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 2009  giugno 27 Sabato calendario

DALLA GOCINI A RADIO 101 PASSANDO DA VILLA CERTOSA - O

ra Villa Certosa, la residenza sarda di Silvio Berlusconi, è nell’occhio del ciclone per altre vicende. Ma le modalità di cessione dei terreni circostanti alla prestigiosa dimora sono state, in passato, al centro di un altro tipo di attenzioni: da parte della Procura della Repubblica di Milano, che a tal proposito ha chiuso nel 2007 un’inchiesta con una poco convinta richiesta di archiviazione.
Un passo indietro. I terreni adiacenti a Villa Certosa facevano parte dei cespiti della famiglia nobiliare veneziana Donà delle Rose, ed erano conferiti nel patrimonio immobiliare della Techninvest
e della sua controllante al 33% Arcado Srl
(dichiarata fallita il 27 settembre 1995), attraverso due altre società: la Punta di Volpe Srl e la controllata Lo Scoglio Srl.
I terreni in questione divennero oggetto di una controversa operazione nella quale alcuni dei nomi più in vista legati al tribunale fallimentare di Milano giocarono ruoli diversi. I terreni finirono all’incanto in un’asta vinta dalla Pan Europe finance,
società delle British Virgin Islands, riconducibile al fiduciario Filippo Dolfuss. La Pan Europe in una seconda fase cedette i terreni alla società del gruppo Fininvest Idra,
ed entrarono a far parte del comprensorio di Villa Certosa. Fu proprio questa operazione a incuriosire la Procura che vi individuò alcuni profili di criticità senza peraltro trovare elementi sufficienti per procedere. Il giudice delegato del fallimento Arcado
era Maria Rosaria Grossi, oggi coinvolta nell’inchiesta bresciana, il commercialista Giancamillo Naggi, era il curatore della Arcado, insieme al noto collega Salvatore D’Amora, liquidatore della Techninvest e in seguito della stessa Arcado, e la collega dei due Carmen Gocini, coadiutrice di Naggi. Fu proprio la Arcado la buccia di banana su cui scivolò la Gocini. Era il settembre del 2003 e la commercialista, confessò di essersi appropriata della cassa di Arcado e di numerosi fallimenti a lei affidati. Fu un duro colpo al prestigio della sezione fallimentare del tribunale anche per le modalità con cui si realizzavano le malversazioni: venivano falsificati, i mandati di pagamento. Che venivano incassati dalla Gocini e poi girati nelle casse degli allora proprietari di Radio 101 Angelo e Caterino Borra. La giustificazione di Gocini fu il forte legame tra lei e Angelo Borra: una «fuitina » di capitali insomma. In seguito alla scoperta degli ammanchi anche Radio 101 entrò in crisi finanziaria e finì al centro di una trattativa per una cessione che si concretizzò nel gennaio 2005 per 32 milioni di euro alla Mondadori. Anche questa operazione venne seguita da vicino da Maria Rosaria Grossi, che risulta avere partecipato ad alcune riunioni a Milano nel dicembre dello stesso anno presso lo studio dei legali della Mondadori. Sulla vicenda il ministero della Giustizia ordinò un’ispezione alla fallimentare milanese. Si chiuse con un nulla di fatto.