Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  giugno 20 Sabato calendario

LA FAO: UN MILIARDO DI AFFAMATI

Oltre un miliardo di affamati. Tra le ricadute della recessione globale c’è anche questa: il numero delle persone in stato di sottonutrizione aumenterà quest’anno a livelli mai sperimentati nella storia dell’umanità. In pratica, un individuo su sei non riuscirà a procurarsi una razione di cibo sufficiente alle proprie necessità.
La stima è della Food and Agriculture Organization (Fao), che denuncia una grave accelerazione nell’aumento degli affamati: una «silenziosa crisi alimentare », nelle parole del direttore della Fao Jacques Diouf, che «non può lasciarci indifferenti». Anche perché «costituisce un serio rischio per la pace e la sicurezza nel mondo».
I passi avanti compiuti negli anni 80 e nella prima metà degli anni 90, quando la battaglia contro la fame nel mondo registrava piccoli, ma costanti progressi, sono stati ormai del tutto cancellati. La diffusione della fame cronica – che era tornata a crescere già nel 1995-97 e poi nel 2004-06 ”salirà quest’anno dell’11%, raggiungendo 1,02 miliardi di persone in ogni angolo del pianeta. Persino nei paesi sviluppati, dove la Fao stima che a soffrirne saranno 15 milioni di individui, il 15,4% in più rispetto all’anno scorso.
In termini assoluti il maggior numero di denutriti, ben 642 milioni, vive – o meglio, sopravvive – in Asia e nell’area del Pacifico. A portare il fardello più pesanteè però, come sempre, l’Africa subsahariana, dove la fame colpisce il 32% della popolazione, per un totale di 265 milioni di persone. Numeri più ridotti, ma in allarmante crescita, si registrano nel Vicino Oriente e in Nord Africa (+13,5% a quota 42 milioni), nonché in America Latina e nei Caraibi, dove la fame diminuiva da decenni, mentre quest’anno è previsto che colpirà il 12,8% di persone in più, per un totale di 53 milioni.
L’obiettivo fissato dal primo World Food Summit, nel 1996, di dimezzare il numero di affamati entro il 2015, portandolo a non più di 420 milioni di persone, ormai è certo, non verrà raggiunto, avverte la Fao. E questo non perché vi siano carenze di cibo. Tutt’altro: a livello globale per il 2009 è atteso un raccolto di cereali molto vicino al record assoluto della scorsa stagione, ossia 2,287 miliardi di tonnellate.
Sono le possibilità di accesso al cibo che, per i più poveri, si stanno riducendo a vista d’occhio. E questo per colpa dell’attuale crisi economica, la prima nella storia a potersi definire veramente globale. Una crisi che per di più è arrivata a ridosso di un periodo di eccezionali rialzi di prezzo delle materie prime. Sui mercati internazionali le quotazioni dei prodotti agricoli sono scese rispetto ai picchi raggiunti l’anno scorso. Tuttavia, osserva la Fao, i livelli restano storicamente elevati. A fine 2008 i generialimentari di base’ che nei monitoraggi della Fao comprendono cereali, carne, latticini, zucchero e olio – restavano più cari del 24% rispetto al 2006 e del 33% rispetto al 2005. Questo a livello mondiale. Perché nei paesi in via di sviluppo la discesa dei prezzi è stata in molti casi ancora più lenta.
In generale, nelle economie più fragili i poveri stanno risentendo in modo amplificato gli effetti di una crisi che non ha risparmiato nessun paese. La Banca mondiale prevede ad esempio che le rimesse dei lavoratori emigrati – che per alcuni paesi in via di sviluppo rappresentano il 6% del Pil – quest’anno caleranno del 5-8 per cento. Sempre nei paesi in via di sviluppo, secondo il Fondo monetario internazionale, gli investimenti stranieri diretti rischiano di contrarsi di un terzo. Il commercio mondiale sta subendo una contrazione, così come i prezzi all’export di molti dei prodotti su cui si basa la sussistenza dei paesi più poveri.
Nel mondo sviluppato, la recessione ha indotto molti governi a ridurre le spese per gli aiuti umanitari: per l’Fmi quest’anno ne arriveranno non più di tre quarti, rispetto al 2008. Anche la beneficenza dei privati, imprese o singoli cittadini – c’è da scommetterci ”diminuirà vistosamente. E con il recente sconquasso dei mercati finanziari, ottenere prestiti è diventato difficile. A maggior ragione in quelle aree del mondo in cui il "rischio paese" era già elevato negli anni scorsi.