Giorgio Lonardi, Affari&Finanza 22/06/2009, 22 giugno 2009
LE SCARPE BRASILIANE ALLA CONQUISTA DELL’ITALIA
Prodotti di tendenza a un prezzo accessibile: così si spiega il boom che ha portato a fatturare centocinquanta milioni di dollari nel 2008, con una crescita del 78,7 per cento
Gli italiani vanno pazzi per le scarpe brasiliane. Nel 2008 il Bel Paese ha fatto il pieno di calzature made in Brasil comprandone per 150 milioni di dollari, il 78,7 per cento in più dell’anno precedente. Per forza: si tratta di prodotti di moda ad un prezzo accessibile. Prendete il marchio Melissa, punta di diamante del gruppo Grendene (720 milioni di fatturato). Ebbene, i sandali di plastica di Melissa, nati 30 anni fa ispirandosi alle calzature dei pescatori francesi sono diventati veri oggetti di culto. Tanto è vero che a disegnarli si sono cimentati famosi designer come i Fratelli Campana. O anche stilisti internazionali quali Vivienne Westwood che ha firmato un modello molto sexy con tacchi vertiginosi. E che dire della scarpa avveniristica ideato dalla famosa architetta Zaha Hadid?
Ne ha fatta di strada il vecchio sandalo di plastica che ha aiutato intere generazioni ad entrare in acqua senza graffiarsi sulla roccia. Melissa ha fornito un’anima nuova ad un prodotto nato povero e che grazie alla ricerca Grendene si è sviluppato fino al punto di proporre "stivaletti vellutati", grazie alla plastica look velvet, ottima anche per l’inverno. Raffinati e confortevoli oggi i Melissa si acquistano a Parigi anche da Colette in rue Saint Honorè. Oppure presso Dover Street Market e Harvey Nichols a Londra.
Se oggi l’Italia è diventata la Mecca europea per le calzature brasiliane lo si deve anche a produttori di nicchia come Cavage (80 paia al giorno). Un brand che punta sulla lavorazione artigianale della pelle, declinata per ogni stagione con differenti rifiniture, colori e dettagli. E che ricorre a piene mani a pellami esotici come pitone, lucertola e jacarè. Affidando il suo successo alla creatività dei designer Geane Silva e Vicente Hoffmann.
Insomma, non si può certo dire che il boom della scarpe made in Brasil registrato in Italia e in Europa sia trainato semplicemente dal prezzo. «In questi ultimi anni il nostro sistema produttivo e la nostra rete di imprese – spiega il direttore di Abicalçados, l’Associazione dei produttori calzaturieri brasiliani, Heitor Klein – sono molto cambiati. Il Brasile rimane infatti il terzo produttore al mondo dopo Cina e India ma ha adottato una strategia diversa da quella di questi due sistemi produttivi. Mentre per i due paesi asiatici conta soprattutto il prezzo, la nostra produzione si sta spostando verso un più alto valore aggiunto».
Klein ricorda come la domanda interna brasiliana sia «più sofisticata rispetto ad altri paesi a forte tasso di sviluppo anche grazie alle influenze europee acquisite nelle diverse ondate migratorie. Questa contaminazione culturale è utilizzata in modo proficuo da designer e stilisti verde oro».
In questo quadro l’export è un potente volano dello sviluppo. Nel 2008 le scarpe brasiliane sono state esportate in 141 paesi del mondo per un valore complessivo di 1,9 miliardi di dollari e 165 milioni di paia, circa il 20% della produzione complessiva. Tuttavia, come precisano in Abicalçados, l’anno scorso l’export complessivo è sceso leggermente. Un fenomeno legato al "riposizionamento" della scarpa made in Brazil sia a livello qualitativo sia rispetto ai mercati di sbocco.
I calzaturieri brasiliani, ad esempio, si stanno affrancando sempre di più dal mercato Usa dove tuttavia è ancora rivolto il 26% delle esportazioni in valore. Ed è stato proprio la performance negativa (’32,6% in valore) negli Usa ad aver condizionare il risultato complessivo. «Si tratta di una fase di passaggio – dice Klein – oggi le imprese brasiliane hanno scelto con decisione la strada di una maggiore internazionalizzazione. A cominciare dall’Europa e dall’Italia».