Silvia Bernasconi, Il Riformista, 27/6/09, 29 giugno 2009
DUE ANNI FA COMINCIAVA IL LITIGIO IN CASA AGNELLI. OGGI CI SONO NUOVE CARTE
Fu il "Wall Street Journal" a dare la notizia della causa intrapresa da Margherita Agnelli de Phalen sull’eredità del padre Gianni. Era il 31 maggio 2007 e il quotidiano americano titolava "Casa Agnelli divisa". Nei due anni che sono trascorsi, la battaglia legale - con i conseguenti dissapori tra parenti - si è fatta più accesa a colpi di interviste, documenti e nuovi interrogativi in attesa di risposte. Così, mentre la Fiat e l’amministratore delegato Sergio Marchionne giocano la partita più importante per la sopravvivenza della casa torinese alla grande crisi, la famiglia Agnelli torna sotto i riflettori per faccende private.
La questione dell’eredità è lunga e complessa. Margherita Agnelli de Phalen, figlia di Gianni Agnelli e di Marella Caracciolo, accusa i più stretti collaboratori del padre, l’ex presidente dell’Ifil Gianluigi Gabetti, l’avvocato Franzo Grande Stevens, fino al 2003 suo esecutore testamentario, e il banchiere svizzero Sigfried Maron, di aver occultato una parte del patrimonio personale di Gianni. Secondo i legali di Margherita, ci sarebbe un tesoro nascosto quantificato in circa 1 miliardo e 463 milioni di euro che non è entrato a fare parte della suddivisione ereditaria dopo la morte dell’Avvocato, scomparso il 24 gennaio 2003. I diretti interessati respingono le accuse e la famiglia si è schierata compatta al loro fianco, a partire dal primogenito di Margherita, il trentatreenne John Elkann, successore designato dal nonno Gianni e presidente di Exor. Oltre ai tre figli avuti dal primo marito, lo scrittore Alain Elkann (John, Lapo e Ginevra), Margherita ne ha altri cinque, più piccoli, nati dal secondo matrimonio con Serge de Pahlen (Pietro, Sofia, Maria, Anna e Tatiana) che inizialmente erano stati penalizzati secondo Margherita nella suddivisione dell’eredità poi compensati con il trasferimento di parte del patrimonio immobiliare e delle partecipazioni finanziare.
A pochi giorni dalla prossima udienza del processo, fissata a Torino per martedì 30 giugno, spuntano nuove carte, le ipotesi di un tesoro all’estero e di donazioni a terzi. Il settimanale "Il Mondo" ha pubblicato ieri in copertina la bozza di un documento riservato, datato 23 aprile 2008 su carta intestata dell’avvocato ginevrino Charles Poncet (difensore di Margherita), secondo il quale Sigfird Maron avrebbe rivelato a Margherita stessa l’esistenza di beni all’estero e Franzo Grande Stevens le avrebbe chiesto di "accettare la volontà del padre e rinunciare a contestare donazioni a terzi". La dichiarazione è attribuita a Emanuele Gamna, ex avvocato di Margherita durante lo scontro con la madre conclusosi nel 2004 con un patto segreto siglato in Svizzera. In un primo momento gli avvocati puntavano a scambiare la partecipazione di Margherita nella Dicembre, la società che controlla l’impero Agnelli, con una partecipazione nella Giovanni Agnelli & C. Sapaz, l’accomandita che riunisce i rami della famiglia. Alla fine non se ne fece niente e Margherita vendette la sua quota nella Dicembre alla madre dichiarando di non avere più nulla a pretendere dagli altri eredi (salvo poi pentirsi di essersi chiamata fuori). Non è chiaro chi siano queste persone terze, estranee agli eredi. Continua Gamna: "Io non so di che tipo di terzi si tratta, ma il mio collega ha lasciato intendere che potrebbe trattarsi di amanti del defunto". Nessuno della famiglia ha fino ad ora commentato. Anche perché, secondo alcune indiscrezioni, il terreno delle dotazioni estere degli Agnelli è estremamente complesso e sdrucciolevole, visto che le prime memorie di provviste internazionali risalirebbero ai tempi di Vittorio Valletta: e all’epoca sarebbero state accumulate per ragioni di sicurezza (non bisogna dimenticare che alla fine della guerra i giovani nipoti Agnelli, rimasti senza genitori e senza la protezione del senatore, rischiarono l’espropio di fatto, per le responsabilità politiche dell’impresa negli anni del fascismo).
A svelare i patti che regolano la Dicembre è "il Sole24ore". Lo statuto della società che controlla il 32 per cento della Giovanni Agnelli & C., a sua volta socia di riferimento di Fiat, è del 1996 - con Gianni ancora in vita - e prevede la successione di John Elkann. Alla sua morte, il 25,37 per cento da lui detenuto viene suddiviso tra il nipote John, la figlia Margherita (che poi esce di scena) e la vedova Marella che cede una parte della sua quota al nipote permettendogli così di salire al 58,7 per cento e di avere il controllo della famiglia e della Fiat. Per evitare dispersioni, un complesso sistema di regole prevede che soltanto i famigliari diretti possano ereditare le quote degli altri. Fondamentale il ruolo dei quattro soci garanti: Franzo Grande Stevens, la figlia Cristina Grande Stevens, Gianluigi Gabetti e Cesare Ferrero. Senza il loro consenso, nemmeno John Elkann può modificare gli accordi o l’assetto azionario.
"La vicenda giudiziaria non avrà alcun riflesso sulla politica di acquisizioni in corso né sulla strategia industriale di Fiat perché è già stato chiarito in più occasioni, da ultimo nell’incontro a palazzo Chigi del 18 giugno, che Exor esclude di mettere soldi" spiega Giuseppe Berta, storico dell’industria e docente alla Bocconi. I contraccolpi, se ci saranno, si faranno sentire probabilmente sugli assetti famigliari.