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 2009  giugno 27 Sabato calendario

OLTRE LA CRISI

Saranno i commerci e non gli Stati a farci uscire (presto) dalla crisi -


La crisi cesserà presto, probabilmente. Il com­mercio mondiale è cre­sciuto in modo eccezio­nale negli ultimi 25 an­ni. Esistono grandi quantità di fatto­ri produttivi sottoutilizzati delle economie arretrate o emergenti. Il commercio mondiale si è messo in moto quando famiglie e imprese ne­gli Stati a economia avanzata han­no incrementato gli acquisti di beni e servizi delle altre economie. po­tuto accadere perché è stata creata liquidità internazionale per volumi ingenti proporzionati al potenziale sviluppo del commercio internazio­nale. Vi concorre limitatamente la li­quidità prodotta da qualsiasi Stato con sovranità monetaria, diretta a stimolare i fattori produttivi inter­ni. Per il commercio internazionale occorre una liquidità aggiuntiva.

Per quasi 70 anni alla funzione di creare liquidità internazionale hanno provveduto gli Usa. Il bilan­cio commerciale americano è da de­cenni in passivo cronico. Gli Stati Uniti emettono dollari per equili­brare la bilancia valutaria. I dollari emessi sono accettati in tutto il mondo quale moneta prontamente trasformabile in merci e servizi. Nel­lo stesso tempo i dollari costituisco­no la maggiore componente delle riserve ufficiali di qualsiasi Stato. Gli Usa sono non solo la maggiore potenza mondiale, ma anche il mag­giore acquirente di beni e servizi del resto del mondo. Queste condi­zioni non potranno durare in eter­no. Ma permarranno per almeno un’altra ventina di anni. La liquidità creata dagli Stati Uniti è divenuta tuttavia insufficiente per il fabbiso­gno del potenziale sviluppo del commercio mondiale. così acca­duto che da circa 40 anni a quella americana si sia affiancata una fon­te di natura privata, di carattere so­stanzialmente extraterritoriale. Po­co più di una ventina di banche commerciali internazionali, preva­lentemente americane, crea liquidi­tà moltiplicando una piccola base di riserva costituita da dollari uffi­ciali.

Le tecniche adoperate per la creazione e la immissione della li­quidità sono varie. Per decenni il fe­nomeno ha preso il nome degli eu­rodollari. Oggi il nome proviene dai «derivati». Il sistema dei derivati si sottrae alla disciplina e ai controlli delle banche centrali nazionali. Le banche commerciali al vertice del sistema operano per volumi che nessun altro potrebbe realizzare e a condizioni particolarmente conve­nienti.

I derivati e gli altri strumenti cre­ati sono comunemente accettati. Il sistema funziona in definitiva su ba­se fiduciaria, così come è del resto per il dollaro. Queste caratteristi­che consentono al sistema di svol­gere la funzione fondamentale di concorrere in misura rilevante alla formazione di liquidità nella misu­ra indispensabile per lo sviluppo del commercio mondiale. Il siste­ma dei derivati presenta tuttavia ir­razionalità e pericoli. Le decisioni sono prese con alta discrezionalità. Viene immessa nei mercati spazza­tura di ogni tipo. Il pericolo maggio­re è che il sistema improvvisamen­te si blocchi. Ciò accade, lo si è veri­ficato negli Stati Uniti e in altre par­ti del mondo, se una percentuale ri­levante di debitori di ultima istanza si sottrae all’obbligo di effettuare i pagamenti in conformità al debito contratto. Il blocco del sistema de­termina una brusca caduta nel com­mercio mondiale. L’economia en­tra in crisi.

Si è posta la questione se sia pos­sibile eliminare o quanto meno atte­nuare i pericoli, introducendo qual­che forma di disciplina o controllo. Proposito ragionevole, ma utopico. Allo sviluppo del commercio inter­nazionale sono interessati, per di più in misure diverse, Stati potenti. L’unanimità è impossibile. Se uno Stato agisse da solo creerebbe per sé condizioni di inferiorità. Il con­trollo del movimento dei capitali inevitabilmente si estenderebbe al movimento delle merci.

 ricorrente il proposito di istitui­re una fonte ufficiale di creazione di liquidità internazionale del tipo dei diritti speciali di prelievo affida­ti in gestione al Fmi. I «dsp» sono da tempo utilizzati, ma in quantità relativamente modeste e per finali­tà particolari. Se divenissero fonte ufficiale della creazione della liqui­dità internazionale, sostituirebbero anche il dollaro. Gli Stati Uniti non potrebbero consentirlo. Il loro sbi­lancio commerciale è destinato a durare ancora per qualche decen­nio. Se la proposta venisse accolta, decisioni fondamentali relative al­l’economia americana verrebbero prese da un organismo sovranazio­nale. Il che è impensabile. Inoltre, a parte la svalutazione dei dollari de­tenuti da soggetti esteri, comprese le banche centrali nazionali, è inte­resse del resto del mondo che non cessi la funzione degli Usa quali massimi acquirenti di beni e servizi dal resto del mondo.

Il recente blocco del sistema pri­vato di creazione di liquidità inter­nazionale ha generato, come previ­sto, la brusca caduta del commer­cio mondiale e una crisi che per di­mensioni non ha precedenti. Sono falliti intermediari a vari livelli. Ma le banche al vertice del sistema so­no intatte, pronte a riprendere la lo­ro funzione. Attendono per farlo che in una sede ufficiale, che po­trebbe essere anche il prossimo G8, emerga in modo chiaro che i propo­siti di assoggettarle a discipline e controlli vengano abbandonati. Vi sono segnali in questa direzione. Per quali vie e con quale gradualità la liquidità di nuova formazione perverrebbe al commercio interna­zionale non è possibile dire. I crite­ri di gestione delle grandi banche commerciali internazionali tuttora non sono agevolmente decifrabili. Devono oltretutto adattarsi alle cir­costanze. Paradossalmente si usci­rà dalla crisi a opera non degli Stati, ma del sistema privato di formazio­ne di liquidità. La crescita continua del commercio internazionale è nel­l’interesse di tutti, specie dei Paesi, e sono purtroppo la maggioranza, dove la povertà è più diffusa. Il che farà accantonare per ora inconve­nienti e pericoli.