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 2009  giugno 24 Mercoledì calendario

WOODY: FACCIO L’OPERA A PATTO CHE SIA BUFFA


Nei suoi tre ultimi film, Woody Allen aveva tradito e abbandonato il personaggio probabilmente più importante e sicuramente il più costante della sua lunga e onorata carriera: New York City. Aveva tradito la città nella quale è cresciuto e che lo ha formato per andare a girare a Londra Match Point, Scoop e Sogni e delitti, poi era volato in Spagna per Vicky Cristina Barcelona. Con Whatever Works Allen torna tra le strade della sua Manhattan. E torna al tema a lui familiare: quello dei rapporti umani, delle loro difficoltà e complicazioni, della loro imprevedibilità e illogicità. E di come a volte la cosa più saggia sia accettarli così come sono, come suggerisce il titolo, in qualunque forma appaiano e sembrano funzionare.
Questa è la filosofia del protagonista del suo ultimo film, un misantropo autoproclamatosi genio mancato, che disprezza tutti e che riesce a irritare anche quei pochi amici che gli sono rimasti e che lo stanno ancora ad ascoltare. Un fisico, interpretato da Larry David, che ha conosciuto il fallimento, che ha tentato due suicidi e che, nel suo sconfortante pessimismo e nel suo cinismo, assomiglia molto a Woody Allen. Una specie di suo alter-ego. O no? L’autore ne parla da un albergo che si affaccia su Central Park mentre si appresta a partire alla volta di Spoleto, dove il Festival s’inaugurerà con Gianni Schicchi di Puccini diretta proprio da Allen, alla sua prima volta con un’opera.
Dopo il debutto a Los Angeles un anno fa, ora porta «Gianni Schicchi» in Italia. Come è nata questa sua nuova esperienza.
«Col senno di poi è stata un’idea molto bella, ma solo col senno di poi perché la realtà è che io non volevo farla. Mi piace l’opera ma non sono un fan, non ne so quasi niente e ci vado solo ogni tanto. A tirarmi dentro è stato Placido Domingo, che ha la direzione artistica dell’Opera di Los Angeles, e una mia nipote che ha sposato un tipo che la dirige. Si sono messi entrambi a fare pressione e un giorno non so bene perché ho detto di sì».
Conosceva l’opera di Puccini?
«Non ne avevo mai nemmeno sentito parlare e quando ho ascoltato per la prima volta il disco non sono rimasto molto impressionato. Quando poi abbiamo fatto le prime prove e ho realizzato che cantavano sono rimasto un po’ sorpreso. Ma alla fine è andato tutto bene, il cast è stato fantastico e sono grato a Santo Loquasto che mi ha disegnato un bellissimo palcoscenico: così io mi sono concentrato sulla regia: desideravo che il pubblico, vedendo Ranuccio, pensasse a Mastroianni, e che Lauretta in sottoveste con lo spacco rimandasse a certe scene con Sofia Loren».
Dunque, una carriera parallela?
««Non credo proprio, il Gianni Schicchi è un’opera corta e divertente, è il racconto di una burla e come tale invita al gioco e alla risata, ma l’Aida non fa per me. Come ho detto, questa mi è arrivata tra le braccia, ma nonostante Domingo ci stia ancora provando, non credo di avere la pazienza necessaria per fare altre opere».
Passiamo a «Whatever Works», il suo ultimo film. Quanto c’è di autobiografico?
«La mia visione corrisponde molto a quella del protagonista del film, nel senso che anche per me qualunque cosa vada bene agli altri, a me va bene».
In realtà il riferimento era al pessimismo e al cinismo che sembra unire lei e il protagonista...
«Ma che cosa devo farci? La vita è dura, brutale, crudele e io mi sento un realista, non un cinico. La vita è vuota, insignificante, un errore. E dobbiamo un po’ farla finita con questa idea che Dio ci proteggerà e che l’amore conquisterà tutto e l’arte trionferà. Tutte illusioni, che ci creiamo per poter sopravvivere, come questa storia che alla fine tutto andrà bene? Bene per chi?».
A guardarla però, Allen, non sembra condurre una vita così miserevole...
«All’interno del greve schema dell’esistenza e considerando la vita che ho vissuto sono stato uno inspiegabilmente fortunato. Ho avuto una vita piena di bei momenti, ho una bella famiglia, anche se sono un po’ gobbo e fragile mi sento in buona salute. Ma alla fine la sola verità è che tutti, artisti, politici, imprenditori, mendicanti e filosofi finiremo nello stesso posto. Nel nulla».