Davide Colombo, Il sole 24 ore 16/06/2009, 16 giugno 2009
SALARI FERMI E MENO OCCUPATI
Per le retribuzioni la crescita più bassa dal 2000: +0,6% su base annua - L’ANALISI - Agostino Megale (Cgil): «Dal 2001 le buste paga hanno perso in media circa 2.800 euro e un punto di potere d’acquisto» - ALLARME EUROSTAT - Il calo dei lavoratori in Europa pari all’0,8% il doppio rispetto alla percentuale registrata nell’ultimo trimestre 2008
Retribuzioni di fatto al palo nei primi tre mesi dell’anno. Secondo i dati diffusi ieri dall’Istat le retribuzioni lorde per Ula (unità di lavoro equivalenti a tempo pieno), calcolate al netto degli effetti stagionali, hanno registrato nel complesso dell’industria e dei servizi un incremento, rispetto al trimestre precedente, dello 0,1 per cento. Su base annua la variazione è invece dello 0,6 per cento.
La dinamica delle retribuzioni lorde, diverse da quelle contrattuali perché comprendono anche le competenze accessorie in denaro, risulta nulla nell’industria e negativa (-0,1%) nei servizi, mentre su base tendenziale la crescita nei due comparti è dell’1,2% e dello 0,1 per cento. La rilevazione trimestrale Istat è stata effettuata sulla base di un nuovo sistema di calcolo che, tra l’altro, esclude dalle Unità di lavoro la cassa integrazione: sulla base delle serie storiche ricostruite, il rialzo congiunturale dello 0,6% segna il minimo dal 2000.
Tra i comparti industriali l’incremento tendenziale più marcato è nelle costruzioni (+2,8%), mentre all’interno del terziario, la crescita più elevata è stata registrata nel commercio al dettaglio e le riparazione di autoveicoli e motocicli (+3 per cento).
La variazione negativa maggiore (-8,5%) è invece nel settore delle attività finanziarie e assicurative, ma lo scarto, fa notare l’Istat, è dovuto al confronto con il livello particolarmente elevato del primo trimestre 2008 che rifletteva la presenza di componenti retributive occasionali (arretrati e una tantum), dovute al rinnovo del contratto. Un effetto analogo, anche se di minore portata, riguarda il settore del trasporto e magazzinaggio (-0,8 per cento). Nel trimestre la variazione congiunturale è invece negativa per gli oneri sociali (-0,1% il totale; -0,2% nell’industria; -0,1% nei servizi), mentre su base tendenziale fa segnare un un incremento dello 0,3 per cento.
Ieri i sindacati sono tornati a manifestare la loro preoccupazione per il calo del potere d’acquisto dei salari è hanno rilanciato la proposta di ridurre la pressione fiscale sulle retribuzioni; le divisioni restano tuttavia sul nuovo modello contrattuale con il quale quest’anno si andrà al rinnovo del contratto di circa 3,5 milioni di dipendenti (dai metalmeccanici ai chimici, dagli alimentaristi alle Tlc e gli edili).
«La crisi - ha sottolineato il segretario confederale Cgil Agostino Megale - oltre a colpire l’occupazione, genererà circa un punto di perdita di potere d’acquisto dei salari». Dal 2001 a fine anno, ha aggiunto Megale, le buste paga hanno perso in media circa 2.800 euro. Per invertire la rotta non serve, secondo la Cgil, il nuovo modello contrattuale ma un «aumento delle detrazioni per lavoratori dipendenti, pensionati e collaboratori». Val ricordare che secondo Consensus Economics, a giugno la media delle previsioni indicava una crescita dei prezzi al consumo dello 0,8% nel 2009. Per il segretario confederale Uil, Paolo Pirani le strade per far ripartire i salari sono il rinnovo dei contratti in scadenza «con le nuove regole» e la riduzione dell’imposizione fiscale sulle retribuzioni, una posizione in linea con quella espressa da Giorgio Santini (Cisl), che ha anche insistito sulla necessità di estendere la contrattazione di secondo livello, aziendale e territoriale, unica via per ridare peso a salari in calo da 15 anni e favorire «la ripresa competitiva delle imprese nazionali con l’aumento della produttività».
A pochi giorni dalle preoccupazioni sollevate dalla Bce per gli effetti della recessione sul mercato del lavoro europeo, ieri Eurostat ha confermato che nel primo trimestre nell’Ue sono stati persi 1.916.000 posti di lavoro, di cui 1.220.000 nella zona euro. In termini percentuali, l’occupazione ha subito un calo dello 0,8% sia nell’area euro che nell’Ue-27, il doppio rispetto all’ultimo trimestre del 2008. Calo dello 0,8% anche in Italia, mentre, tra i principali Paesi di Eurolandia, si registra un -6,4% in Spagna, un -0,7% in Francia e un +0,1% in Germania. Su base tendenziale il calo del’occupazione è invece dell’1,2% (Euro area e Ue a 27).
Il crollo più significativo nel confronto con il primo trimestre del 2008 si è registrato in Lettonia, dove l’occupazione è precipitata dell’8,2%, mentre in Estonia, scesa del 7,2%. Eurostat stima che nel primo trimestre del 2009, nell’Ue a 27, erano 223,8 milioni gli uomini e le donne con un lavoro, di cui 146,2 milioni nell’area euro.