Confetra, che rappresenta le imprese del trasporto e della logistica- ha colpito in particolare la meccanica nell’area del lombardo- veneto e dell’Emilia, ma anche tutta la filiera dell’automotive, del tessile, del mobile e delle piastrelle. E non è solo la gomma a soffrire, ma anche il ferro e il portuale». In fondo al tunnel però s’intravede una luce. «I dati tendenziali del trasporto pesante – dichiara Paolo Uggè, presidente di Fai/Conftrasporto, Federazione autotrasportatori italiani ( 70mila mezzi pesanti gestiti)- sono meno peggio del passato: lo scorso gennaio indicavano un-17,5% e quelli di aprile-10,4. in atto quindi un recupero che ci fa sperare anche se il ricorso agli ammortizzatori sociali rimane ampio».