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 2009  giugno 22 Lunedì calendario

Dolce e Gabbana e la moda dei saldi permanenti - E così, perfino la mo­da delle grandi fir­me ha dovuto ar­rendersi e ammettere quello che aveva sempre negato: i suoi prezzi sono diventati insostenibili

Dolce e Gabbana e la moda dei saldi permanenti - E così, perfino la mo­da delle grandi fir­me ha dovuto ar­rendersi e ammettere quello che aveva sempre negato: i suoi prezzi sono diventati insostenibili. Se prima la potenza del mar­chio assorbiva anche le cifre esagerate, oggi la fu­ga dai negozi costringe a soluzioni che vanno ben oltre i saldi. Trasformati in vendite speciali, offer­te soltanto per i clienti con biglietti riservati di invito, occasioni partico­lari, in una specie di me­se dei saldi quasi perma­nente: un rimedio con­giunturale che in qual­che modo risolveva un problema strutturale, ma che a questo punto della crisi non basta più. Co­me non bastano più gli outlet , fenomenale inven­zione che permette di smaltire le collezioni pas­sate e forse anche le serie costruite su misura, in una contemporaneità di stagioni che genera una certa confusione. Ma il sistema, con la sua rete commerciale di monomarca, multimar­ca, departement store , non regge se non si ripri­stina una normale prati­ca di shopping. arriva­to il momento di incide­re all’origine sui prezzi. Domenico Dolce e Ste­fano Gabbana, nell’inter­vista pre-sfilata rilasciata a Il Sole 24 Ore (16 giu­gno), dichiarano che dal­la prossima primave­ra/ estate i prezzi saran­no inferiori tra il 10 e il 20 per cento: senza ab­bassare la qualità, ma ra­zionalizzando il proces­so industriale. Stefano Sassi, ammini­stratore delegato di Va­lentino Fashion Group, ha spiegato al CorrierEco­nomia dell’1 giugno che, lavorando al rilancio di questa prestigiosa griffe – i cui differenziali di prezzo dalle linee con­correnti erano notevol­mente alti – è stato com­piuto un intervento an­che sulla composizione dei costi, normalizzando­li. Versace ( CorrierEcono­mia del 18 maggio), ha affidato alla Bain & Com­pany uno studio per valu­tare l’attuale posiziona­mento e capire se è ne­cessario un cambio di rotta, visto che alla reces­sione sembrano reggere meglio le aziende con prodotti più classici e prezzi medi di livello d’entrata. Tanto che ha riproposto Versus, nato 20 anni fa e lasciato poi a se stesso, articolandolo adesso a un livello di prezzo più accessibile, con un posizionamento nuovo non avendo alle spalle la storia stilistica di Versace. Perfino Jimmy Choo, griffe di scarpe e borse dal successo e dal prezzo sensazionali che, lancia­ta nel 1996 ora è il simbo­lo delle scarpe sexy per eccellenza, dal 14 novem­bre entra in 200 punti vendita di H&M, selezio­nati in tutto il mondo. Per l’occasione, propone anche una collezione di scarpe, borse e accessori dedicati all’uomo. Addi­rittura, spiega Margareta van den Bosch, creative advisor H&M, «gli abiti sono stati messi a punto per adattarsi alla collezio­ne Jimmy Choo, e non il contrario, come si fa di solito». Si attendono altre noti­zie da un settore che tro­va normale caricare alla vendita i prezzi fino al 400 per cento. Il che signi­fica che l’abito, venduto dal produttore a 10, in boutique può costare 40, ma anche infinitamente di più. Finché il mercato tiene, e i clienti pagano.