Cristiano dellཿOste, Saverio Fossati, ཿIl Sole-24 Ore 29/6/2009;, 29 giugno 2009
IN CASA «IRREGOLARE» UN CANTIERE SU TRE
Fare tutto in nero non è quasi mai un affare, ma quanti l’hanno capito? Quando si tratta di ristrutturare casa, c’è sempre qualcuno che sceglie di non farsi fare la fattura. Gli sconti del Fisco, però, hanno cominciato a scalfire l’area dell’irregolarità.Nel 1998 – ha calcolato Il Sole 24 Ore – la detrazione del 41% era stata applicata a lavori per 1,56 miliardi di euro; nel 2006, invece, il 36% ha riguardato interventi per 4 miliardi. E se si guarda ai lavori effettuati l’anno scorso, si scopre che almeno due su tre hanno ottenuto la detrazione. Anche se, è bene non dimenticarlo, un terzo dei "cantieri domestici" resta indiziato di evasione.
«Nella prima fase il 36% non ha fatto emergere nulla o quasi. Di fatto, lo usava chi faceva già lavori in regola. Poi l’emersione c’è stata, e ormai siamo di fronte a un meccanismo rodato», commenta Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, istituto di ricerche sull’edilizia. «Il fatto è che il mercato della riqualificazione è fatto da interventi diversissimi – prosegue ”: ci sono grandi interventi e micro-lavori in cui si fa tutto in economia, o si ricorre all’amico, al conoscente... Qui la soglia tra intervento strutturato e autoprodotto è difficilissima da individuare».
Che gli sconti fiscali abbiano contrastato il lavoro nero, comunque, lo dimostrano anche i dati dell’Istat.Nel 1998 le unità di lavoro irregolari nell’edilizia erano il 16,5% del totale (contro il 15,1% dell’intera economia). Nel 2006 – ultimo anno rilevato ”il dato è sceso all’ 11%, contro il 12% di media.
Spiega il colonnello Flavio Aniello, comandante comandante del nucleo speciale entrate della Guardia di finanza: «La detrazione innesca un conflitto di interessi tra l’evasore e il contribuente. Da un lato c’è un soggetto che vorrebbe fare tutto in nero;dall’altro c’è il contribuente che pretende la fattura e paga le spese con bonifico per ottenere la detrazione. E questa è senza dubbio un’arma vincente ». Eppure,l’area del sommerso resta molto estesa, come dimostra anche l’operazione Pandora,condotta di recente dalla GdF, che tramite una serie di controlli informatici ha portato alla luce redditi evasi per circa 3 miliardi e almeno 500 milioni di Iva non dichiaratae non versata. Nel 2008 sono state inviate alle Entrate 391mila comunicazioni per il 36%, cui vanno aggiunte le 240mila pratiche per il 55 per cento. Ebbene, nello stesso anno, secondo il Cresme, in Italia sono stati eseguiti 956mila interventi di ristrutturazione e manutenzione (si veda la grafica in alto).
In pratica, due lavori su tre sono stati "ufficiali". E gli altri? Tutti irregolari? Non necessariamente. Perché tra gli interventi censiti dal Cresme ce ne sono alcuni che potrebbero fruire di altre agevolazioni (come i pannelli fotovoltaici, con il conto energia) e altri che non godono del 36% a meno che non siano effettuati su parti comuni condominiali (come la sostituzione dei pavimenti). Senza contare che, per i lavori minori, molti contribuenti potrebbero aver rinunciato allo sconto fiscale.
Il resto, però, è evasione. Manovali assunti in nero, fatture inferiori al valore reale, cantieri completamente irregolari. E c’è anche un’altra sfaccettatura del fenomeno, portata alla luce dall’operazione Pandora: le partita Iva fantasma, aperte e chiuse nel giro di qualche mese, solo per poter rilasciare la fattura ai clienti che la pretendono.
