Carlo Grande, La stampa 16/06/2009, 16 giugno 2009
RAZZO IN SVIZZERA E LUMACA IN ITALIA ECCO IL MAXI-TUNNEL
Ferrovie, governo e Regione Lombardia non rispettano il calendario dei lavori
Due metri di roccia, pochi metri cubi di montagna che cadono e dopo due anni di lavoro la più lunga galleria ferroviaria del mondo vedrà la luce: accade oggi tra Amsteg e Erstfeld, in Svizzera, dove viene abbattuto l’ultimo diaframma del tunnel di base del Gottardo, lungo 57 chilometri (il Fréjus ne misura quasi 13, il tunnel del Bianco 11.6). La linea dovrebbe entrare in funzione nel 2016, il 90 per cento della galleria è ormai scavata, i minatori dei due versanti possono stringersi la mano e l’enorme fresatrice Gabi, almeno per oggi, forse potrà riposare.
Molto resta da fare, in Italia: la scelta delle Ferrovie svizzere, da anni, è stata netta, favorire il trasporto su rotaia e limitare quello su gomma è un verbo entrato anche nella Costituzione, si è votato con un referendum e oggi i rappresentanti dell’Ufficio federale dei trasporti (Uft) possono dire con orgoglio che si sta lavorando davvero per «proteggere la natura alpina, il paesaggio e gli abitanti con un sistema di trasporti sostenibili, cioè ecologici (che tutelino la gente dall’inquinamento e dal rumore), e anche economici, alla portata di tutti».
Regalo «inutile»
E’ un grande «regalo» all’Italia, ma per il momento – è questo il paradosso – il nostro Paese non sa ancora che farsene di una linea così: i super-treni svizzeri, una volta giunti oltre confine, non potranno certo andare con la stessa velocità: «Hic sunt leones – dice dice Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia ed ex presidente della Cipra, l’associazione ambientalista che difende le Alpi -. Le merci dovranno essere caricate su Tir e trasportate verso Sud, con inquinamento, spese e conseguente rischio di incidenti sulle già ipertrafficate strade italiane: per ora è certo che si vogliano raddoppiare i binari della Milano-Chiasso (anche se i tempi e i soldi sono incogniti), ma governo, Ferrovie dello Stato e Regione Lombardia sono in ritardo».
Evidentemente i nostri politici non considerano una priorità far proseguire le merci ad alta velocità, migliorando le nostre ferrovie sulla scorta dell’esempio virtuoso svizzero; la galleria elvetica sbuca a Bodio nella Valle del Ticino, poco sopra Bellinzona, poi il tracciato prosegue a cielo aperto, a valle di Bellinzona: una parte dei treni merci dovrebbe essere deviata verso Luino, mentre il grosso dovrebbe proseguire in direzione Milano, imboccando un secondo tunnel di base (il tunnel del Ceneri, un altro «scherzetto» da 15 km) che ha sbocco poco sopra Lugano. Dopo Lugano, l’«imbuto».
I treni passeggeri elvetici, ad esempio, viaggeranno fra i 200 e i 250 chilometri orari, anche Italia e Germania si avvicineranno (due ore e 40 minuti di treno in meno) e le strade svizzere vedranno sempre meno Tir: qui avrebbero voluto dimezzare il traffico già nel 2009 - «Non ce l’abbiamo fatta», dicono - ma hanno solo rinviato e le misure drastiche proseguiranno: il super-tunnel è una di queste, poi ci sono tasse sui carburanti e sul trasporto pesante, e disincentivi al traffico su gomma assortiti: una «borsa dei transiti», ad esempio, meccanismo intelligente che limita il numero di transiti stradali transalpini fino a una soglia di tollerabilità, fissata per legge. Il governo mette all’asta permessi di transito fino al raggiungimento della soglia, chiunque se li può aggiudicare pagandoli a prezzo di mercato, ma chi «consuma» molti permessi avrà bisogno di pagarli a prezzi crescenti, mentre chi è virtuoso (cioè utilizza il treno per il trasporto merci) potrà tenerseli e venderli quando i prezzi saranno per lui interessanti.
Paradossalmente, la più grande opera italiana la stanno dunque facendo gli svizzeri: non è questione di glorificare un buco sotto la montagna – si sa che comunque il trasporto delle merci non potrà aumentare all’infinito, se i biscotti danesi arrivano a Palermo e le paste di mandorla salgono a Nord «si fa prima a scambiarsi le ricette», come dice Beppe Grillo - ma di fare in modo, dove è possibile di realizzare una mobilità rispettosa dell’ambiente. Qui hanno dialogato con le popolazioni, hanno scelto i progetti più economici ed ecologici, hanno investito enormi risorse, sborsandole di tasca propria, mica chiedendole all’Europa.
Infinite polemiche
Un esempio anche per noi, dove invece, per citare un altro caso, l’alta velocità del Nord-Est suscita infinite polemiche: a Trieste, nodo del Corridoio europeo numero cinque tra Lisbona e Kiev, c’è allarme. Il progetto ferroviario dopo un anno di misteri è uscito dai cassetti e i dettagli descrivono un «biscione», che bucherà il Carso con curve da autodromo, a filo di frontiera con la Slovenia. Una strada che il semplice buonsenso fa apparire più lunga, costosa e devastante del necessario, hanno detto in molti.
«Bisogna rivedere il sistema trasporto merci – dice Di Simine -. La rete ferroviaria italiana è un patrimonio collettivo. Occorre liberalizzare il trasporto su ferro per far sì che altri operatori operino da noi: le società-cargo, quelle che caricano i container dal treno ai camion e viceversa, sono inaffidabili, lavorano benissimo quelle svizzere, l’Hupac a Busto Arsizio e a Novara: a questo punto meglio avere francesi o tedeschi anche da noi».