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 2009  giugno 24 Mercoledì calendario

AMICI, ORA RIFONDIAMO LO STREGA


La Capria: tornare alle origini. Debenedetti: tutto da rifare

«Il premio Strega? Può essere che quest’anno ci si dimenti­chi di assegnarlo». Ironizza Raffaele La Capria, vincitore del prestigioso riconoscimento nel 1961 con Ferito a morte e membro della giuria da decenni. Un’ironia che echeggia quello che Antonio Debenedetti, anch’egli tra i membri di più lunga data degli Amici del­la domenica, da mesi auspicava con assolu­ta serietà: «Meglio saltare un turno. Me­glio sospenderlo per un anno e riorganiz­zarlo completamente. Tutto per il bene del premio stesso». Sì, perché la finale che vede in lizza Scarpa, Lugli, Vighy, Scurati e Vitali, potrà anche registrare qualche (pic­cola) sorpresa, ma la marcia di avvicina­mento, pur tra ritiri, autocandidature, po­lemiche e proteste, è andata secondo il so­lito copione. E al Ninfeo di Villa Giulia, gio­vedì 2 luglio, si arriverà come al solito do­po aver tessuto una fitta rete di telefonate, pressioni, richieste di voto, conti della ser­va. Così Mario Fortunato, che per primo sul suo blog aveva dato fuoco alle polveri sperando in una palingenesi, ora, nella stessa sede, preso atto di aver perso la pic­cola battaglia, annuncia l’astensione dal voto pur ritenendo interessanti almeno due dei libri in gara. E Gaetano Cappelli sul blog di Satisfiction pubblica un artico­lo (ripreso ieri dal «Riformista») in cui pa­ragona la sua partecipazione di 15 anni fa a quella di quest’anno: allora era uscito da casa Bellonci, dove si vota la cinquina, con i 9 «voti sicuri» con cui era entrato, due settimane fa gli è toccata la stessa sorte con la differenza che i «voti sicuri» erano 15. Né allora né oggi il pacchetto di prefe­renze è servito per accedere alle fasi finali. I cambiamenti introdotti dal presi­dente Tullio De Mauro, insigne lingui­sta che raccoglie l’indiscussa stima di tutti, non sono bastati a dissipare il mal­contento e la richiesta di riforme radica­li arriva proprio dalla vecchia guardia. Come Antonio Debenedetti, appunto, fi­glio di due soci fondatori del premio, cooptato giovanissimo tra gli Amici del­la domenica dalla stessa Maria Bellonci, che ricorda lo spirito «laico e coraggio­so degli esordi. Uno Strega che premia­va Moravia nell’anno in cui veniva mes­so all’indice, che metteva insieme i grandi docenti dell’Università di Roma con poeti come Ungaretti e Cardarelli, che reclutava i giovani Citati e Arbasi­no. Allora c’era una giuria ristretta per entrare nella quale bisognava aver fatto qualcosa. Negli anni si è allargata fino ai 400 che, però, non rappresentano più la società letteraria. Per questo io di­cevo: fermiamolo un anno e rimettia­mo le cose in ordine. un patrimonio di Roma e della cultura italiana, che va salvato, ma per non distruggerlo biso­gna rifondarlo».

Sulla possibilità di cambiare realmen­te l’andazzo delle cose è più scettico Raf­faele La Capria che il premio l’ha vinto nel ”61, con Ferito a morte, un romanzo che ruppe con i canoni letterari allora in voga: «Su di me lo Strega ebbe l’effet­to opposto a quello che ha avuto per molti altri. Per vent’anni non scrissi più una riga. Avevo dimostrato troppo pia­cere di vincerlo con soltanto un voto di differenza. Dovevo vincerlo con il capo coperto di cenere». La Capria si abban­dona a un certo fatalismo: «Non c’è più la società letteraria di un tempo, quella di oggi è molto meno coesa, ha minore dedizione e minore passione. Il merca­to e la classifica si sono sostituiti ai valo­ri letterari. Lo Strega riesce a far vende­re: per questo raccoglie gli appetiti de­gli editori. Si potrebbero fare molte co­se per cambiarlo, ma quando mai si è riusciti a cambiare l’andazzo di una so­cietà, lo spirito dei tempi? Si vivacchia, quello solo si può fare, anche se i libri in gara quest’anno non sono di cattiva qualità. Possono essere ancora conside­rati letteratura».

Il problema, sostiene Giovanni Rus­so, memoria storica del riconoscimen­to, è che «ormai l’industria editoriale ha prevalso su quello che era un tempo: un gruppo di amici che si incontravano in casa Bellonci, ma anche nei caffè, nel­le redazioni dei giornali, per discutere di libri. Da quei confronti usciva il vinci­tore. Adesso è tutto cambiato, anche se quest’anno sembra si siano un po’ incri­nate le cordate editoriali. Non credo pe­rò che la sospensione possa fare bene a un premio che vive di continuità. Non so esattamente come si potrebbe rinno­varlo, forse aumentando i voti colletti­vi, coinvolgendo di più gli studenti del­le scuole e delle università, ma certo da una consultazione con i vecchi soci po­trebbero uscire idee utili per rimoderna­re la giuria».

Per Guido Davico Bonino, tra gli Ami­ci della domenica da questi trent’anni, la prima operazione che andrebbe fatta è «l’eliminazione di tutte quelle perso­ne che hanno un’attinenza pratica con le case editrici e cioè redattori, editor, direttori editoriali, presidenti, ammini­­stratori delegati. Poi bisognerebbe to­gliere qualche pia signora che non ha nulla a che fare con la letteratura, qual­che regista e qualche stilista. E rinforza­re la componente dei critici letterari, dei docenti universitari di italianistica, insomma di coloro che hanno gli stru­menti per giudicare i libri, che sappia­no fare un confronto tra i romanzi. Non credo che per fare questo sia necessario sospendere il premio per un anno. una cosa che De Mauro potrebbe fare in un weekend».