«Lavorando a livello di banche dati – racconta Aniello – ci siamo trovati di fronte a imprenditori che avevano assolto tutti gli obblighi necessari a far beneficiare i propri clienti della detrazione, salvo poi sparire nel nulla. Il 67% dei 7.851 soggetti che abbiamo identificato erano evasori totali». Come dire: le detrazioni forse non hanno ancora cambiato la mentalità di certi impresari (e di certi clienti). Ma la tracciabilità dei pagamenti è un utilissimo strumento di indagine. Anche se, precisa Aniello, non consente di scovare le imprese del tutto irregolari, quelle che non hanno mai emesso una sola fattura: «Questo è compito dei reparti attivi sul territorio». Il sommerso, comunque, nonè uniforme in tutta Italia. L’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori, ha sommato tutte le comunicazioni per il 36% ricevute dalle Entrate dal 1998 al 2008 e le ha confrontate con il numero di abitazioni occupate censito dall’Istat nel 2001. Ecco il risultato, solo per citare i due casi-limite: negli ultimi dieci anni, in Trentino Alto Adige è stato ristrutturato con lo sconto fiscale il 38,6% delle case; in Calabria e Campania il 3,8 per cento.
La differenza dipende da molti fattori ”non ultimo ladisponibilità di spesa delle famiglie – ma lascia intuire una diversa incidenza del sommerso. Non è un caso che la presenza delle forze di lavoro irregolari nelle costruzioni, misurata dall’Istat, sia più alta al Sud.
«Nel Mezzogiorno il sommerso è sempre stato più pesante – commenta Bellicini del Cresme ”. Pesano ragioni storiche, ma anche culturali. Per quanto possa essere antieconomico, per i lavori di piccolo importo c’è ancora chi pensa di far tutto in nero ed evitare almeno il pagamento dell’Iva» • LA FATTURA? PER I CLIENTI SEMPRE UN AFFARE - Nel gioco del nero è sempre l’impresa a vincere. Una delle letture più immediate dei dati su fruizione del 36% e presenza del lavoro nero (si veda l’articolo qui a fianco) è proprio l’andamento inversamente proporzionale dell’una rispetto all’altro. Ma questo significa anche qualcos’altro: al Sud le sirene delle imprese che la vogliono fare in barba al Fisco si fanno sentire più forte e sono in molti a cascarci. Perché chi ci guadagna davvero, con le fatture sulla carta a quadretti, sono le imprese: a fronte di un risparmio sull’Iva e di un po’ di sconto per il cliente, chi incassa può contare su un maggior guadagno del 25-30% in media (cioè le tasse non pagate). E qui diventa facile fare il conto di quanto sia poco proficuo per il committente privato lasciar perdere la detrazione del 36%: il gioco non vale la candela, anche calcolando la svalutazione decennale delle rate e anche considerando una spesa fissa di 500 euro Iva compresa per il professionista che cura la comunicazione al centro operativo di Pescara (ma si tratta già di un importo molto alto).
Proviamo a fare qualche esempio: con una spesa di 5mila euro, che con Iva al 10% e spese di pratica diventano 6mila euro, meno la detrazione che al netto di un’inflazione annua del 2% diventa di circa il 33%, si arriva a una spesa effettiva di 4.020 euro. L’impresa dovrebbe quindi fare un’offerta di sconto del 19,6% per far arrivare il cliente in pari. Le converrebbe, ma se lo sconto fosse inferiore – come spesso accade – sarebbe il cliente a rimetterci.
Se poi ipotizziamo una spesa di 10mila euro, il gioco per l’impresa si fa quasi insostenibile: con lo sconto del 36% il privato avrebbe una spesa effettiva di 7.705 euro. Per pareggiare i vantaggi della detrazione, l’impresa dovrebbe offrire uno sconto del 22,95%, riducendo moltissimo il proprio margine di illecito vantaggio.
