Margherita De Bac, Corriere della Sera 22/06/2009, 22 giugno 2009
Guadagnavano bene, un tempo. Godevano di buona fama ed erano, in genere, i «luminari» di un ospedale o di un policlinico universitario
Guadagnavano bene, un tempo. Godevano di buona fama ed erano, in genere, i «luminari» di un ospedale o di un policlinico universitario. Un tempo. Oggi invece i chirurghi attraversano una crisi profonda, legata ai rischi giudiziari («Siete più indagati dei mafiosi», ha scherzato Fiorello a un loro congresso), alle difficoltà con cui riescono a farsi largo nel mondo del lavoro e alle prospettive economiche che vanno spostate in età troppo avanzata. Nel 2008 i candidati alle scuole di specializzazione sono diminuiti del 30% rispetto all’anno precedente. Fenomeno condiviso da altri Paesi (come gli Usa) e che dal 2000 non ha mai mostrato segnali di reversibilità. L’allarme sul futuro dei signori del bisturi è di Rocco Bellantone, segretario generale della società italiana di chirurgia, che rappresenta 5 mila camici verdi: «Gli aspiranti alla specializzazione sono ancora il doppio rispetto ai posti disponibili che dunque non restano vuoti. Ma se continua così ci ritroveremo presto ad assumere stranieri, come gli inglesi. Non solo, stiamo perdendo qualità. Perché è chiaro che più la selezione è ristretta più diminuisce il livello di preparazione». Vede nero Carlo Lusenti, segretario del sindacato Anaao-Assomed, che ha appena festeggiato i 50 anni: «Saremo presto costretti ad assumere polacchi e indiani. Ma per quale motivo oggi un laureando dovrebbe scegliere il tavolo operatorio? Per finire in tribunale, forse?». Il pericolo di ricevere una mitragliata di avvisi di garanzia non è affatto remoto in un’epoca in cui i malati hanno la denuncia penale facile. «Secondo la legge un giovane specializzando è medico a tutti gli effetti quindi risponde di presunti danni anche se nell’équipe ha un ruolo marginale », spiega Gaspare Gulotta direttore della scuola di Palermo. E descrive la sua realtà: «La qualità dei candidati è inferiore. In passato nessuno avrebbe ambito al posto senza una laurea con 110 e lode. Oggi si presentano con 102 e magari superano la selezione ». Nicola Basso, direttore scuola della Sapienza, elenca i deterrenti: «Si comincia a lavorare non prima dei 35 anni quando un ingegnere può essere già diventato direttore di azienda. Ci vuole molta passione, è un lavoro faticoso. Soldi? Non è più come una volta». Così i giovani optano per specialità più tranquille, vedi la cardiologia, la più gettonata secondo il Rettore della Sapienza, Luigi Frati. E aggiunge: «Tra il mago del bisturi e l’ultimo dei vagabondi non c’è diversificazione di stipendi, se non in casi rari». Anche la chirurgia è diventata terreno di conquista delle donne. Ora sono il 10% su 5 mila, ma in breve il numero è destinato ad aumentare parallelamente all’esplosione delle matricole femminili. Il viceministro alla Salute, Ferruccio Fazio non drammatizza però: «Prima di parlare di crisi numerica bisogna vedere se il calo non è dovuto alla riorganizzazione delle attività, ai progressi tecnologici». Il governo sta tuttavia lavorando per alleggerire i medici dal peso dei contenziosi. In quanto alle retribuzioni degli ospedalieri di ogni specialità, chiarisce Fazio, sono in linea col resto d’Europa.