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 2009  giugno 23 Martedì calendario

KODAK CHIUDE L’ERA DEL KODACHROME

l’ennesima puntata dell’agonia della fotografia su pellicola quella annunciata ieri da Kodak: il rullino Kodachrome, dopo 74 anni di onorato servizio, va in pensione. Settantaquattro anni che facevano di questa pellicola la più antica ancora in vendita in un mondo sempre più dominato dalla fotografia digitale. La società di Rochester, nello stato di New York, ha annunciato ieri che entro l’anno sarà dismessa la produzione della pellicola prediletta dai professionisti dello sviluppo e, in parte, dai fotoamatori: il suo mercato, spiegano, si è ridotto all’uno per cento dei ricavi del ramo fotografia della società, che nel primo trimestre ammontavano a 503 milioni di dollari. Troppo costoso lo sviluppo, che prevede tre bagni per la stampa e addirittura sei per la diapositiva, e che per questo è incluso nel prezzo del rullino. Fino ai primi anni Settanta in Italia era la sola sede milanese di Kodak a sviluppare e spedire gratuitamente a casa le diapositive scattate con Kodachrome. E tale all’epoca era il potere immaginifico di questa pel-licola, che permetteva di avere immagini nitide e dai colori brillanti anche a chi possedeva solo i rudimenti della fotografia, che nel 1973 Paul Simon cantava piangendo «Mama, don’t take my Kodachrome away ».
Secondo le stime di Kodak, le scorte si esauriranno entro l’autunno. Poi professionisti e amatori potranno continuare a scattare in pellicola acquistando altri rullini della gamma Kodak, dalle procedure di sviluppo più semplici e meno costose. Le ultime pellicole emulsionate in formato 35 millimetri (l’unico a sopravvivere, fino a ieri) Kodak le donerà al museo internazionale di fotografia intitolato a George Eastman e situato a Rochester. Saranno probabilmente esposte accanto alle immagini che Steve McCurry, celebre per la foto della giovane rifugiata afghana scattata nel 1984 in Pakistan proprio con Kodachrome, realizzerà con la pellicola emulsionata.
Il rullino era stato creato nel 1935 da due musicisti e fu il primo prodotto di massa per la fotografia a colori, realizzato in più formati e anche per il cinema. Dai nomi degli inventori, Leopold Godowsky e Leopold Mannes, era nato il gioco di parole Kodachrome was made by God and Man, cioè creato da dio e dall’uomo.La particolarità tecnica che garantisce l’alta fedeltà sta nel metodo sottrattivo adottato da Godowsky e Mannes e alla base dei sei strati di cui si compone la pellicola (tre per i colori primari- giallo, ciano, magenta - più un filtro per il giallo e due basi). Fino agli anni Trenta le pellicole erano prodotte secondo il metodo additivo, che mostrava i suoi limiti soprattutto nelle stampe di grande formato.
 sempre colpa del digitale, insomma; quello stesso digitale, però, che la stessa Kodak aveva creato nel 1975 con il primo prototipo di macchina fotografica senza rullino. Trent’anni dopo, nel 2005, il gruppo aveva interrotto la produzione delle fotocamere a pellicola, soppiantate dalle sorelle più giovani. Da allora la società, fondata da George Eastman nel 1888, ha dovuto far fronte a una profonda diversificazione del business, che punta ora sulla stampa, limite ancora non superato della fotografia digitale.
Lo scorso mese Gustavo Oviedo, general manager per le vendite mondiali e vice presidente del gruppo, aveva mostrato un cauto ottimismo. La crisi, aveva dichiarato durante il suo tour europeo, lascia comunque delle opportunità di sviluppo. Mentre si va restringendo progressivamente il mercato dei supporti per la fotografia, però, Eastman Kodak continua a perdere valore. Lo stop alla produzione della Kodachrome solo inizialmente ha causato euforia nelle borse ( il titolo era arrivato a guadagnare il 6%). Eastman Kodak ieri ha chiuso a XX dollari, il X% in meno, con una capitalizzazione che vale circa 700 milioni di dollari, tanto quando una media società quotata alla Borsa italiana.