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 2009  giugno 22 Lunedì calendario

IL NUOVO LUSSO, PER VOCE ARANCIO


L’amministratore delegato di un grande marchio della moda italiana qualche settimana fa è andato nella sua boutique milanese di via Montenapoleone per raccomandare ai commessi di ”coccolare i clienti come bebè” per migliorare le vendite in tempo di crisi. Risposta degli addetti: ”Dottore, saremmo anche disposti ad andare a catturarli sul marciapiede davanti alle vetrine. Purtroppo non ci sono passanti”.
Il lusso non ha schivato la crisi. Altagamma, associazione delle grandi marche italiane, e lo studio di consulenza Bain & Co. seguono da qualche anno l’andamento del settore: nel 2008 il giro d’affare mondiale del lusso è rimasto stabile attorno ai 170 miliardi di euro. Quest’anno perderà il 10% per riguadagnare solo l’1% nel 2010. Quindi risalirà del 4% nel 2011 e del 7,5% nel 2012. Vuol dire che solo nel 2012 il fatturato del settore tornerà ai livelli del 2007.
Durante il 2010 negli Stati Uniti le vendite di beni di lusso caleranno del 15%, in Europa e Giappone del 10%. Queste tre aree rappresentano l’80% del mercato. Non basta a compensare i cali la crescita delle vendite in Cina (+7%) e in Medio Oriente (+2%).
Dei cinque ambiti tradizionali del lusso non se ne salva nemmeno uno. Malissimo gioielli e orologi (-12,3% le vendite 2009), male i vestiti (-8,7%), in calo anche accessori e scarpe (-5,2%) come profumi e cosmetici (-4,8%). Le stime dicono che il margine operativo lordo dell’industria mondiale del lusso si ridurrà del 21%.
Josh Schulman, amministratore delegato di Jimmy Choo, il marchio di scarpe più alla moda in questo momento: ”Nel nostro caso le scarpe più richieste sono un paio di sandali che costa 1.300 euro”.
Schulman lo ha spiegato a Monaco. Tra il 14 e il 16 giugno nel Principato, una delle capitali mondiali del bel vivere, c’erano tutti i grandi del lusso, lì per il summit del settore organizzato dal Financial Times. I più hanno evitato gli allarmismi. Anzi, tra i manager c’era aria di ripresa: Diego Della Valle, di Tod’s, assicurava che i clienti stavano tornando a comprare; Bernard Arnault di Moët Hennessy Louis Vuitton (Lvmh), assicurava che per i prodotti di lusso e per tutti i sogni che li accompagnano ci sarà sempre mercato.
Dal 14 novembre 2009, per qualche mese, nei negozi della catena svedese di abbigliamento economico H&M si troverà una collezione disegnata da Jimmy Choo.
Della Valle poteva permettersi di essere ottimista, perché le cose non gli vanno male. Nei primi tre mesi del 2009 il suo gruppo (Tod’s, Hogan, Fay e Roger Vivier) ha fatturato 201 milioni di euro, il 5,4% in più rispetto a un anno fa. Benissimo le Hogan (+17,5%), tengono Tod’s e Fay (+0,3 e + 2,7%), ma crolla Roger Vivier (-22,8%).
Anche Arnault poteva permetterselo, ma un po’ meno. Lvmh, che è il più grande gruppo mondiale del lusso, nel primo trimestre del 2009 ha registrato vendite stabili a 4,018 miliardi di euro (+0,4%). stato tenuto a galla dalle vendite delle borsette (la pelletteria è cresciuta dell’11%, a 1,6 miliardi) e dei suoi negozi (+7%, a 1,08 miliardi), che sono riusciti a compensare il calo di vino e superalcolici (-16% a 540 milioni), orologi e gioielli (-27% a 154 milioni), cosmetica e profumi (-8% a 663 milioni).
Lvhm aveva preparato tutto per aprire nel 2010 il suo megastore più grande del mondo, a Ginza, in Giappone. Con la crisi il progetto è stato accantonato. Prada fa il contrario. L’anno scorso ha chiuso con un fatturato in calo dello 0,7% (a 1,6 miliardi) e utili giù del 22% (99 milioni), ma ha continuato a investire sui negozi: sono serviti a potenziare la rete di vendita 112 dei 160 milioni di euro investiti.
Gli articoli più economici sul sito di Louis Vuitton: le guide della città europee, 61 euro l’una; un fermaglio per capelli, 165 euro; un portachiavi con un panda, 105 euro. Un ombrello Louis Vuitton costa 330 euro.
