PINO CIOCIOLA, Avvenire 24/6/2009, 24 giugno 2009
Città un po’ più vuote E cresce la provincia Dodici neonati su cento sono figli di stranieri - Non è tutto oro quello che luccica
Città un po’ più vuote E cresce la provincia Dodici neonati su cento sono figli di stranieri - Non è tutto oro quello che luccica. Perché se nel nostro Paese lo scorso anno sono aumentate le nascite (grazie soprattutto alla popolazione straniera), con 12.726 bambini nati in più rispetto al 2007 (576.659), le morti sono state però maggiori (585.126) e quindi il saldo naturale – cioè la differenza tra nati e morti – è ancora passivo (- 8.467), come raccontano i numeri forniti dall’Istat nel suo bilancio demografico 2008. Meno nascite nel Mezzogiorno. Le percentuali delle nuove nascite salgono nelle regioni del Centro (+6,1%), del Nordovest (+2,5%), del Nordest (+2,3%) e nelle Isole Saldo demografico ancora negativo, pesa la frenata nel Mezzogiorno d’Italia Più residenti nel Nordest Tra gli iscritti all’anagrafe boom di arrivi da Stati extracomunitari (+1,2%), mentre nelle regioni del Sud calano lievemente (-0,5%). Al Nord hanno genitori stranieri 2 neonati su 10. Il numero totale dei nati risulta fra l’altro più alto dei sedici anni precedenti. Ma l’aumento è appunto legato in gran parte all’incidenza di bambini figli d’immigrati, che ha fatto in pochi anni un gran balzo in avanti: la percentuale straniera sul totale dei nuovi nati è infatti passata dall’1,7% del 1995 al 12,7% del 2008, sarebbe a dire da poco più di 9mila neonati nel 1995 a oltre 70mila nello scorso anno. Percentuale che sale ancora al Nord, raggiungendo il 19%. Più 0,7% di residenti. Così nel 2008 la popolazione nel nostro Paese è aumentata dello 0,7%. I residenti in Italia hanno superato la soglia dei 60 milioni (mezzo secolo esatto dopo il superamento dei 50 milioni, nel 1959). Ma la stima della quota di stranieri sulla popolazione totale è pari a 6,5 ogni 100 abitanti, risultando in crescita rispetto al 2007 (5,8 stranieri ogni 100). Come pure l’incidenza straniera resta assai più elevata in tutto il Centro- Nord (rispettivamente 9,0 e 8,6% nel Nordest e nel Nordovest e 8,3% nel Centro), rispetto al Mezzogiorno, dove rimane del 2,4%. Più propensi a spostarsi. Non a caso la migratorietà interna al nostro Paese è dovuta anche agli stranieri residenti, che seguono ’movimenti’ geografici simili a quelli delle migrazioni degli italiani, ma hanno una maggior propensione alla mobilità. Tant’è che i cittadini stranieri, pur rappresentando il 6,5% della popolazione, contribuiscono al movimento interno per più del 15%. Crescite diverse. La crescita della popolazione non è uniforme sul territorio nazionale, grazie a bilanci naturali e migratori parecchio diversi. confermato anche nel 2008 un movimento migratorio, sia interno sia dall’estero, indirizzato prevalentemente verso le regioni del Nord e del Centro, e un saldo naturale che risulta positivo solo nelle regioni del Sud e nelle Isole. L’Emilia-Romagna la più «attrattiva ». Se il Sud acquista popolazione per le migrazioni con l’estero, ne perde però a causa delle migrazioni interne, con il risultato di un tasso migratorio inferiore al 3 per mille. L’Emilia-Romagna risulta essere la regione più attrattiva (16,7 per mille), seguita dall’Umbria (13,8 per mille), dalle Marche (12,5 per mille), dalla provincia autonoma di Trento (11,7 per mille) e dal Veneto (11,3 per mille). Tra le regioni del Mezzogiorno invece soltanto l’Abruzzo si stacca nettamente dalle altre con un tasso pari a 9,2 per mille. In arrivo da Paesi extra Ue. Nel 2008 sono state iscritte all’anagrafe italiana come provenienti dall’estero 534.712 persone contro i 558.019 del 2007. E sono però aumentate le iscrizioni stimate dai Paesi extraUe (Moldavia +35%, Ucraina +16,5%, India +19%, Perù +17,8%) rispetto alle iscrizioni dei Paesi di nuova adesione all’Unione europea che avevano avuto un vero boom nel 2007: anno in cui i romeni erano passati da 342mila a 625mila (quasi un raddoppio che non è stato replicato invece nel 2008, con 780mila rumeni e quindi un aumento di sole 155mila persone). La «grande fuga». La Coldiretti ha fatto un’analisi del bilancio demografico dell’Istat: « in atto una fuga dalle sei metropoli italiane con più di 500mila abitanti – scrive allora in una nota – dove si registra una riduzione della popolazione di 10.714 unità, mentre cresce quella nei comuni con meno di 5mila abitanti dove in un anno ci sono stati 65.794 residenti in più». Si scelgono i piccoli centri. Così nei piccoli comuni del nostro Paese vivono attualmente 10.397.438 di persone, mentre solo 7.163.142 hanno scelto le grandi metropoli come luogo di residenza. «In Italia – sottolinea la Coldiretti – il 17,3 della popolazione vive nei 5.709 piccoli comuni con meno di 5mila abitanti rilevati dall’Istat al primo gennaio 2009 (il 70% degli 8,101 comuni sul territorio nazionale, ndr). vero, poi, che nei piccoli comuni il saldo naturale tra nati e morti è fortemente negativo, tuttavia – annota la Coldiretti – «è stato compensato da un forte flusso migratorio che ha determinato la cresciuta delle presenze a differenza di quanto è avvenuto nelle grandi metropoli dove oltre al saldo naturale tra nati e morti si è verificato un consistente flusso migratorio in uscita».