Comunque, la soglia oltre la quale l’impresa difficilmente può spingersi è quella dei 15mila euro: qui la spesa effettiva per il cliente che scegliesse la strada del 36% sarebbe di 11.390 euro e l’impresa dovrebbe offrire uno sconto del 24,07%, pari in molti casi al suo stesso vantaggio.
facile quindi capire come gli sconti proposti dalle imprese che operano in nero non possano quasi mai essere in grado di pareggiare quelli del Fisco (a parte ogni altra considerazione sulla sicurezza e la qualità dei lavori). I clienti che ci cascano lo fanno perché, spinti dalla necessità di contenere le spese, scelgono di barattare uno sconto futuro (e maggiore) con uno immediato ( e minore). Oppure, semplicemente, perché sbagliano a valutare la soglia della propria convenienza • IL BONUS VERDE TAGLIA IL TRAGUARDO DEI 3,4 MILIARDI - La paura di perdere la detrazione ha regalato al 55% un anno da record. Nel 2008 sono state inviate all’Enea 240mila pratiche, cui corrispondo interventi agevolati per un valore stimato di 3,4 miliardi di euro. Una cifra enorme e decisamente superiore a tutte le previsioni: l’anno precedente, solo per avere un termine di paragone, le pratiche erano state 106mila, per un importo di 1,5 miliardi.
La storia è nota, almeno tra gli addetti ai lavori. Sul finire dell’anno scorso,quando il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, aveva annunciato una stretta sul bonus, migliaia di contribuenti si sono affrettati a concludere i lavori e a saldare il conto con bonifico. La stretta, poi, non c’è stata,e la detrazione è stata prorogata fino al 31 dicembre 2010. Ma tanto è bastato a scatenare il boom di detrazioni.
«I dati sono ancora preliminari, ma ci consentono di dire che siamo arrivati a circa 240mila pratiche relative ai lavori svolti nel 2008», spiega Giampaolo Valentini, che guida il gruppo di lavoro efficienza energetica dell’Enea.
Il dato complessivo comprende innanzitutto 127mila pratiche semplificate relative a finestre e pannelli solari (una nuova procedura introdotta dal 2008). Il resto, invece, è costituito da 101mila pratiche standard relative alle altre tipologie di interventi (caldaie, coibentazioni e riqualificazioni globali) e da 12mila pratiche inviate per posta (un’opzione percorribile nei periodi in cui il sito dell’Enea non è ancora disponibile, di solito prima del 30 aprile di ogni anno).
«Da questi numeri bisognerà poi escludere le pratiche non corrette – prosegue Valentini – ma si tratta di piccole cifre: l’1,5% per le pratiche standard e una percentuale trascurabile per quelle semplificate, segno che la nuova formula non ha riservato particolari difficoltà agli utenti».
Partendo dai dati preliminari dell’Enea, è possibile stimare il valore complessivo dei lavori e, di conseguenza, il peso del bonus per il Fisco. Ipotizzando un importo medio dei lavori in linea con quello del 2007 – 14.135 euro comprensivi di spese professionali – si arriva a un totale di 3,4 miliardi. E da qui non è difficile calcolare l’esborso per il Fisco.
La detrazione sulle spese sostenute nel 2008, infatti, può essere divisa da tre a dieci rate annuali a scelta del contribuente (diversamente da quelle sostenute nel 2009, per le quali la ripartizione avverrà per tutti in cinque rate). Se tutti scegliessero la formula breve – tre rate – le detrazioni portate in dichiarazione nel 2009 sarebbero pari a 622 milioni di euro. Al contrario, se tutti optassero per la detrazione lunga – dieci rate ”l’ammontare annuo del bonus scenderebbe a 186 milioni.
Il valore reale si collocherà tra questi due estremi, e sarà probabilmente più vicino a 622 milioni, dato che la maggior parte dei contribuenti, a meno di problemi di incapienza, sceglierà di massimizzare subito lo sconto. E a questo importo bisognerà aggiungere la seconda rata delle detrazioni per le spese sostenute nel 2007 (quando la ripartizione era fissa in tre anni): altri 274 milioni di sconto a carico del Fisco.