Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  giugno 22 Lunedì calendario

Internet: chi è pronto a pagare le news online - Il tema lo ha lanciato Ru­pert Murdoch: se l’indu­stria dei giornali quoti­diani vuole rimettersi in sesto, ha detto l’editore di Sky, deve creare nuovi ricavi; tra questi, far pagare le noti­zie via Internet che fino ad og­gi ha regalato contando esclu­sivamente sui ricavi pubblici­tari

Internet: chi è pronto a pagare le news online - Il tema lo ha lanciato Ru­pert Murdoch: se l’indu­stria dei giornali quoti­diani vuole rimettersi in sesto, ha detto l’editore di Sky, deve creare nuovi ricavi; tra questi, far pagare le noti­zie via Internet che fino ad og­gi ha regalato contando esclu­sivamente sui ricavi pubblici­tari. Nel club cartaceo inter­nazionale l’affermazione ha suscitato scalpore. Alcuni la considerano una via d’uscita obbligata dalla crisi, altri la guardano con profondo scet­ticismo. Tra gli scettici si annovera Warren Buffett, il celebre in­vestitore di Berkshire Ha­thaway «che non sbaglia mai», secondo il quale i quoti­diani vanno verso un perio­do di perdite «teoricamente senza fine». Negli Stati Uniti, in particolare, i valori borsisti­ci della carta stampata sono in forte calo fin dal 2004 e molte sono le testate in chiu­sura, vendita o amministra­zione controllata, secondo la procedura del Chapter 11. Gli investitori pubblicitari si spostano verso Internet, ma non in misura tale da com­pensare la riduzione di inve­stimenti nella pubblicità car­tacea. La recessione dà il col­po finale ai bilanci degli edi­tori. Nuove abitudini Alla radice della crisi, se­condo gli esperti, ci sono le nuove tecnologie e le nuove abitudini dei lettori: prima tra tutte, quella di informarsi gratuitamente attraverso il web. Ecco dunque salire alla ribalta la necessità di far pa­gare le notizie per avere conti in nero. Gli esperimenti più significativi riguardano l’in­formazione economica, l’uni­ca a cui finora il pubblico ha riconosciuto un valore speci­fico, che viene offerta con mo­dalità diverse dal Wall Street Journal e dal Financial Ti­mes. Ma quale informazione sa­rebbero disposti ad acquista­re sul web i lettori «generali­sti »? E quanto sarebbero di­sposti a pagarla? A queste due domande cruciali tenta per la prima volta di rispon­dere una ricerca sul campo del Boston Consulting Group, la società di consulen­za americana. La ricerca, cu­rata dal senior partner Nicola Pianon, è stata realizzata su un campione di seicento per­sone tra i 18 e i 65 anni, metà maschi e metà femmine, pro­venienti da tutte le regioni ita­liane. Si tratta di un campio­ne molto evoluto, composto esclusivamente da utenti di Internet e lettori di notizie online. Un pubblico abituato a informarsi senza pagare. Solo il 34%, infatti, compra quotidiani in edicola, spen­dendo in media 15 e’ecco il primo dato importante – ri­cava informazioni dalla ver­sione web dei quotidiani: ap­pena sotto i portali (frequen­tati dal 79%) ma sopra i cana­li televisivi (66%). Significati­vo anche il tempo trascorso sui siti web dei quotidiani: il 53% ci passa più di venti mi­nuti al giorno. «Entrambe – dice Pianon – sono buone notizie per gli editori italiani: vogliono dire che i marchi dei quotidiani più autorevoli come Corriere della Sera e Re­pubblica mantengono un ruo­lo centrale anche nel nuovo universo tecnologico. Atten­zione però: l’esempio degli Stati Uniti – dove la posizio­ne concorrenziale online dei network televisivi è dominan­te – dimostra che le televisio­ni e i loro siti possono diven­tare avversari temibili anche in Italia». Ma veniamo alla prima do­manda: che cosa sareste di­sposti ad acquistare? Metà dei lettori (49%) risponde: la versione integrale online del quotidiano cartaceo. «Rispo­sta per niente scontata – commenta l’esperto – che di­mostra quanto il quotidiano sia ancora considerato utile dai lettori, anche da quelli più tecnologici, come stru­mento per ordinare le noti­zie, per approfondire quelle che valgono e per distingue­re ciò che è importante da ciò che non lo è». Identica preferenza i letto­ri attribuiscono alla rassegna personalizzata delle notizie in tempo reale, cioè la selezio­ne tematica delle news prefe­rite: per esempio la cronaca italiana, gli esteri o altri argo­menti. E, in percentuale leg­germente inferiore (44%), al­la rassegna giornaliera. Gli archivi Il quarto tipo di informazio­ni che i lettori sono disposti a pagare’confermando in questo caso le aspettative’è il contenuto degli archivi. Al quinto posto troviamo gli edi­toriali e al sesto gli approfondi­menti. Economia e finanza, sport, gossip e spetta­coli si colloca­no rispettiva­mente al terzul­timo, penulti­mo e ultimo po­sto. E questa è decisamente una sorpresa, considerando che l’economia è l’unica pagina dell’in­formazione che finora il pub­blico ha pagato. «Per quanto riguarda l’economia – osser­va Pianon – è possibile che un lettore generalista, come quelli intervistati, non la met­ta tra le prime cose da com­prare. Ma è anche probabile che la parte di pubblico inte­ressata alle notizie economi­che sia poi disposta a spende­re di più degli altri lettori onli­ne. La scarsa disponibilità a pagare sport, gossip e spetta­coli ha invece a che fare con l’abbondanza di informazio­ni gratuite su Internet e in ti­vù ». Ma quanto sareste disposti a pagare? La risposta, in bre­ve, è: molto poco, per l’esat­tezza 5 euro al mese. Questo infatti è quanto i lettori inter­vistati da Bcg stanzierebbero mediamente per l’acquisto di informazioni online. Un ter­zo di quanto spende oggi al­l’edicola la componente del campione che compra i quo­tidiani. «Che questa élite di lettori tecnologici abituata al tutto gratis sia disposta a pa­gare, anche poco – commen­ta Pianon – segnala che il so­lo web non dà tutto ciò che serve. E questo apre spazi ai produttori di informazione professionali. Resta il fatto pe­rò che la percezione del valo­re dell’informazione sul web è legata a un’idea di immate­rialità e di basso costo assai dura da scalfire». Novità Conclusione? Il quadro ge­nerale che emerge è forte­mente dinamico, ma spicca­no comunque alcuni punti fermi: il primo è il valore di guida, approfondimento e qualità riconosciuto ai quoti­diani, un buon presupposto di partenza da sviluppare su terreni nuovi. Altrettanto in­teressanti sono gli stimoli. «Un grosso aiuto alla valoriz­zazione dei contenuti online – dice Pianon – può arriva­re dagli ultimi supporti tecno­logici come il Kindle Dx di Amazon, il libro elettronico formato grande, e da formule di micropagamento (per esempio l’acquisto degli arti­coli di un singolo autore o su un singolo tema, ndr), capaci di intercettare i vari interessi dei molti segmenti di pubbli­co ». In altre parole ciò che ha decretato il successo della te­lefonia mobile. Si tratta di innovazioni va­ste e profonde a cui possono concorrere soggetti rimasti fi­nora chiusi in stanze separa­te: gli editori, gli operatori di telecomunicazioni, i produt­tori di hi-tech come la Apple, il mondo Internet. Probabile che ne nascano forme di col­laborazione del tutto inedite. E un’industria mediatica ve­ramente nuova.