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 2009  giugno 18 Giovedì calendario

COM’E’ STATO L’ANNO D’ORO DELLA FAMIGLIA ABETE DA APCOM AD ASSONIME


Un 2009 che rimarrà negli annali per la famiglia Abete. Martedì Assonime, l’associazione fra le società italiane per azioni, ha nominato un nuovo presidente per il biennio 2009-2011: l’economista-imprenditore, presidente della Bnl, Luigi Abete. A lasciargli il posto sarà Vittorio Mincato, che è lì dal 2005, anno in cui lasciò la carica di amministratore delegato dell’ Eni. Recentemente il fratello Giancarlo, è stato confermato (con il 98 per cento dei voti) per altri quattro anni alla guida della Federcalcio. A maggio la società Eps (Editoriale progetto e servizio, che tra le altre cose ha in pancia anche la quota dell’Asca) della famiglia Abete ha rilevato da Telecom Italia Media il 60 per cento dell’agenzia di stampa Apcom. Ma questo è soltanto il punto più alto, per ora, dell’ascesa - iniziata negli anni Ottanta - per una delle famiglie dell’imprenditoria romana.
Luigi Abete ha sempre fatto attività associativa e imprenditoriale. «La recente nomina a capo di Assonime - dice un amico - è il frutto di un lento e lungo lavorìo diplomatico». Luigi Abete ha una fitta rete di imprenditori -amici che va da Luca Cordero di Montezemolo, conosciuto ai tempi della scuola - entrambi hanno studiato al Massimiliano Massimo, la scuola dei gesuiti frequentata anche dal Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi - a Diego Della Valle, da Innocenzo Cipolletta - presidente delle Ferrovie dello Stato - a Clemente Mastella, da Mauro Miccio a Paolo Panerai - amministratore delegato di Class Editori.
L’interesse per l’informazione iniziò a metà degli anni Ottanta. Nel settembre del 1985, la Dc decise di vendere l’agenzia di stampa Asca. Il compratore? Un giovane Luigi Abete reduce dell’esperienza a capo dei Giovani di Confindustria e presidente dell’Unione degli industriali di Roma. L’accordo era semplice: il venditore - l’Affidavit, finanziaria della Democrazia cristiana - si accollò tutti i debiti, mantenne una partecipazione del 10 per cento nella proprietà dell’Asca e il diritto di esprimere il gradimento sul direttore; il compratore (A.Be.Te. acronimo di azienda beneventana tipografica editoriale), invece, si fa carico delle liquidazioni e di tutti gli asset negativi. Per Luigi Abete, l’acquisto dell’agenzia della Dc, rappresenterà una promozione nel mondo dell’informazione: è una diversificazione della propria attività che partendo da sette tipografie si era già allargata all’editoria libraria e ora a quella quotidiana. Forte del suo potere nell’establishment cattolico quattro anni più tardi, il 29 aprile 1989 grazie a lui, per la prima volta degli imprenditori privati entrano nella proprietà di Avvenire, il giornale della Conferenza episcopale che in quegli anni era sull’orlo del fallimento. Luigi Abete, all’epoca vicepresidente di Confindustria, riuscì a mettere in piedi una cordata di imprenditori di area cattolica che rilevarono il 45 per cento del quotidiano.
«Per comprendere e capire il pensiero di Abete - raccontano alcune fonti vicine al presidente Bnl - bisogna partire dal rapporto con Piero Pozzoli». Abete aveva sostenuto la candidatura di Pozzoli alla presidenza a capo dei Giovani industriali. Pozzoli era molto amato dai Giovani e aveva lavorato molto per rafforzare i legami con i settori più avanzati della società. Erano gli anni mitici della rivista l’Impresa. Ma il peso politico dei Giovani non riusciva a spostare gli equilibri di fondo. Dimessosi Pozzoli, in questa situazione difficile, i Giovani furono chiamati a pronunciarsi tra Carlo Patrucco e Aldo Belleli, esponenti dell’ala più laica confindustriale, e Luigi Abete leader dell’altra anima dell’associazione. Vinse Abete che cercò di rafforzare la rappresentanza dei giovani.
Abete, si ritaglia nel mondo confindustriale un ruolo di democristiano progressista. Una collocazione che porterà i suoi frutti nel 1992. Forte del sostegno dei Giovani industriali e di larghi settori dell’associazione, il quarantacinquenne Abete risulta il più votato alla presidenza di Confindustria dopo Cesare Romiti. Negli anni del suo mandato la Confindustria cambiò pelle, si ibridò: entrarono le aziende partecipate dallo Stato (ex Iri). Fu il presidente della concertazione, dell’accordo del 1993, il presidente della supplenza delle classi dirigenti eocnomiche rispetto alla politica decimata dagli avvisi di garanzia.
Poi cominciò per lui una fase più difficile, in ombra. Si rimise in pista quando andò a fare il presidente della Banca Nazionale del Lavoro. E partecipò attivamente allo scontro dell’estate del 2005 nel sistema economico e finanziario: le opa e le contropa che portarono Antonveneta agli olandesi di Abn, la Bnl a Bnp Paribas, Rcs saldamente nelle mani del patto di sindacato e Antonio Fazio alle dimissioni da governatore di Banca d’Italia.
Lui stava dalla parte di quelli che avrebero vinto, la grande coalizione che in quel momento andava da Giulio Tremonti a Clemente Mastella, a Diego Della Valle, a Luca di Montezemolo. Anche grazie a quella vittoria, la famiglia Abete è rimasta in gioco negli snodi di potere nella capitale. Questo non dipende solo da Luigi, ma anche da suo fratello Giancarlo Abete, fratello minore, più riservato, ma con doti spiccate di intelligenza politica e finanziaria.
Insieme a Luigi, Giancarlo guida il gruppo di famiglia. L’attività principale è quella nel settore tipografico, commesse dal Poligrafico e dal settore editoriale. Poi ci sono le parteciopazioni nelle agenzie di informazione e nel business pubblicitario e cinematografico, interessi nei servizi - dalla contabilità all’industria grafica - e interessi immobiliari e agricoli. Non è un impero, ma è una solida ricchezza cittadina.
«Luigi si occupa sviluppo e strategia, mentre Giancarlo della gestione finanziaria», dice un vecchio amico. Anche Giancarlo ha avuto la stessa formazione cattolico-gesuita. Passione che negli anni Settanta si trasformerà in una passione politica. Nel 1979 Giancarlo si candida alle elezioni politiche con la Democrazia cristiana, e proprio con la Dc sarà eletto onorevole nella ottava, nona e decima legislatura dal 1979 al 1992. Oltre alla politica, l’interesse dell’altro Abete è il calcio, il potere calcistico. Dal 1989 al 1990 è stato a capo del settore tecnico della Figc, incarico con il quale ha avuto inizio la sua carriera in Federcalcio. Legato ad Antonio Matarrese, il primo novembre del 1990, appena quarantenne, è stato eletto presidente della Lega delle società di calcio di serie C. Adesso, quello che si cerca di capire nel mondo della finanza romana, è quali sono gli obiettivi degli Abete e le loro strategie.