Giancarlo Lehner , Libero 18/06/2009, 18 giugno 2009
IL DIFETTO DI ROMEO: TROPPO AVANTI PER I PM
Il carrozzone della malagiustizia ci costa troppo. Il governo si faccia un nodo al fazzoletto, consapevole del fatto che può fare pure i miracoli, ma fino a quando non taglierà il bubbone giudiziario, non ci sarà vero progresso.
I giudici italiani, nei casi migliori, sono anacronistici, lenti, boriosi e così pregni di faziosità corporativa da garantire l’impunità, attraverso il Csm, al Gup che, avendo ritardato di 15 mesi le motivazioni, riuscì nella bella impresa di far scarcerare 21 boss mafiosi. Cu fu? Niente, benché il danno arrecato alla comunità non sarebbe equamente risarcito neppure da sanzioni miliardarie e da ergastoli.
Magistrati fuori dal mondo son quelli che hanno chiesto dieci anni di galera, confisca di tutte le aziende e dei beni personali di Alfredo Romeo, il più moderno, efficiente, capace imprenditore meridionale, tanto d’aver creato un’impresa leader sul piano europeo nel settore del property e del facility management.
Property e facility non sono robe che si mangiano nei palazzi di Giustizia, fermi al carretto tirato dal ciuccio.
Fenomeno meridionale
Del resto, uno dei nodi della questione meridionale è il fenomeno abnorme del gran numero di togati provenienti dal Sud.
Il Gruppo Romeo è troppo all’avanguardia per i pm partenopei.
Possono testimoniarlo gli amministratori giudiziari, i quali non hanno trovato la solita impresa, assistita ed indebitata, bensì un’azienda-modello, attiva, a posto con i conti, col fisco, con le banche, talmente ben gestita e sana da poter continuare ad assumere - non in via clientelare o familistica, bensì con parametri statunitensi, mentre tutt’intorno la disoccupazione impera.
Perché, dunque, richieste tanto esagerate, pur con un impianto probatorio marcato solo da conati ermeneutici, glosse, chiose, deduzioni ed induzioni?
Possibile che l’ovvia attività promozionale e lobbistica lecita in tutti i Paesi civili, dai nostri pm sia letta come prassi criminale?
Con chi mai dovrebbe rapportarsi, chi si occupa soprattutto di valorizzazione e razionalizzazione di patrimoni immobiliari pubblici, se non con la P.A.?
Tuttavia, in Procura incombe la Sociologia come alternativa al Diritto. I pm, fermi al mondo feudale, costruiscono sintagmi agresti, «cavallette d’allevamento», per dimostrare il teorema: non sarebbe più la politica, bensì l’imprenditoria a comandare. I «politici» sarebbero decaduti, perciò, a «cavallette» imboccate ed imbeccate dalla Romeo-Spectre tesa nientemeno che a divorare Napoli.
L’ombra di Silvio
Dietro lo scenario horror si staglia naturalmente l’ombra di Berlusconi, l’emblema stesso, secondo il succitato schemino sociologistico, della politica decaduta a fantesca.
Del resto, la cifra ideologica s’è ben decantata, quando i pm in aula hanno scoccato il dardo politicistico-corporativo: «Con la nuova legge sulle intercettazioni un’indagine come questa non si sarebbe potuta fare».
La colpevolezza dell’imprenditore diventa così il tassello indispensabile per completare il mosaico raffigurante il potere di tipo nuovo.
Cosa avrebbe commesso Romeo? La turbativa d’asta (art. 353 c.p.) può configurarsi se l’asta non s’è mai effettuata? La Cassazione lo nega, ma i pm s’incaponiscono sulla turbativa virtuale.
L’associazione tesa, appunto, a turbare l’asta che non ci fu, peraltro con parecchi membri che non si conoscono fra di loro, ecco l’altro crimine surreale contestato a colui che ebbe il coraggio di portare il Nord al Sud.
contro le Coop rosse
Romeo non ha versato denaro a nessun amministratore, e, conscio della superiorità delle sue aziende, la più fitta attività promozionale è consistita nel richiedere con forza alla P.A. gare d’appalto corrette e trasparenti.
Certo, il suo Gruppo era troppo avanzato, per non togliere appalti alle cooperative rosse.
La logica di mercato non appare colpa sufficiente, però, per un’azione giudiziaria, che sembra mirata a distruggere Alfredo Romeo, con tutti i suoi 18 mila impiegati.
Tutto il processo, non stando in piedi, finirà in nulla, ma il rischio è che lasci, comunque, dietro di sé vittime e macerie.
Che dire? La norma sulle intercettazioni è una buona legge: una prova è che, vigendo, una simile indagine orfana di prove «non si sarebbe potuta fare».