F.Fub., Corriere della Sera 22/06/2009, 22 giugno 2009
solo un noleggiatore di Agargaon, uno slum di giunchi, palme e lamiere nel verde possente che il monsone riesce a tirar fuori anche in una megalopoli di undici milioni
solo un noleggiatore di Agargaon, uno slum di giunchi, palme e lamiere nel verde possente che il monsone riesce a tirar fuori anche in una megalopoli di undici milioni. Oggi che è sceso dal cielo un muro d’acqua Abdul Rahman, 45 anni, si aggira tranquillamente a piedi nudi nella poltiglia della sua rimessa. un noleggiatore di risciò a giornata. Ne ha cinquanta, ma non è soddisfatto: siamo nell’ora di punta e almeno quindici restano ancora lì fermi con le ruote nel fango accanto a certi grossi corvi, i soli esseri grassi della zona. Dice Abdul che da tre mesi si sente la crisi e a sostenere gli affari rimangono solo gli ultimi arrivati dal sud del Bangladesh. Vengono da Barisal, Patuakhali, Khulna. Sono i nuovi rickshaw- wallah, i pedalatori più recenti, e fanno crescere il business di Abdul Rahman al ritmo con cui nei loro distretti d’origine aumentano i cicloni, le alluvioni e sale la temperatura o il livello del mare. Che li si chiami «rifugiati climatici» o poveri contadini approdati in città non importa, perché una volta a Dhaka il mestiere che scelgono è sempre lo stesso. Si presentano da quelli come Abdul e noleggiano un risciò per le 15 ore di luce del giorno. Il nolo a una coppia di guidatori che si alterna costa 100 taka (circa un euro), per un uomo singolo novanta. A fine giornata, i due rickshaw-wallah avranno ricavato in media 600 o 700 taka da calcolare al netto del nolo e poi dividere. Sette ore pedalando nel traffico rovente di Dhaka, un consumo di calorie pari a una tappa del Giro d’Italia, fruttano dunque circa 2,5 euro da portare a casa. abbastanza per una famiglia perché un chilo di riso costa 25 centesimi, a cui ne vanno aggiunti dieci per lenticchie e verdure e altri venti per dieci pezzi quotidiani di «betel», la pianta che dà benessere, euforia, sudore, salivazione, forza di pedalare a chi non ne ha e poi astinenza quando manca. Con quel che resta un rickshaw-wallah paga l’affitto: una baracca di lamiera a Agargaon costa circa 11 euro al mese, perché l’enorme afflusso di popolazione dalle province ha fatto esplodere i prezzi immobiliari in questo slum (e ovunque in città) mentre crollavano in Florida o nella City di Londra. Per quadrare i conti, i rickshaw-wallah ciondolano prima su un pedale, poi sull’altro, fradici, gli occhi furenti di fatica, trascinando fra le buche una sposa velata e il marito, tre ragazzi, un corpulento commerciante con la sua merce. In città ce ne sono centinaia di migliaia. La Dhaka City Corporation ha distribuito a noleggiatori come Abdul Rahman 89 mila licenze di risciò, alle quali ne vanno aggiunte altrettante concesse illegalmente grazie a un sistema di micro-tangenti, per un totale di circa 160 mila risciò in una capitale quasi priva di trasporto pubblico. Considerate le famiglie, di questa economia fondata su due pedali e tre ruote vive circa un milione persone nella sola Dhaka, pari a una città italiana medio- grande basata sui risciò: ce ne sono di splendidi, decorati di fiori di loto, code di faraone, occhi di fanciulle velate, pagode, gabbiani che pescano, tigri belle come quelle di Rousseau. E stringono Dhaka alla gola come una morsa infernale: tenerli significa paralizzare un’enorme capitale sul loro ritmo, in un unico colossale ingorgo dove lo sviluppo è impossibile; eliminarli equivale affamare un milione di poveri. Quella che gli economisti, per una volta quasi poetici, chiamano la trappola di un equilibrio di basso livello.