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 2009  giugno 23 Martedì calendario

«Come Paese, stiamo rispettando un imperativo etico dimostrando, nella pratica, che gli uomini e le donne sono veramente uguali davanti alla legge

«Come Paese, stiamo rispettando un imperativo etico dimostrando, nella pratica, che gli uomini e le donne sono veramente uguali davanti alla legge. Il 2 giugno, rappresenterà d’ora in poi, una pietra miliare contro la discriminazione subita da molte donne». Con queste parole, Michelle Bachelet- Presidente della Repubblica del Cile- ha suggellato l’atto di promulgazione della legge che istituisce il principio della parità di retribuzione tra i sessi. Questa legge, che modifica il Codice del lavoro introducendo, per la prima volta, il principio dell’eguaglianza salariale tra donne e uomini, è stata approvata all’unanimità dal Parlamento di Santiago lo scorso 20 maggio. Il suo iter legislativo si è concluso, lo scorso 2 giugno, con la firma presidenziale che ne ha sancito la promulgazione. Michelle Bachelet ha definito la legge «un atto di giustizia», per poi subito aggiungere:«Abbiamo fatto tanti progressi nel processo di inserimento delle donne nel mondo del lavoro e nella vita politica, a quel punto sarebbe stato incoerente il persistere di un ingiustificato e arbitrario divario retribuito. Quell’incoerenza doveva essere sanata». «Vogliamo che ogni donna - ha detto ancora Bachelet- sappia che il suo lavoro, il suo sforzo, la sua produzione vale quanto il lavoro dei suoi compagni. Vogliamo che tutte le lavoratrici sappiano che la differenziazione ingiustificata rappresenta un abuso ». I deputati del Partido regionalista de los independientes (Pri): Jaime Mulet, Eduardo Dìaz e Alejandra Sepùlveda - gli autori del progetto- hanno accolto con entusiasmo l’entrata in vigore della legge. Il deputato Dìaz ha dichiarato: «E’ positivo che si facciano progressi in materia, anche se resta ancora molto da fare». I progressi di cui parla Eduardo Dìaz sono necessari per affrancarsi da un modus lavorandi discriminatorio nei confronti delle donne. I dati forniti dall’Istituto nazionale delle statistiche e confermati dalla Direzione del lavoro, ne rappresentano una concreta testimonianza: le lavoratrici cilene guadagnano in media il 31,1 per cento in meno degli uomini; nel caso di donne professioniste la percentuale sale al 49,8 per cento. Passiamo ora ad analizzare i cambiamenti che comporterà la nuova legge. Secondo quanto previsto dal testo il datore di lavoro sarà tenuto ad applicare «il principio dell’uguaglianza di remunerazione tra donne e uomini che svolgono le stesse funzioni di lavoro». In base alla nuova normativa, non saranno prese in considerazioni le differenze arbitrarie di retribuzione basate su competenze, qualifiche, responsabilità o produttività dei lavoratori. Si stabilisce, inoltre, che le imprese con più di 200 lavoratori, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale, realizzino un prospetto trasparente sugli incarichi, sulle funzioni e le caratteristiche tecniche essenziali. La normativa non coinvolge però le piccole e medie imprese, che sono poi quelle imprese nelle quali si concentra l’80 per cento dell’impiego del Paese. Per ovviare a tale deficit, il Sernam - Servizio nazionale delle donne - avvierà nei prossimi giorni un programma di appoggio alla realizzazione di organigramma (ossia di rappresentazioni grafiche della struttura organizzativa) nelle medie imprese. Il testo della nuova legge introduce, inoltre, un meccanismo di denuncia in caso di discriminazioni. I lavoratori e le lavoratrici vittime di discriminazione, prima dovranno ricorrere -per iscritto e con ragioni dimostrabili- al datore di lavoro che è tenuto a rispondere entro 30 giorni. Una volta completata questa pratica, la lavoratrice potrà rivolgersi anche a un tribunale. Entro il prossimo 30 ottobre, sarà operativa una nuova normativa che semplificherà l’iter processuale inerente le controversie sulle discriminazioni salariali: processo orale, pubblico e rapido. Sarà, inoltre, garantita una difesa «professionale» e «specializzata» ai lavoratori che dispongono di bassi redditi. Naturalmente, in questa lotta alle discriminazioni retributive, non bisogna dimenticare il ruolo chiave che avranno i sindacati. Ruolo avvalorato dalla nuova normativa, che li autorizza a denunciare i casi di non conformità alle disposizioni di legge. Da una parte c’è chi mostra perplessità sull’effettiva riuscita della nuova legge, come Teresa Valdes- coordinatrice dell’Observatorio de Género y Equidada-, secondo la quale, la nuova legge rappresenta sì un passo in avanti ma « dobbiamo vederla in azione caso per caso e passo dopo passo». Valdes si mostra dubbiosa e pone numerosi e fondati interrogativi: «Per esempio, che cosa succede se in un’impresa due persone svolgono funzioni diverse ma hanno lo stesso lavoro? Come si dimostra in questo caso la discriminazione? Quanto potere hanno le donne, pagate meno, di negoziare con i capi per chiedere la parità salariale o per ricorrere in tribunale?». Dall’altra parte, però, c’è chi già pronostica i possibili effetti benefici derivanti dalla nuova normativa, come fa uno studio condotto dal Sernam con la Banca mondiale e con la Banca interamericana di sviluppo. Secondo questo studio, l’eliminazione della discriminazione sessuale nell’accesso al mercato del lavoro, genererà «una riduzione dell’8 per cento della povertà estrema e un aumento del 2 per cento del benessere medio per persona».