Sempre Lvhm non ha avuto il coraggio di riproporre il suo pacchetto-lusso del 2007. Una confezione elaborata da Karl Lagerlfed, completamente in pelle rosa, che conteneva una bottiglia di Dom Pérignon Rosé millesimato 1966, tre bottiglie Dom Pérignon Vintage 1996, due bottiglie di Dom Pérignon Rosé millesimato 1986 e tre flûte. Prezzo: 70mila sterline.
Nick Candy, del gruppo di immobili di lusso Candy & Candy, al summit di Monaco ha fatto la Cassandra: ”Quando il sole se ne andrà e l’estate sarà finita – ha avvertito i colleghi a Monaco – tutti ci sveglieremo e vedremo che le cose sono messe molto male”.
I manager del lusso sanno che gran parte del loro pubblico potrebbe essere stata annientata dalla crisi finanziaria. Roberto Cavalli spiega perché: ”Erano anni che l´industria della moda andava al traino della Russia e di alcuni Paesi emergenti. Il lusso era poi appannaggio di tutta una serie di ragazzini del mondo della finanza che giravano per discoteche con auto appariscenti. Chi, come questo tipo di consumatori, ha fatto soldi con facilità, li ha spesi con altrettanta facilità. Ma credo che questa fetta di mercato sia stata spazzata via per sempre. La corda era troppo tirata e ora tocca a noi rimodulare l´offerta e i prezzi per creare nuovi bisogni ed esplorare nuovi mercati».
Nel mondo i potenziali clienti del lusso – persone che possono vantare un reddito compreso fra i 60 e i 100 mila dollari – sono quasi 50 milioni. La tradizionale classifica di Forbes sugli uomini più ricchi del mondo (devono avere più di un miliardo di dollari) nella sua versione 2009 ha dovuto cancellare 332 nomi su 1.125. Si sono volatilizzati 1.400 miliardi di dollari. L’uomo che ci ha perso di più è l’indiano Ali Ambani: è passato da un patrimonio di 40 miliardi di dollari a soli 10.
Nel suo monomarca di San Pietroburgo il marchio toscano Pakerson ha introdotto l’anno scorso un servizio in più: fa una scansione in tre dimensioni dei piedi del cliente, la manda in fabbrica e dopo qualche settimane gli invia le scarpe costruite su misura. I prezzi che oscillano tra i mille e i seimila euro.
L’atteggiamento dei clienti del lusso è già cambiato. Il prezzo alto, spiegano Bain e Altagamma, è diventato un limite, il pubblico non è più disposto a spendere così tanto, difatti gli unici prodotti che continuano a vendere come negli anni passati sono quelli nella fascia di prezzo più bassa. Poi c’è più attenzione alla qualità intrinseca del prodotto e dei suoi materiali. Infine abiti e accessori troppo vistosi non vendono più, la tendenza è acquistare cose più sobrie.
Dolce e Gabbana ha annunciato che per la prossima collezione primavera/estate taglierà i prezzi del 10-20%.
Il lusso ha perso molto del suo fascino perché nell’ultimo decennio è diventato troppo accessibile, dice Richard Baker, consulente capo di Premium Knowledge Group. ”Chiunque poteva andare in giro con una borsa di Gucci da 2.300 dollari, bastava comprarla con la carta di credito o, ancor meglio, affittarla da uno dei tanti centri di noleggio di lusso on line. Jimmy Choo e Yves Saint Laurent hanno aperto degli outlet. E volare in prima classe non è più un privilegio”.
Negli outlet si trovano boutique dei grandi marchi che applicano prezzi più bassi rispetto ai negozi tradizionali, con sconti anche dell’80%. l’alta moda low cost, arrivata da poco in Italia, dove sta andando molto bene in questo periodo di difficoltà economica. Il gruppo McArthur-Glenn prevede di aumentare il proprio giro d’affari italiano anche quest’anno, portandolo da 495 milioni a 570 milioni.
Nel settore della moda i prezzi di vendita possono essere caricati anche del 400%.
Il profumo più caro al mondo è l’Imperial Majesty di Clive Christian. Nel tappo ci sono cinque diamanti, sotto c’è un collare d’oro 18 carati. Si trova solo da Harrods, a Londra, e a Bergdorf Goodman, a New York. Il flacone da 300 millilitri costa 200mila euro.
’L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare” ripete spesso Giorgio Armani. Il suo gruppo ha incrementato il fatturato dell’1,5% fino a 1.620,3 milioni di euro nel 2008.
Ginza Tanaka è un gioielliere giapponese famoso per le sue ”gold edition”: fa una versione in oro di oggetti diversi. A dicembre proponeva un albero di Natale in oro e diamanti, prezzo: 1 milione di euro. Adesso propone il suo boccale da birra in oro massiccio a 24 carati, prezzo: 50mila dollari. Risulta che non abbia ancora venduto né l’albero né il bicchiere.
