EDOARDO SEGANTINI, Corriere Economia 22/6/2009, 22 giugno 2009
Internet: chi è pronto a pagare le news online - Il tema lo ha lanciato Rupert Murdoch: se l’industria dei giornali quotidiani vuole rimettersi in sesto, ha detto l’editore di Sky, deve creare nuovi ricavi; tra questi, far pagare le notizie via Internet che fino ad oggi ha regalato contando esclusivamente sui ricavi pubblicitari
Internet: chi è pronto a pagare le news online - Il tema lo ha lanciato Rupert Murdoch: se l’industria dei giornali quotidiani vuole rimettersi in sesto, ha detto l’editore di Sky, deve creare nuovi ricavi; tra questi, far pagare le notizie via Internet che fino ad oggi ha regalato contando esclusivamente sui ricavi pubblicitari. Nel club cartaceo internazionale l’affermazione ha suscitato scalpore. Alcuni la considerano una via d’uscita obbligata dalla crisi, altri la guardano con profondo scetticismo. Tra gli scettici si annovera Warren Buffett, il celebre investitore di Berkshire Hathaway «che non sbaglia mai», secondo il quale i quotidiani vanno verso un periodo di perdite «teoricamente senza fine». Negli Stati Uniti, in particolare, i valori borsistici della carta stampata sono in forte calo fin dal 2004 e molte sono le testate in chiusura, vendita o amministrazione controllata, secondo la procedura del Chapter 11. Gli investitori pubblicitari si spostano verso Internet, ma non in misura tale da compensare la riduzione di investimenti nella pubblicità cartacea. La recessione dà il colpo finale ai bilanci degli editori. Nuove abitudini Alla radice della crisi, secondo gli esperti, ci sono le nuove tecnologie e le nuove abitudini dei lettori: prima tra tutte, quella di informarsi gratuitamente attraverso il web. Ecco dunque salire alla ribalta la necessità di far pagare le notizie per avere conti in nero. Gli esperimenti più significativi riguardano l’informazione economica, l’unica a cui finora il pubblico ha riconosciuto un valore specifico, che viene offerta con modalità diverse dal Wall Street Journal e dal Financial Times. Ma quale informazione sarebbero disposti ad acquistare sul web i lettori «generalisti »? E quanto sarebbero disposti a pagarla? A queste due domande cruciali tenta per la prima volta di rispondere una ricerca sul campo del Boston Consulting Group, la società di consulenza americana. La ricerca, curata dal senior partner Nicola Pianon, è stata realizzata su un campione di seicento persone tra i 18 e i 65 anni, metà maschi e metà femmine, provenienti da tutte le regioni italiane. Si tratta di un campione molto evoluto, composto esclusivamente da utenti di Internet e lettori di notizie online. Un pubblico abituato a informarsi senza pagare. Solo il 34%, infatti, compra quotidiani in edicola, spendendo in media 15 e’ecco il primo dato importante – ricava informazioni dalla versione web dei quotidiani: appena sotto i portali (frequentati dal 79%) ma sopra i canali televisivi (66%). Significativo anche il tempo trascorso sui siti web dei quotidiani: il 53% ci passa più di venti minuti al giorno. «Entrambe – dice Pianon – sono buone notizie per gli editori italiani: vogliono dire che i marchi dei quotidiani più autorevoli come Corriere della Sera e Repubblica mantengono un ruolo centrale anche nel nuovo universo tecnologico. Attenzione però: l’esempio degli Stati Uniti – dove la posizione concorrenziale online dei network televisivi è dominante – dimostra che le televisioni e i loro siti possono diventare avversari temibili anche in Italia». Ma veniamo alla prima domanda: che cosa sareste disposti ad acquistare? Metà dei lettori (49%) risponde: la versione integrale online del quotidiano cartaceo. «Risposta per niente scontata – commenta l’esperto – che dimostra quanto il quotidiano sia ancora considerato utile dai lettori, anche da quelli più tecnologici, come strumento per ordinare le notizie, per approfondire quelle che valgono e per distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è». Identica preferenza i lettori attribuiscono alla rassegna personalizzata delle notizie in tempo reale, cioè la selezione tematica delle news preferite: per esempio la cronaca italiana, gli esteri o altri argomenti. E, in percentuale leggermente inferiore (44%), alla rassegna giornaliera. Gli archivi Il quarto tipo di informazioni che i lettori sono disposti a pagare’confermando in questo caso le aspettative’è il contenuto degli archivi. Al quinto posto troviamo gli editoriali e al sesto gli approfondimenti. Economia e finanza, sport, gossip e spettacoli si collocano rispettivamente al terzultimo, penultimo e ultimo posto. E questa è decisamente una sorpresa, considerando che l’economia è l’unica pagina dell’informazione che finora il pubblico ha pagato. «Per quanto riguarda l’economia – osserva Pianon – è possibile che un lettore generalista, come quelli intervistati, non la metta tra le prime cose da comprare. Ma è anche probabile che la parte di pubblico interessata alle notizie economiche sia poi disposta a spendere di più degli altri lettori online. La scarsa disponibilità a pagare sport, gossip e spettacoli ha invece a che fare con l’abbondanza di informazioni gratuite su Internet e in tivù ». Ma quanto sareste disposti a pagare? La risposta, in breve, è: molto poco, per l’esattezza 5 euro al mese. Questo infatti è quanto i lettori intervistati da Bcg stanzierebbero mediamente per l’acquisto di informazioni online. Un terzo di quanto spende oggi all’edicola la componente del campione che compra i quotidiani. «Che questa élite di lettori tecnologici abituata al tutto gratis sia disposta a pagare, anche poco – commenta Pianon – segnala che il solo web non dà tutto ciò che serve. E questo apre spazi ai produttori di informazione professionali. Resta il fatto però che la percezione del valore dell’informazione sul web è legata a un’idea di immaterialità e di basso costo assai dura da scalfire». Novità Conclusione? Il quadro generale che emerge è fortemente dinamico, ma spiccano comunque alcuni punti fermi: il primo è il valore di guida, approfondimento e qualità riconosciuto ai quotidiani, un buon presupposto di partenza da sviluppare su terreni nuovi. Altrettanto interessanti sono gli stimoli. «Un grosso aiuto alla valorizzazione dei contenuti online – dice Pianon – può arrivare dagli ultimi supporti tecnologici come il Kindle Dx di Amazon, il libro elettronico formato grande, e da formule di micropagamento (per esempio l’acquisto degli articoli di un singolo autore o su un singolo tema, ndr), capaci di intercettare i vari interessi dei molti segmenti di pubblico ». In altre parole ciò che ha decretato il successo della telefonia mobile. Si tratta di innovazioni vaste e profonde a cui possono concorrere soggetti rimasti finora chiusi in stanze separate: gli editori, gli operatori di telecomunicazioni, i produttori di hi-tech come la Apple, il mondo Internet. Probabile che ne nascano forme di collaborazione del tutto inedite. E un’industria mediatica veramente nuova.