Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  giugno 24 Mercoledì calendario

Bersani blocca il rinvio «Caro Dario, non mi ritiro» - Dicono che Dario Franceschini l’avrebbe quantomeno presa in esame, l’ipotesi di rinviare il congresso al 2010 lanciata da Sergio Chiamparino nell’intervista di ieri al Riformista

Bersani blocca il rinvio «Caro Dario, non mi ritiro» - Dicono che Dario Franceschini l’avrebbe quantomeno presa in esame, l’ipotesi di rinviare il congresso al 2010 lanciata da Sergio Chiamparino nell’intervista di ieri al Riformista. D’altronde, come tutti i "maligni" del Pd avevano avuto modo di osservare negli ultimi giorni, «con qualche mese di permanenza in più alla guida del partito, Dario ne avrebbe soltanto potuto guadagnare». E invece no. È stato proprio l’attuale leader a spiegare, durante la riunione dell’esecutivo di ieri mattina, che «non possiamo permetterci alcun rinvio», a sottolineare che «ci presenteremo alla direzione di venerdì con la proposta di celebrare le primarie il 25 ottobre». A frenare definitivamente la tentazione di Franceschini non sono stati i consigli di Walter Veltroni, da sempre contrario all’ipotesi di spostare l’orologio delle assise a dopo le regionali. Né la cautela di Piero Fassino, che l’idea del rinvio l’aveva lanciata dietro le quinte già da settimane. No. Se «Dario» ha dato il disco verde al fischio d’inizio della madre di tutte le battaglie lo si deve soprattutto al colloquio che lui stesso ha avuto ieri con Pier Luigi Bersani. All’inizio del faccia a faccia, infatti, l’ex ministro dello Sviluppo economico non ha dato al suo prossimo sfidante neanche il tempo di porre la questione. Al contrario, ha preferito giocare d’anticipo: «Per quanto mi riguarda - è stato il ragionamento bersaniano - non sento ragioni e non farò alcun passo indietro. Tra poche ore annuncerò la mia candidatura al congresso del partito». A quel punto, Franceschini ha fatto le due mosse che, probabilmente, avrebbe preferito rimandare a tempi migliori. La prima è stata presentarsi ai membri della segreteria, incassare la maggioranza contro il rinvio e prendere atto del distinguo ribadito da Chiamparino («A mio parere la politica dovrebbe avere il primato sugli statuti...», è stato lo sfogo del sindaco torinese dopo la riunione). La seconda è stata contattare il fedelissimo Antonello Giacomelli per dargli il "via libera" all’inizio della campagna congressuale e avvertirlo: «Non perdiamo tempo. Bersani si muove già da oggi...». E così, mentre l’ex ministro dello Sviluppo economico fissava la presentazione delle sue Idee per l’Italia per il primo luglio (curiosità: è il giorno del quindicesimo anniversario della vittoria di D’Alema su Veltroni per la segreteria dell’allora Pds), per Franceschini iniziava il secondo tempo di una partita che formalmente si chiuderà soltanto venerdì: quella contro il pressing dei tanti oppositori del congresso subito. All’ennesima telefonata della giornata, Franco Marini glielo ha detto chiaramente: «Dario, in questa fase il partito non può permettersi una conta lacerante. Il congresso va assolutamente spostato di qualche mese». Non solo, l’ex presidente del Senato ha presentato al suo allievo un piano B: «Tu rimani formalmente segretario ma - è stata in sintesi l’idea di Marini - la gestione del partito sarà collegiale». In poche parole, Franceschini avrebbe gestito la leadership da qui alle regionali insieme a un «direttorio». Marini ha messo sul tavolo anche l’ipotesi concreta di aprire «un canale di dialogo» con un D’Alema non troppo entusiasta di andare alla conta in autunno («25 ottobre? Se è questa la proposta della segreteria in direzione la voteremo, raramente voto contro gli organismi dirigenti del partito», è stata la gelida reazione dell’ex premier alle domande dei cronisti sul lodo Chiamparino). Ma Franceschini, insieme a Beppe Fioroni, ha tenuto il punto: «Ormai non ci sono più i margini». Morale? La partita, formalmente, non è chiusa. E non solo per l’intenzione di Chiamparino di spingere la sua proposta al voto della direzione. Quanto per il possibile fiorire di altre "soluzioni ponte": come quella di Anna Finocchiaro, che venerdì si presenterà al Nazareno con l’idea di celebrare il congresso sulla linea politica bypassando l’elezione di un segretario. In sostanza, però, il congresso è già iniziato. Pier Luigi Bersani, che il primo luglio si presenterà al fianco di una fetta del variopinto universo dei quarantenni piddì, ha ridimensionato l’analisi post-voto della segreteria del partito («Nell’insieme non è stato un risultato buono per noi»). Un giudizio più sferzante di quello di D’Alema («Non abbiamo vinto ma il centrodestra non ha sfondato e abbiamo tenuto molte posizioni importanti»). La gara è iniziata, con somma gioia di chi, come Romano Prodi, ieri ha salutato come «una buona notizia» l’arretramento del fronte del rinvio. Ma le sorprese sono dietro l’angolo. Dario Franceschini, che scioglierà la riserva già oggi, conta sul sostegno di Piero Fassino, che correrà per la presidenza del partito, e su quello di Walter Veltroni, che - stando allo staff del segretario - «avrà una posizione molto più defilata». Il leader, però, è alle prese con l’enigma Serracchiani. La giovane Debora ha confermato all’Ansa che «ci sarà un mio impegno diretto nel Pd». Ma cosa succederebbe se l’europarlamentare fresca di elezione decidesse di rinunciare al ticket con Dario per tentare una corsa in proprio? Per questa risposta, però, bisogna aspettare mercoledì prossimo. E sintonizzarsi sulla kermesse che un gruppo di giovani leve democrat ha convocato a Torino, la città del Lingotto.