Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 20/6/2009, 20 giugno 2009
«Noi», un romanzo oltre la politica - Noi. Si intitola così il nuovo romanzo di Walter Veltroni
«Noi», un romanzo oltre la politica - Noi. Si intitola così il nuovo romanzo di Walter Veltroni. Un libro lungo – fra le 350 e le 450 pagine ”, ma scritto di getto, nei mesi seguiti alle dimissioni dalla segreteria del Partito democratico. «Ero nelle condizioni ideali per scrivere, e non solo perché finalmente avevo il tempo e il respiro necessari’ confida Veltroni ”. Era il mio stato d’animo, a metà tra la malinconia e la serenità, a darmi la cifra psicologica giusta. Per questo penso che questo romanzo sia la cosa più bella che abbia mai scritto in vita mia». Come ogni libro di Veltroni, è destinato a suscitare molte lodi e qualche ironia. Anche Noi, come i precedenti Senza Patricio (70 mila copie) e La scoperta dell’alba (300 mila, tradotto in sette lingue), uscirà – da Rizzoli – in una data inconsueta, a fine agosto. La trama è ancora segreta, ma qualche anticipazione filtra. Il romanzo sarà scandito in quattro capitoli, ambientati in quattro anni diversi. Ognuno ha per protagonista un bambino, o meglio un ragazzino tra gli undici e i sedici anni. Il primo capitolo è ambientato nel 1943: il bombardamento di San Lorenzo, il 25 luglio, l’8 settembre, la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma. Il secondo, nel 1963: l’anno del primo centrosinistra, della morte di papa Giovanni, dell’assassinio di John Kennedy. Il terzo, nel 1980: strage di Bologna, Ustica, l’assassino di Walter Tobagi, lo scandalo del calcioscommesse, la marcia dei quarantamila a Torino, il terremoto dell’Irpinia, l’elezione di Reagan e la morte di Lennon. Il quarto, nel futuro, e precisamente nel 2025. Lui lo spiega così: «Ho scelto un futuro prossimo, non da fantascienza. Né il 1984 orwelliano, né il 1997 «Fuga da New York». Non il futuro catastrofista pensato talora a sinistra, ma neppure quello asettico caro a un pensiero acritico, per cui le cose non hanno significato in sé, basta che accadano. Ho cercato di immaginare come sarà l’Italia tra sedici anni». Migliore? «Non lo so. Questo dipende dall’interpretazione del lettore». «La storia fa da scenario. la storia a influenzare le vite dei protagonisti, non il contrario. Noi non è un romanzo politico, non in senso stretto. Ma per me ha un forte significato etico – racconta Veltroni ”. Ci sono i miei valori, le mie emozioni. E tanti personaggi, ognuno con i suoi dubbi, la sua storia. Scriverlo è stata un’esperienza molto bella. Ora che l’ho finito, è come se mi mancasse». Nel 1943 Veltroni non era ancora nato, ma l’anno segna anche la vicenda della sua famiglia: il nonno materno, «un uomo grande e forte, tanto che dicevano potesse spezzare un elenco telefonico con le mani», viene arrestato dai nazisti e portato in via Tasso: morirà più tardi per le conseguenze delle torture. La delazione era venuta dalla pasticceria sotto casa, che Jovanka, la madre di Veltroni, gli impedirà di frequentare «perché quei signori lì hanno tradito il nonno». Nel 1963, Veltroni aveva otto anni. «Ma il bambino del secondo capitolo non sono io. Non necessariamente. C’è qualche elemento autobiografico, sparso qua e là». Berlusconi c’è ancora nel 2025? «Nel mio nuovo romanzo, il presente non c’è. Ho scelto così, sia per evitare il sospetto che volessi parlare furbescamente del nostro tempo, sia perché il nostro tempo non mi piace. un tempo che dura appena ventiquattr’ore. La politica è concentrata sulle dichiarazioni di un giorno per l’altro. La società è bulimica e nevrotica, brucia tutto così in fretta che il mese scorso ci pare lontano mille miliardi di anni». Il titolo, spiega Veltroni, indica la necessità di «ricostruire il senso di una missione collettiva. La vita non è mai una questione individuale: senza gli altri, senza le dimensione comunitaria, qualsiasi esistenza si sfarina. Insieme all’io, ci siamo noi. Così come dobbiamo ricostruire il senso della memoria. Per questo ho scritto un romanzo sulla grande storia nazionale, sull’identità di un Paese addolorato, sfortunato, e però straordinario, che vorrei ritrovare». Da qui, l’idea di «saltare il presente e gettare uno sguardo sul futuro. Perché tra il terzo e il quarto capitolo passano quasi cinquant’anni. Certo, c’è qualcosa e qualcuno che lega tra loro i quattro ragazzini, le quattro epoche storiche, le quattro Italie. Ma lo scoprirete solo leggendo il libro…».