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 2009  giugno 27 Sabato calendario

QUANDO A FARE CRACK IL TRIBUNALE - I

l tribunale fallimentare più importante d’Italia, quello di Milano, è di nuovo sotto shock. Maria Rosaria Grossi, giudice in predicato di sostituire pro tempore Bartolomeo Quatraro alla presidenza potrebbe essere sospesa dall’incarico, ed è sotto inchiesta per corruzione giudiziaria. A indagare, per competenza territoriale, è la Procura di Brescia e il fascicolo è stato affidato al procuratore aggiunto Fabio Salomone, che a quanto risulta a «Plus24» avrebbe deciso di dare alla vicenda il massimo delle priorità. I fatti per i quali Grossi è indagata sono legati a una sequenza di attribuzioni di incarichi a professionisti milanesi, professionisti che, si sospetta, avrebbero condiviso con la giudice i proventi delle parcelle emesse e pagate dal Tribunale. Un’accusa grave per un magistrato di primissimo piano, impegnato anche nella Commissione Giustizia per la riforma della normativa fallimentare.
Ma nei corridoi della Procura di Milano, sita al quarto piano dello stesso palazzo filtra un’altra notizia, non confermata, che riguarderebbe un altro giudice della medesima sezione. Quest’ultimo sarebbe oggetto di una procedura disciplinare. Ma in questo caso si tratterebbe di eventi accaduti in altra sede giudiziaria. Così stando le cose è comprensibile che l’aria che si respira al secondo piano (lato Manara) sede del Palazzo di giustizia di Milano sia di quelle rarefatte. Proprio il giorno precedente alla pubblicazione della notizie su Maria Rosaria Grossi da parte del Corriere della Sera, l’ex Presidente Quatraro, il cui incarico dirigenziale era scaduto il primo gennaio 2008, ha deciso di dare una brusca accelerazione all’iter del suo trasferimento a Novara, lasciando così vacante il suo posto. Sulla stessa poltrona su cui avrebbe dovuto insediarsi la Grossi si è invece seduto Fernando Ciampi, già presidente dell’ottava sezione Civile. Questo in attesa dell’arrivo del nuovo presidente. Il nome che si fa con insistenza è quello di Filippo Lamanna, già giudice fallimentare a Monza (è stato giudice delegato nel crack della Sasea di Florio Fiorini agli inizi degli anni ’90) e in seguito giudice alla prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano (è stato l’estensore del decreto Englaro sull’interruzione dell’alimentazione forzata di Eluana). Peraltro nei mesi scorsi alla fallimentare milanese era giunto un altro magistrato proveniente da Monza: Roberto Fontana.
Non senza autoironia tra i commercialisti e gli avvocati consulenti dei giudici milanesi si sta già parlando dell’instaurazione di una sorta di "rito monzese", che starebbe per soppiantare quello Ambrosiano. Una ventata di aria nuova che, anche alla luce degli ultimi avvenimenti, potrebbe mettere in discussione alcune rendite di posizione, reimpostando le procedure di attribuzione delle consulenze e delle curatele.
Nel frattempo in queste ultime battute di giugno (mese solitamente caldissimo per quanto riguarda le procedure concorsuali) al Tribunale fallimentare risultano presenti pochi magistrati. A presidiare gli uffici al secondo piano di palazzo di Giustizia (lato di via Manara) resta un pugno di volenterosi che però stentano a far fronte all’incombente mole di lavoro. Sì perché il numero delle procedure sta crescendo anche in ragione della crisi di liquidità e del credit crunch.