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 2009  giugno 22 Lunedì calendario

Gli attacchi dei pirati somali al trasporto marittimo internazionale hanno riportato di moda la circumnavigazione dell’Africa

Gli attacchi dei pirati somali al trasporto marittimo internazionale hanno riportato di moda la circumnavigazione dell’Africa. Non solo: gli effetti collaterali dei corsari che sequestrano navi ed equipaggi lungo i mille km dello stretto di Aden - vi passano 20 mila imbarcazioni all’anno e il 30% del petrolio che consuma l’Europa - hanno fatto crescere i prezzi delle assicurazioni, mentre il canone egiziano per attraversare il Canale di Suez è sempre più esoso e Al Qaeda si sta radicando nello Yemen. E, soprattutto, mentre aumenta l’importanza strategica dei porti atlantici come lo spagnolo Algeciras e il marocchino Tangeri, scema quella degli approdi mediterranei. «I pirati minacciano Valencia e Barcellona», tuona La Vanguardia, principale giornale catalano che da mesi combatte per la costruzione della ferrovia che colleghi i due principali porti mediterranei spagnoli con Francia e Piemonte, così da trasportare velocemente le merci arrivate via mare. Ma la spada di Damocle di porti snobbati dai traffici mondiali riguarda anche Marsiglia, Genova, Napoli e Trieste. Il dietrofront  ormai una realtà che il sudafricano Capo di Buona Speranza, scoperto dai portoghesi nel 1488, sia sempre più battuto. Tre delle principali Compagnie armatrici (la danese Maersk, la francese Cma-Cmg e China Shipping) hanno dato ordine di puntare sulle rotte australi, evitando le pericolose acque somale. L’esempio è stato subito seguito dalla norvegese Odfjell e dalla taiwanese Tmt. Per circumnavigare l’Africa si impiegano dai 7 ai 10 giorni in più e la distanza da coprire è maggiore di 3400 miglia marine. Ma il viaggio comporta l’esborso di 200 mila euro in meno per ogni nave. Le ragioni non sono solo prodotte dai bucanieri che assaltano porta-container e petroliere. Innanzitutto c’è la sostanziosa diminuzione del prezzo dei carburanti, caduti del 90% rispetto al giugno 2008. «I prezzi del trasporto marittimo si sono ridotti drasticamente negli ultimi 6 mesi, ciò significa che è molto più economico far passare una nave per il Capo di Buona Speranza», spiega Simon Kitchen, analista della banca d’affari Efg-Hermes. Mubarak, poi, ci mette la sua parte. Il Canale di Suez, nazionalizzato nel ”56 e riaperto nel ”75 dopo la guerra persa con Israele, è la terza gallina dalle uova d’oro per l’economia egiziana, dopo turismo e rimesse degli emigrati. In questi ultimi anni le tariffe sono aumentate del 7% fornendo all’erario dai 3,4 miliardi di dollari del 2005 ai 5,2 del 2008. Ma ora anche Mubarak sta soffrendo gli effetti della pirateria. Ahmed Fadel, presidente dell’Autorità del Canale di Suez, ha ammesso che nel dicembre 2008 le navi sono state 1560 contro le 1770 di novembre e le 1815 del dicembre 2007. Fadel ha pronosticato una caduta del 7% del traffico navale per il 2009. Se ancora non bastassero gli argomenti per far privilegiare l’antica rotta portoghese del Capo di Buona Speranza, ecco l’allarme lanciato dal settimanale The Middle East: Al Qaeda sta affluendo in massa nello Yemen per trasformarlo in una nuova base d’operazioni, in alleanza col network jihadista somalo Al Shabaab. Le polizze Dulcis in fundo, le assicurazioni per transitare nello stretto di Aden infestato dai bucanieri del XXI secolo sono alle stelle. «Giorni fa mi ha cercato un’impresa francese per offrirmi la nuova polizza Kidnap&Ransom (sequestro e riscatto). Copre tutto, preparazione dell’equipaggio per l’abbordaggio, negoziati con i pirati, pagamento del riscatto, persino trattamento psicologico per marinai e familiari - dice un armatore spagnolo - il problema è il prezzo: 700 mila euro. Non so dove trovarli». «In mezzo a questo scompiglio la rotta per Buona Speranza beneficia Tangeri (il terminal di Tanger-Med sta investendo 816 milioni per allargarsi e ne impiegherà altri 640 per la costruzione, che comincerà nel 2010, di Tanger-Med 2) e l’andalusa Algeciras che scommette sull’asse ferroviario con Madrid, Irun e Parigi», scrive La Vanguardia. Tempi duri per i porti del Mediterraneo, italiani inclusi.