Sergio Luzzatto, ཿIl Sole-24 Ore 27/6/2009;, 27 giugno 2009
IL RE (DELLA PORTA ACCANTO) NUDO - N
el febbraio del 2009, con almeno due mesi di anticipo sul caso Noemi- Bari, Marco Belpoliti aveva pubblicato un libro acuto sul Corpo del capo (Guanda). Ricostruendo il rapporto di Silvio Berlusconi con la propria immagine fotografica, dagli anni Settanta a oggi, Belpoliti aveva dimostrato come la coltivata attenzione del premier per il look fosse il riflesso di una sua persuasione ossessiva, e decisiva: la certezza che nel mondo contemporaneo, dove imperversano i media e dove l’apparenza è sostanza, il valore di una persona economico, politico, perfino etico coincide con il suo glamour.
Per capire meglio la storia del corpo del capo, occorre guardare anche più indietro nel tempo di quanto abbia fatto Belpoliti, e oltre i confini d’Italia. Risalendo a ben prima che il Novecento, occorre guardare all’Europa dell’ancien
régime: all’età dell’assolutismo regio, dal Cinquecento al Settecento. Com’è ovvio che sia, in questa nostra epoca di democrazie nostalgiche delle monarchie. L’epoca di Sarkozy che comunica il suo programma regale a un parlamento "introvabile" riunito nella reggia di Versailles. L’epoca di Berlusconi che trasforma il suo palazzo romano nella vera corte della Repubblica, e le sue ville di mare o di pianura in altrettante reggie di provincia.
La parte presentabile dei fotoromanzi pubblico-privati di Sarkozy o di Berlusconi si iscrive perfettamente entro il cerchio di una nostalgia - altrettanto diffusa che inconsapevole - dell’antico regime. Per Sarkozy, saranno le immagini accanto a Carla Bruni, meravigliosa reginetta procuratagli in ventiquattr’ore da un pubblicitario di genio. Per Berlusconi, saranno le immagini di incanto familiare e orgoglio dinastico propagandate dal suo rotocalco elettorale di qualche anno fa, «Una storia italiana». Senonché, proprio il titolo di quella patinata favola del 2001 illustra il problema maggiore dei nuovi, sorprendenti monarchi del terzo millennio: la difficoltà di sbandierare, insieme, una storia straordinaria e una storia ordinaria. Cioè la difficoltà di pretendersi, al contempo, personaggi carismatici eppure gente alla mano; individui specialissimi, eppure vicini della porta accanto; superuomini, eppure uomini qualunque. Insomma, la difficoltà di rifondare monarchie con gli argomenti del populismo.
I sovrani assoluti di antico regime non avevano questo problema. Governavano per diritto divino, non per investitura popolare. E governavano su sudditi, non su cittadini. L’ideologia regale rappresentava il loro corpo come straordinario e basta; o addirittura come corpo mistico, sovrumano più che umano. Tanto è vero che al centro della simbologia monarchica stavano rituali di "messa a distanza" del corpo del re: virtualmente inavvicinabile, quasi intoccabile. Nella Versailles di Luigi XIV, il letto del sovrano era posto al di là di una balaustra dorata, così da proteggere l’occupante dalla variopinta folla dei cortigiani.
Ogni mattina, sei distinte "entrate", per ordine gerarchico decrescente, regolavano la cerimonia del lever du roi, il risveglio del re: salutato dapprima da principi e principesse di sangue, poi dagli ufficiali di camera, quindi dai ministri e dai segretari di stato, dagli ambasciatori, dai nobili meno titolati, infine dai figli bastardi. Quanto al grand coucher,
il ritiro notturno del sovrano, toccava immancabilmente a un gentiluomo di rango compiere il gesto più prestigioso fra tutti: spegnere l’ultima candela nella stanza da letto del Re Sole.
Un secolo dopo, la Rivoluzione francese si sarebbe annunciata - non a caso con la caduta in disgrazia del corpo del re. Dieci o vent’anni prima del 1789, l’aura di sacralità che circondava le segrete stanze di Versailles si sarebbe trasformata nel suo malizioso contrario: un gossip senza fine intorno a quello che succedeva (o non succedeva) nella stanza da letto di Luigi XVI. I rumors che il re fosse impotente.
La fama di ninfomane della regina Maria Antonietta, tanto più ingorda di sesso quanto meno il sovrano riusciva a soddisfarne gli appetiti. L’attribuzione all’uno o all’altro gentiluomo dell’autentica paternità del Delfino. La descrizione dei giardini di Versailles come il magnifico sfondo naturale di orgie inenarrabili.
Non monarca d’antico regime, ma capo carismatico del terzo millennio, Silvio Berlusconi ha sempre cercato di abbattere le barriere che rischiavano di isolarlo dal popolo elettore: dal popolo dei suoi uomini, e da quello delle sue donne. Né Berlusconi si è accontentato di questo. Per un certo numero di cortigiani e di cortigiane, ha cercato di essere un re della porta accanto. Ma così facendo, si è danneggiato con le sue stesse mani. Perché quando la prossimità con il corpo del capo diventa promiscuità con quel corpo, il carisma può risultare - per contrappasso: per un eccesso di vicinanza - invisibile, impalpabile, inutile. Allora, il cerimoniale notturno del
grand coucher può somigliare fin troppo a un soft porno artigianale. E l’indomani mattina, il lever du roi può diventare
il più brusco dei risvegli.