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 2009  giugno 20 Sabato calendario

LA CRISE DELLA CONFESSIONE PER IL FOGLIO


«I preti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i confessionali, né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli verso il sacramento. Non è il peccatore che ritorna a Dio per il perdono, ma è Dio che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a lui» (dalla lettera inviata da Benedetto XVI ai preti di tutto il mondo in occasione dell’apertura dell’Anno sacerdotale). [1] (Andrea Tornielli, Il Giornale 19/6)

Il vescovo Gianfranco Girotti, prelato reggente della Penitenzieria apostolica, ha reso noti i dati sulla pratica della confessione: l’8-10% dei fedeli si confessa una volta al mese, il 2% più di una volta, il 50-60% una volta all’anno, il 30% non lo fa mai. Enzo Redolfi, padre del convento cappuccino di Santa Caterina a Rovereto: «Da me arrivano solo gli anziani e per loro la confessione non è cambiata. Fanno l’elenco dei loro piccoli peccati – si capisce che si sono preparati – aspettano la piccola penitenza e se ne vanno con l’anima più leggera. Purtroppo i giovani non vengono quasi mai. Quelli sotto i quarant’anni sono mosche bianche». [2] (Jenner Meletti, la Repubblica 19/6)

«’Mi confessavo quando ero ragazzino. Da piccolo certamente lo facevo con una certa regolarità, come facevamo un po’ tutti quanti in ambiente cattolico”. Questo significa che da grande non lo fa più? ”Lasciamo perdere”. un no? ”Diciamo che ognuno si deve fare i fatti suoi su questo”» (Giulio Andreotti intervistato da Giacomo Galeazzi). [3]

Secondo Pierpaolo Donati, membro della Pontificia Accademia di Scienze sociali, l’abbandono del confessionale è dovuto alla scomparsa del senso del peccato, «soprattutto in quella che viene ritenuta la sfera privata che riguarda affetti, erotismo, sesso. Soprattutto i giovani pensano sia più grave non pagare le tasse, parcheggiare male, guidare ubriachi... insomma fare cose che possano danneggiare gli altri». [2] (Jenner Meletti, la Repubblica 19/6)

Il secondo aspetto che ha allontanato i fedeli dal sacramento è il venir meno della necessità della mediazione della Chiesa. Monsignor Girotti: «Tra la gente si sta insinuando un nuovo modo di concepire il peccato che porta a momenti di autoassoluzione con presunte forme di dialogo diretto con Dio, ”scorciatoie” mistiche che non fanno bene a nessuno. Circa il 34% dei fedeli ragiona così. Per loro la mediazione sacerdotale non serve più». [4] (Orazio La Rocca, la Repubblica 19/6).

«Perdita del senso del peccato e assenza di mediazione sono tipici del mondo protestante e investono da anni il mondo cattolico. Ma l’esperienza protestante ha portato conseguenze pesanti. In Scandinavia, poi in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi il rifiuto della mediazione del sacerdote nella relazione con il soprannaturale ha portato all’isolamenti dell’individuo e a un senso di solitudine. e l’abbandono della confessione ha preceduto l’abbandono della pratica religiosa» [2] (Jenner Meletti).

Il Papa ritiene che la fuga dei fedeli dipenda anche da una inadeguatezza dei sacerdoti, «per questo ha indicato come modello il santo curato d’Ars Giovanni Vianney, capace di trascorrere in confessionale 16 ore al giorno» [3] (Giacomo Galeazzi). Il professor Garelli: «La confessione è stata colpita al cuore da chi, per decenni, l’ha trasformata in un ardito racconto di peccati. L’uomo che si inginocchia in un confessionale avrebbe bisogno invece di un sacerdote preparato e capace di capire il mondo di oggi» [2] (Jenner Meletti).

Il problema è anche che spesso, dentro il confessionale, si crea confusione tra anima e psiche. Pierpaolo Donati: «Gli psichiatri fanno il loro mestiere, i sacerdoti hanno un’altra missione. Aiutano gli uomini a riconciliarsi con Dio e in questo cammino la confessione è uno strumento fondamentale. La persona che si confessa scarica pesi interiori, cerca un rapporto con il sacerdorte. Non è più una monade isolata». [2] (Jenner Meletti)
A febbraio il Vaticano aveva condotto uno studio basato sulle confessioni dei fedeli e aveva scoperto che gli uomini sono più portati alle scappatelle e ai peccati di gola, le donne commettono peccati di superbia, invidia e ira. Secondo Wojciech Giertych, teologo della Casa Pontificia che ha redatto la ricerca, il miglior modo per aver conferma di questi dati è osservare il comportamento dei frati e delle suore nei conventi: «Le suore spesso vivono invidiandosi per piccole cose, ma al suono del campanello tutte vanno in cappella per cantare i vespri. I frati, invece, spesso non si interessano gli uni agli altri e dunque non sono gelosi, ma quando il campanello suona, in pochi partecipano alla preghiera comune». (Francesco Tortora, Corriere della Sera 20/2).
Il cardinale Carlo Maria Martini colloquiando con Eugenio Scalfari: «L’esercizio della Confessione è diventato quasi meccanico: si confessa qualche peccato, si ottiene il perdono, si recita qualche preghiera e tutto finisce così. Nel nulla o poco più. Bisogna ridare alla confessione una sostanza che sia sacramentale, un percorso di pentimento e un programma di vita, un confronto costante con il proprio confessore. Insomma una direzione spirituale» [6] (la Repubblica 18/6).

Note: [1] Andrea Tornielli, Il Giornale 19/6; [2] Jenner Meletti, la Rwpubblica 19/6; [3] Giacomno Galeazzi, La Stampa19/6; [4] Orazio La Rocca, la Repubblica 19/6; [5] Francesco Tortora, Corriere della Sera 20/2; [6] la Repubblica 18/6.