varie, 22 giugno 2009
LA PANTERA ROSA PER VOCE ARANCIO (MAI USCITA)
« gente dura, feroce, cresciuta con la guerra nei Balcani. Non bisogna farsi ingannare da quel nomignolo, Pantera Rosa» (il magistrato francese Gilbert Lafaye).
La Pantera Rosa è una gang criminale composta da 200 uomini, quasi tutti dell’Est Europa, si pensa provenienti da Serbia e Montenegro. Hanno talpe nelle principali città di tutto il mondo, dispongono di appartamenti sicuri.
A marzo l’Interpol ha organizzato un vertice cui hanno partecipato i funzionari di 16 paesi. Tema: come bloccare la banda criminale. Il direttore dell’Interpol Ronald Noble: «Gli stiamo addosso. Ma serve maggiore collaborazione perché la banda agisce sul piano mondiale. Possiamo dire che rappresentano la globalizzazione del crimine».
Assaltano soltanto gioiellerie prestigiose. Dal 2000 a oggi hanno compiuto 90 colpi in venti Paesi diversi. Bottino totale accumulato fin qui: 180 milioni di euro.
«Pensiamo che vengano tutti da eserciti dell’Est Europa, alcuni dalle Forze Speciali serbe. Parlano di volta in volta inglese o francese. Sanno misurare i carati, distinguere tra marche di orologi, riconoscere il taglio di pietre preziose. E hanno contatti per piazzare la merce nelle principali capitali dei diamanti» (Ronald Noble).
Il primo colpo della banda, nel maggio 2000: un uomo in grisaglia, Nejbosa Denic, entra in una gioielleria di Mayfar a Londra. Tira fuori la sua Magnum 357 e si fa consegnare dai commessi pietre preziose e rarissimi gioielli gialli. Durata: tre minuti. Valore complessivo: 13 milioni di euro.
Due giorni dopo gli investigatori inglesi ritrovano nella casa di un complice uno dei gioielli rubati, un anello con diamante azzurro, nascosto in un barattolo di crema. Per la prima volta un poliziotto battezza la banda con il nome ”Pantera rosa”, ricordando che nel film di Blake Edwards veniva usato lo stesso stratagemma.
I rifornimenti di armi arrivano dalla ex Yugoslavia, gli ordini da Zagabria e Belgrado. Cristofer Haget, direttore della polizia giudiziaria del Principato di Monaco: «Solo talmente preparati che raramente devono utilizzare la forza. Sembra brutto dirlo, ma per prenderli ci vuole una buona dose di fortuna».
Nei loro colpi mischiano pianificazione maniacale nei dettagli a stratagemmi da vecchio milieu criminale: a Biarritz hanno dipinto una panchina davanti alla gioielleria con vernice fresca, in modo che nessun testimone potesse sedersi; a Cannes hanno nascosto in eleganti sacche da golf i sassi con i quali hanno distrutto la vetrina di Van Cleef & Arpels; a Dubai sono entrati nel centro commerciale Wafi Mall con una limousine nera e con altre due auto civetta hanno sfondato la vetrina di Graff (in quell’occasione il colpo è durato 90 secondi, il bottino è stato di 11 milioni di euro).
Nel 2008 sono entrati nella gioielleria Bulgari di Ginza a Tokyo, portando via solo la collana «Comtesse de Vendome», composta da 116 diamanti. Valore stimato: 19 milioni di dollari. Non hanno toccato altro.
I maggiori furti di gioielli della storia: nel 1994 tre uomini rubarono preziosi per 43 milioni di dollari dall’Hotel Carlton di Cannes. Nel 1987 i ladri entrarono in un deposito di cassette di sicurezza a Knightsbridge (Londra) e fecero un bottino di oltre 30 milioni di dollari. Nell’agosto del 1963 un treno fu assaltato tra Glasgow e Londra: i 120 sacchi postali portati via contenevano valori pari a 3 milioni e 800mila dollari.
«Non ho mai visto banditi così sfrontati. Non hanno paura di dare l’assalto a boutique in pieno centro. Nel 2009 si ripresentarono a Mayfar a bordo di una Bentley, indossando cappelli panama. A Tokyo giravano in bicicletta con il volto coperto da mascherine anti-smog, come qualsiasi giapponese. Io penso che provino gusto nel mimetizzarsi, nel mascherarsi» (il magistrato Gilbert Lafaye).
Come mezzi di fuga e di assalto preferiscono le Audi. A Montecarlo nel 2007 invece hanno usato una Fiat Punto color giallo per abbandonare il luogo della rapina.
Nel 2003 la polizia francese era riuscita ad arrestare Dragan Mikic, uno dei leader. Condannato a 15 anni e rinchiuso nella prigione di Villefranche-sur-Saone, è stato liberato due anni dopo grazie ad un’irruzione dei compagni che hanno attaccato con le mitragliatrici le torrette della prigione, permettendo a Mikic di scavalcare il muro di cinta con una scala.
Il colpo alla gioielleria Harry Wilson a Parigi, nel dicembre 2008: due coppie eleganti, parlano francese, entrano nel negozio. Pochi istanti dopo i quattro (in realtà tutti uomini, due si erano travestiti) tirano fuori le pistole e minacciano le persone che sono all’interno, 15 tra personale e clienti. Mentre due riempiono i sacchi di orologi e gioielli presi dalle vetrine, gli altri due costringono un commesso ad aprire la cassaforte nascosta. I ladri chiamano per nome i dipendenti della Winston. Una volta presi i gioielli più preziosi, fuggono. Durata dell’operazione: 15 minuti. Incasso finale: 85 milioni di euro.
La gioielleria Harry Wilson, dove Richard Burton andava a comprare regali per Liz Taylor e dove Aristotele Onassis comprò l’anello di fidanzamento per Jackie Kennedy.
Marylin Monroe che nella canzone Diamonds Are A Girl’s Best Friend cantava: «Parlami, Harry Wilson».
Tentativi di imitazione. Quella volta che, nel maggio 2006, due ladri, dopo aver rubato un carro attrezzi del servizio rimozione del Comune di Roma, in piena mattina hanno tentato di sfondare la vetrina della boutique di Bulgari in Via dei Condotti. I vetri corazzati hanno resistito e i due sono scappati a bordo di uno scooter. La polizia li ha arrestati poco dopo.
La cura nella preparazione contrasta con errori fatali che hanno decimato la banda negli ultimi mesi. Impronte lasciate sulla Fiat Punto e su una limousine, le tracce di dna su una vetrina infranta, un telefonino dimenticato, hanno aiutato gli investigatori nella loro caccia.
Proprio grazie alle impronte digitali nel marzo 2009 è stato fermato dall’Interpol Rifat Hadziahmetovic, un montenegrino di 37 anni. accusato di aver partecipato alle rapine compiute in Bahrein, Giappone ed Emirati Arabi.
L’11 maggio scorso gli ultimi arresti: Zoran Kostic e Nikola Ivanovic. Si rifugiavano a Parigi, in una pensioncina a due stelle di Pigalle dopo un furto compiuto la settimana prima a Losanna.