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 2009  giugno 18 Giovedì calendario

FENOMENOLOGIA DELL’ANTIPATICO "DOTTOR" CRUCIANI


Da uno dei tanti blog che s’occupano di lui, per demolirlo o incensarlo. In questo caso incensarlo. Sentite: «Sembra costantemente scazzato, sospira, lo immagini fremere nella sua postazione, senti la sua concentrazione tesa, a volte frustrata, uscire palpabile dalle casse. Non nasconde mai i suoi pensieri, li senti prima ancora che li comunichi, dal respiro che scalpita mentre l’ascoltatore ancora parla. una cosa che non si può spiegare bene, lo devi sentire. Imparerai a distinguere i suoni, potrai dire "Ecco, mo’ s’incazza!". Cruciani è uno dei miei miti proprio per questo».
Il Cruciani in questione è Giuseppe, classe 1966, giornalista, romano trapiantato a Milano, dove oggi lavora per Radio 24, pilotando ogni tardo pomeriggio una trasmissione che si chiama La Zanzara. Fino a qualche settimana fa era solo una voce, per quanto maschia, limpida, pungente e comunicativa, «la più bella insieme a quella di Marco Baldini e Alessio Bertallot», assicura una sua fan in rete. Dai primi di giugno, grazie a La 7 che l’ha ingaggiato per realizzare e condurre Complotti, serie su casi di cronaca controversi, è anche un volto. Diciamo il Vincent Gallo del giornalismo italiano: capelli scomposti sulla fronte, sguardo tagliente, un po’ maledetto, mascelle ossute, un filo di barba, fisico asciutto da sciupafemmine (finì anche in aria gossip per un bacio con la signora Jovanotti). Predilige giacche scure con revers sottili, pantaloni a vita mediamente bassa, maglioncini a collo alto che a volte sgusciano fuori dalla camicia bianca. Piace e fa imbestialire nella stessa misura: è bravo ma scontroso, informato ma sbrigativo, democratico ma impaziente. Lo mandano in bestia i luoghi comuni, meglio se di sinistra: infatti sfotte - a ragione - Lidia Ravera che, all’indomani delle elezioni del 6-7 giugno, se la prende con gli italiani «manipolabili» che votano Berlusconi. un "terzista" rock, ha scritto per il Foglio e l’Indipendente dopo essersi fatto le ossa a Radio Radicale. Di sicuro possiede senso del ritmo, quando l’ascoltatore al telefono scivola nel comizietto lo blocca con un «Non capisco dove voglia arrivare» e toglie la linea; del Cav, che probabilmente non vota anche se gli danno del berlusconiano, dice quasi allargando le braccia: «Che volete, l’uomo è fatto così…».
Nell’ottobre 2008, ricevendo un premio di giornalismo a Saint-Vincent dalla stuzzicante Kay Rush, spiegò: «Sono un irregolare nella radio, perché uso un linguaggio un po’ sporco, un po’ ruvido. Cerco di superare il piccolo tabù secondo cui il conduttore deve essere un moderatore, sopra le parti. Io, invece, dico un po’ quello che mi pare». In effetti è così. A suo modo è un giacobino, gli piace andare controcorrente, spiazzare le attese. Infatti, facendo arrabbiare non poco verdi e ambientalisti, ha licenziato da poco un libro-reportage che si intitola Questo ponte s’ha da fare. Il ponte di Messina, s’intende. I suoi denigratori l’accusano di contraddirsi volentieri, a seconda dell’umore. Dipende. Uno, nel blog L’anti Zanzara che raccoglie commenti su tutte le puntate, gli rimprovera di aver espresso il 10 giugno il seguente giudizio su Gheddafi: «Facciamo affari, accordi economici e politici, non si capisce perché non lo si possa far parlare al Senato, non facciamo gli ipocriti»; e l’11 quest’altro: «Forse era meglio che la visita del raìs fosse stata organizzata in modo un po’ più sobrio…».
In realtà "il dottor Cruciani", come viene appellato con rispetto da molti ascoltatori di Radio 24, ha interiorizzato ed estremizzato la lezione del suo ex direttore Giancarlo Santalmassi, altro giornalista che divide, suscita antipatie, non liscia il pelo di chi telefona, tende a smarcarsi dal pensiero mainstream. Per questo, comunque la si pensi in politica, sbaglia chi gli dice «servo della Confindustria», «idiota volontario», «cerchiobottista a manetta», «giornalista immondizia», «radical chic», e via insultando. Cruciani, più di Belpietro, gode a fare "l’antipatico" che sfotte il politicamente corretto di taglio progressista, la demagogia partigiana, l’affondo prevedibile. Giocando di astuzia e di battute, spesso dà il meglio di sé quando trova la spalla giusta, ad esempio Luca Telese del Giornale, nel commentare i fatti del giorno.
Diverso il Cruciani televisivo su La 7, un mix di Gianni Minoli e Carlo Massarini: palme delle mani di taglio a sottolineare un concetto, pronuncia corretta senza inflessioni, agilità da ballerino nel seguire le telecamere. L’altra sera, nella terza delle otto puntate in calendario, il suo Complotti s’occupava delle morti "sospette" di Litvinenko e Arafat. Teorizza: «Io sono l’anti-dietrologo per eccellenza, il mio compito consiste nell’introdurre i documentari e le interviste, presentare le storie e le controstorie senza strizzare l’occhio al complotto, perché il rischio, quando fai un programma del genere, è pensare che ci sia dietro per forza un mistero». Meglio, insomma, a costo di smentire l’assunto del titolo, «insinuare dubbi, smontando le verità ufficiali, ma anche le tesi di complotto, quando non reggono».
Dimenticavo: passa anche per «egocentrico» e «autocentrato». In compenso, sta per essere promosso «idolo».