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 2009  giugno 16 Martedì calendario

«VICINA LA RESA DEI CONTI CON RAFSANJANI»


Nel mirino la corruzione dei figli del mullah Irregolarità solo minime I giovani manovrati

TEHERAN. Dal nostro inviato
Due mesi fa, in un fondo su "Keyhan", Hussein Shariatmadari prevedeva la possibilità di scontri in occasione delle elezioni: forse già sapeva chi avrebbe vinto? «Certamente: Ahmadinejad ha di gran lunga i maggiori consensi, le irregolarità sono state minime, al massimo qualcuno che ha votato due volte. Ma è stata creata ad arte una situazione strumentalizzando i giovani. Nel ’99 avvenne la stessa cosa, ispirata dall’esterno. Allora intervennero i Bassiji e misero le cose a posto (cinque persone uccise nella rivolta studentesca Ndr). Questa volta abbiamo trattenuto le milizie, che mordevano il freno, lasciando fosse la polizia a intervenire. Non abbiamo nulla contro i giovani del movimento di Moussavi ma con chi li ha manovrati. E verranno puniti». Questo è l’Iran di Khamenei-Ahmadinejad, un’autocrazia islamica, tra nazionalismo e repressione, che sta affrontando le più grandi manifestazioni di massa dalla caduta dello Shah.
Quando Ahmadinejad diventò sindaco di Teheran, Shariatmadari, con un’aria per nulla compiacente, profetizzò: «Non ci fermeremo qui». Ascoltato consigliere di Khamenei, era già alla testa del giornale ufficiale di Teheran: ricorda benissimo l’intervista del 2004 che preannunciva, un anno prima, l’ascesa alla presidenza di Ahmadinejad. Protagonista dell’opposizione contro lo Shah, condannato all’ergastolo, ferito sul fronte contro l’Iraq, il direttore di "Keyhan" è un ponte tra la destra religiosa conservatrice e il nuovo corso, una sorta di primo ministro ombra di Khamenei: esprime la linea ufficiale della guida suprema e sa cosa farà domani il governo.
Si avvicina, secondo Shariatmadari, la resa dei conti per Rafsanjani, padrino di un Iran amico dei grandi business e dell’Occidente, presidente dell’assemblea degli esperti e del consiglio per il discernimento. Il mullah milionario per trent’anni è stato dietro le decisioni strategiche, il vero interlocutore degli Usa, al punto che Reagan gli fece avere in regalo una Bibbia autografata. «Ahmadinjead è stato sempre contestato da un potere economico che non lo voleva: le sue accuse non erano dirette tanto contro Rafsanjani ma nei confronti dei figli, responsabili di una grande corruzione», dice Shariatmadari indicando, con una certa perfidia, come potrebbe avvenire la giubilazione. «Il Leader sosterrà Hashemi come emblema della rivoluzione ma i suoi figli saranno chiamati a rispondere delle accuse, insomma finiranno sotto processo». Se fosse così, messo con le spalle al muro, Hashemi potrebbe anche dimettersi, segnando la fine ufficiale della seconda repubblica islamica: la prima si esaurì con la morte di Khomeini nell’89, la seconda fu a lungo dominata dal duo Rafsanjani-Khamenei, un’accoppiata ormai logorata da troppi dissidi. Rafsanjani uscirerebbe comunque ridimensionato e il turbante nero del Seyed Khamenei resterà l’unico con un reale potere.
Quale sarà l’Iran del secondo governo Ahmadinejad? «All’interno verrà lanciata una nuova campagna per la giustizia sociale e la distribuzione della ricchezza petrolifera, un’altra contro la corruzione e una terza per diffondere il pensiero e la cultura islamica. In politica estera non saremo noi a creare tensioni ma se verrano superate le nostre linee rosse risponderemo duramente. Non ci sarà spazio per chi, come la Gran Bretagna, ci condanna politicamente e pretende di avere buoni rapporti economici. Come pure non tratteremo sul nucleare. C’è un nuovo ordine mondiale: non dobbiamo dare spiegazioni a nessuno, è iniziata l’era del "negoziato critico", in cui saremo noi a chiedere a voi il perché di certi comportamenti».
«Ma per quanto riguarda la conferenza del G-8 a Trieste – aggiunge - potete stare tranquilli: verremo, come abbiamo sempre fatto per tutte le riunioni sull’Afghanistan». Così parlò Shariatmadari, la voce della guida suprema, in una calda mattina di giugno: dalle vetrate del suo ufficio, nel cuore della capitale, si poteva osservare una Teheran stranamente semideserta, forse impaurita, e comunque sospesa nella tensione degli eventi a venire.
A. N.