Gli uomini non stanno comprando più nemmeno gli orologi. Armando Branchini, di Altagamma, spiega che ”anche i maschi più abbienti in una fase di crisi generale dell’economia hanno un atteggiamento più razionale. Rimandano senza problemi gli acquisti, anche di un anno”.
Anche i New York Yankees sono stati costretti a dimezzare il prezzo dei loro biglietti più costosi, quelli da 2.500 dollari a partita.
E pure le donne si trattano meno bene di una volta. Niente servizi Villeroy&Boch, per esempio. La celebre fabbrica di porcellane tedesca ha subito un crollo delle vendite del 20% nei primi due mesi del 2009. Per sopravvivere licenzierà 900 dipendenti su 9.000.
Nel 2008 le porcellane Villeroy&Boch erano in omaggio con i punti all’Esselunga. British Airways ha chiesto a Airbus e Boeing di prepararle aerei senza prima classe. Qantas e Luthansa hanno tagliato i posti in prima per fare più spazio in economy. Una poltrona First Class occupa lo stesso spazio di sette posti in economy.
Per i gioielli la crisi è nera. Per la prima volta in dieci anni, Bulgari ha chiuso i conti in rosso. Nel primo trimestre del 2009 la storica azienda di gioielleria ha accusato una perdita netta di 29,3 milioni Il fatturato è crollato del 23,1%.
Tra le auto di lusso alcune vanno veramente male. Come la Bentley, che nei primi tre mesi del 2009 è riuscita a piazzare solo 1.019 auto, il 55% in meno rispetto a un anno fa. Crollano le vendite anche di Maserati (115 auto, -40%) e Lamborghini (404 auto, -37%). Le Ferrari hanno resistito (441 auto, -3%), mentre è riuscita ad aumentare le vendite la Bugatti (+9%). Ma il +9% di Bugatti è solo una vettura in più: nei primi tre mesi del 2009 l’azienda controllata da Volkswagen ha venduto 12 macchine in tutto.
I prodotti a marchio Tonino Lamborghini (dai computer ai portachiavi, passando per le giacche e i telefonini) nel 2008 hanno registrato un giro d’affari da 130 milioni di euro (+40%).
Nel 2008 sono stati venduti 322 milioni di bottiglie di champagne. Il 4,8% in meno rispetto all’anno prima.
Tra gli oggetti esposti alla fiera del lusso in corso in questi giorni a Porto Cervo: lo yacht lungo 110 metri di Abramovich e bottiglie d’acqua con petali d’oro a 24 carati, che costano 2.000 euro. All’inaugurazione c’è stato un concerto di Giusy Ferreri, che ha cantato tre sole canzoni.
Anche nel lusso la Cina è il mercato da conquistare: nel 2008 valeva 6,3 miliardi di euro. La World Luxury Association dice che i marchi preferiti dai cinesi sono: Louis Vuitton, Gucci, Chanel, Versace, Dior, Prada, Giorgio Armani, Ferragamo, Fendi e Hermes.
A Deji Plaza, uno dei centri commerciali più prestigiosi di Nanjing, sia Cartier che Louis Vuitton hanno comunicato che le vendite dall’inizio del 2009 sono stabili, o addirittura registrano un incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La Cina è diventato già il primo mercato di riferimento per Hennessy., il cognac di Lvmh, e il secondo per le borsette e tutta la pelletteria di Louis Vuitton. Lamborghini prevede che entro 3 o 5 anni la Cina supererà l’Italia come quota di mercato per le sue auto, piazzandosi al secondo posto dopo gli Stati Uniti. Ma la casa bolognese, controllata Volkswagen, incontra più difficoltà del previsto: i milionari cinesi preferiscono le grandi limousine con l’autista alle auto sportive.
Tanti gruppi del lusso hanno qualche problema nel lavorare in Cina. Lo champagne Taittinger non vende, e se lo spiega dicendo che i cinesi non sono ancora pronti per apprezzarlo. I gioielli Van Cleef & Arpels (di Richemont) spiegano di non essere in grado di far entrare il loro marchio nel mercato cinese. Gli orologiai Parmigiani Fleurier non trovano un partner all’altezza.
La Borsa crede che il lusso sia attrezzato per una rapida ripresa. Burberry dall’inizio dell’anno ha guadagnato il 101%, Guess il 78%, Tod’s il 33%. Non è andata bene a tutti, però: Bulgari -10%, Hermes -4%, Antichi Pellettieri -57%.