Alessandro Merli, ཿIl Sole-24 Ore 24/6/2009;, 24 giugno 2009
UN LIMITE AGLI ELEFANTI BANCARI
Philipp Hildebrand è uno dei banchieri centrali preferiti di «Mercati e Mercanti». Perché ha spesso delle idee originali: sull’inflation
targeting, sui limiti alla leva finanziaria delle banche, sui compensi dei banchieri. E perché la sua esperienza di gestore di hedge fund gli dà spesso una prospettiva diversa.
Il vicepresidente della Banca nazionale svizzera ha affrontato ora la questione delle banche "too big to fail", troppo grosse per essere lasciate fallire (e troppo costose per essere salvate), problema molto sentito in Svizzera, per le dimensioni di Ubs e Credit Suisse, arrivate a misurare oltre sei volte il Pil del paese. Ma da non sottovalutare altrove. Un altro banchiere centrale molto avveduto, il governatore della Banca d’Inghilterra, Mervyn King, lo ha sollevato a sua volta, forse tenendo d’occhio la crescita esplosiva di Barclays.
I megasalvataggi con soldi pubblici costano molto e l’idea di essere "too big to fail" crea per le grandi banche incentivi ad assumere rischi eccessivi. Hildebrand è il primo ad avanzare soluzioni. La via maestra, dice, è quella della creazione di una procedura definita chiaramente e coordinata a livello internazionale per una liquidazione ordinata. Il banchiere svizzero non si nasconde tuttavia le difficoltà di arrivare a questa soluzione. E sostiene allora alcuni approcci alternativi, come la separazione delle attività importanti per il funzionamento dell’economia dal resto, che verrebbe liquidato. Oppure come l’imposizione di requisiti di capitale legati alle dimensioni che ridurrebbero l’incentivo delle banche a espandersi senza limiti. Oppure come lo strumento più grezzo di un tetto alle dimensioni delle banche.
Ci sono vantaggi dalle grandi dimensioni nell’attività bancaria, ammette Hildebrand, ma l’esperienza della crisi recente mostra che le grandi banche hanno da tempo superato la taglia necessaria per approfittare di questi vantaggi.
La soluzione Hildebrand non è ovvia,e senz’altro non piacerà alle "Big 2" svizzere che, ridimensionate nella taglia, potrebbero soffrire uno svantaggio competitivo rispetto ai concorrenti internazionali. L’altra argomentazione critica è che, più che le dimensioni delle banche, i veri nodi della crisi sono stati gli errori di gestione delle banche stesse e le lacune della vigilanza.
Il piano Obama affronta solo parzialmente il problema delleistituzioni "d’importanza sistemica" con un’indicazione,che va nella stessa direzione delle proposte di Hildebrand, di più alte riserve contro possibili perdite, ma è per altri versi, come sostiene Paul Krugman, troppo timido.E ancora troppo suscettibile d’essere annacquato in Congresso dalle pressioni della lobby bancaria. Ma, date le esperienze degli ultimi due anni, conclude Hildebrand, «non possono più esserci tabù». Di là dell’Atlantico, dove sopravvivono alla crisi alcuni elefanti bancari "too big to fail", farebbero bene a tenerne conto.