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 2009  giugno 22 Lunedì calendario

L’ultima telefonata di Giovanni risale a venerdì. Ho parlato anche con uno dei pirati che lo tengono in ostaggio

L’ultima telefonata di Giovanni risale a venerdì. Ho parlato anche con uno dei pirati che lo tengono in ostaggio. Conosceva l’italiano e mi chiamava Napoli. Proprio così: Napoli. E rideva, mi sfotteva quel disgraziato che ha preso mio figlio e altri 15 ragazzi innocenti... Il governo deve intervenire prima che sia troppo tardi». Pasquale Vollaro è il padre di uno dei marinai del Buccaneer, il rimorchiatore italiano finito l’11 aprile nelle mani dei pirati nel Golfo di Aden. Un caso delicato per la Farnesina che lavora tenendo presente sia «il complesso e fluido contesto politico somalo», col governo di Mogadiscio nel caos e in emergenza per l’inasprimento del conflitto con le milizie islamiche, sia la necessità di trovare «una soluzione perseguita attraverso tutti gli opportuni canali che garantisca l’incolumità degli ostaggi». Ma è difficile, per un padre che rischia di perdere il figlio, comprendere i tempi inevitabilmente lunghi del sequestro e la cautela indispensabile con cui si sta muovendo il ministero degli Esteri. Per Pasquale Vollaro, chiuso nella casa di Torre del Greco, contano solo i 55 giorni d’angoscia trascorsi nell’attesa di una notizia che non arriva. Il padre di Giovanni racconta di quando il telefono ha squillato alle 8,45 di venerdì. «La voce di mio figlio era quella di un uomo sfinito, allo stremo delle forze. Mi è sembrato di parlare con un vecchio invece che con un giovane forte e sano. Ho avuto una stretta al cuore quando mi ha detto che sul Buccaneer le cose vanno malissimo. I pirati hanno fatto scendere a terra i sei marinai romeni, tengono a bordo solo i dieci italiani che vengono trattati come bestie: Giovanni mi ha detto che mangiano solo una piccola porzione di riso al giorno, e che l’acqua da bere scarseggia e dev’essere bollita perché è lurida. Pensa che prima o poi ammazzeranno lui e i compagni, è terrorizzato». Ma durante quella telefonata è accaduto qualcosa che ha trasformato in rabbia l’angoscia di Pasquale Vollaro. «A un certo punto uno dei pirati ha tolto il telefono a Giovanni e mi ha parlato. ”Ascolta bene, Napoli: se volete rivedere i ragazzi dovete trattare con noi che siamo sul Buccaneer, non con quelli che stanno a terra”. Era arrogante e strafottente. Ho pensato che quei banditi stanno litigando fra loro per stabilire chi e come deve gestire il sequestro, e che questo mette ancora più a rischio l’incolumità dell’equipaggio. Giovanni, quando ho potuto parlargli di nuovo, ha confermato i miei sospetti: ”Ci sono delle risse, sparano in aria raffiche di mitra e s’insultano”, ha detto». I familiari dei marinai rapiti avevano inviato 10 giorni fa un messaggio al Quirinale, chiedendo l’interessamento di Napolitano. La risposta è giunta ieri: il Presidente ha fatto sapere che segue da vicino l’odissea del Buccaneer e che «apprezza il senso di responsabilità con cui le famiglie stanno affrontando la situazione». In settimana una delegazione dei parenti dovrebbe incontrare un funzionario del Quirinale. «Questa attesa ci sta uccidendo, non ce la facciamo più», dice Alfonso Borrelli, zio di un altro membro dell’equipaggio sotto sequestro. Un messaggio di ottimismo giunge invece dal proprietario del Buccaneer, Silvio Bartolotti: «Pensiamo che tutto si risolverà nel migliore dei modi, riporteremo a casa quei ragazzi».