Marco Alfieri, ཿIl Sole-24 Ore 20/6/2009;, 20 giugno 2009
MIRAGGIO ALIQUOTA AL 25% GRAZIE AL «LODO AZZORRE»
una specie di "strafexpedition" alla rovescia, cent’anni dopo. Non più militare ma economica. Buono per le imprese che sconfinano, trovando migliori condizioni per fare business. Pessimo per il Triveneto che subisce la moria e l’accerchiamento dei piccoli paesi a corona. Soprattutto Austria e Slovenia, che da tempo hanno lanciato politiche fiscali aggressive per attirare in casa imprese nordestine.
Ma è da qualche mese che la concorrenza morde di più. Con la crisi attrarre investimenti e produzioni è ancor più decisivo per ammortizzare lo sboom. Il pacchetto austriaco, messo a punto e sponsorizzato su e giù per il Triveneto dall’Austrian Business agency, fissa al 25% la tassazione degli utili in Carinzia, offrendo contributi per investimenti che possono arrivare al 60% per ricerca e sviluppo e prezzi dei terreni industriali compresi tra 25 e 50 euro al mq. In Slovenia, invece, per chi investe realizzando impresee creando posti di lavoro, il tax rate scende al 21% (al 20% dal 2010). In più viene offerto un credito d’imposta sul 20% degli investimenti sul know how, rispetto ad un’aliquota del 31,4% in Italia (27,5% Ires, 3,9 Irap) che sale al 50% e più sommando tutti gli oneri.
Un’incentivazione aggressiva sul corporate tax che a fine 2008 aveva già attirato in Austria quasi mille aziende, senza contare quelle che si occupano di trading. C’è la Danieli, leader nei sistemi per l’automazione,che ha aperto vicino a Klagenfurt. La Costan di Limana (Belluno), che fa frigoriferi industriali. La Fbs (bagni prefabbricati). O la Pcs (software per aziende ospedaliere).
In Slovenia sono un po’ meno, circa 600. Ma continuano a crescere, dalle ultime stime dell’Ice di Lubiana. Dal gruppo Bonazzi alla Carrera Optyl, da AcegasAps alla Bat ( che ha creato Eurofinance), dalla Technical (stampaggio metalli) alla Gbr (rivestimenti per automobili) fino alla friulana Fantoni.
Insomma una secessione sottopelle di risorse, ricchezza e competenze, ben oltre la leva fiscale. «Conta anche il contesto ammini-strativo, che in Austria è davvero eccellente», confermano in Danieli. «Quando abbiamo aperto noi, sono bastati nove mesi per identificare l’area, ottenere i permessi e trovare il personale, pagando il terreno il 30% in meno rispetto all’Italia e beneficiando di contributi a fondo perduto per l’insediamento». Il punto vero, spiega Franco Manzato, vicepresidente della Regione Veneto, «è che l’Italia non è strutturalmente competitiva sulfisco d’impresa». Negli altri grandi paesi competitor, manovrando sul calcolo della base imponibile, «le macroaree più sviluppate incentivano già in modo differenziato investimenti e insediamenti industriali, abbattendo, è il caso della Baviera, fino a 10 punti di pressione tributaria sulle imprese».
In principio, fu una sentenza della Corte di Giustizia europea sulle Azzorre, settembre 2006. In mancanza di capitali e imprese, le isole portoghesi avevano chiesto di poter avviare politiche di fiscalità competitiva per attirare investimenti. La Corte ha però bocciato la richiesta, motivandola con il fatto che la regione era priva di autonomia finanziaria. Il che significa, rovesciando l’assunto, che se una regione invece la possiede, usare la leva fiscale a geometria variabile è permesso.
Una logica recepita anche nel Ddl sul federalismo fiscale approvato dal Parlamento italiano e che aspetta nel prossimo biennio i decreti attuativi. Nel dispositivo, almeno potenzialmente, è riconosciuta l’autonomia impositiva alle regioni italiane, passando in sostanza dal meccanismo della compartecipazione Stato-Regione al principio della potestà fiscale regionale. Che è la cornice, sulla carta, dentro cui far decollare la fiscalità di vantaggio per le imprese. Oggi, invece, l’80% del bilancio di una regione come il Veneto è fatto di trasferimenti statali vincolati (soprattutto per la sanità che fa circa il 70% del budget). In potenza, il nuovo Ddl permette che le materie non legate al costo standard/spesa storica possano essere coperte da fiscalità propria a costo zero per lo stato, e questo permette alle regioni di fare politica economica espansiva. «Ad esempio abbattendo di 10 punti la pressione sulle imprese, in linea con quel che già avviene nelle altre macroaree più sviluppate», prosegue Manzato.
In fondo è questo il nuovo europeismo, esaurita la fase eroica del funzionalismo comunitario: l’aggregazione per macroregioni. Dove i motori d’Europa, dalla Baviera alla Ruhr, dai Paesi Bassi alla Catalonia, dalla Francia centrale alla Padania, etimologicamente intesa secondo la definizione della Fondazione Agnelli, si riorganizzano superando di slancio i vincoli della vecchia statualità nazionale e il principio delle aree competitive omogenee.
«Altrimenti è difficile competere con chi fa le tue stesse cose a venti chilometri di distanza potendo sfruttare una leva fiscale più conveniente», spiegano dall’associazione industriali di Trieste. Se un goriziano apre una piccola o media impresa a Nova Gorica, il sostegno pubblico assicurato dallo stato sloveno può arrivare sino al 70% del costo dell’investimento. In queste condizioni, e con l’eliminazione definitiva delle sbarre di confine tra Italia e Slovenia, basta attraversare la strada per pagare meno tasse.