Enrico Currò, la Repubblica 18/06/2009, 18 giugno 2009
NEL PAESE DEI BAMBINI CHE SOGNAO DI DIVENTARE CAMPIONI COME WEAH
Lesotho, dove i clandestini restano in miniera
E´ ad un´ora di macchina dalla Confederations "Ma nessuno vuol giocare con noi"
La reggia di Sua Maestà Letsie III è una palazzina a due piani: si distingue per due parabole sul terrazzo. Solo un piccolo colonnato impedisce di confondere l´Assemblea Nazionale con un prefabbricato. Sulla Kingsway, la principale strada asfaltata, la mini-sfilata di negozi e uffici in stile occidentale interrotta da un reticolo di polverosi sterrati laterali, il Setsotu Stadium, lo stadio nazionale, è un cantiere. In compenso sono già pronti i tornelli, feticcio del calcio globale. Il business della Confederations Cup sta a un´ora e un quarto di macchina - a Bloemfontein, dove ha fatto passerella il Brasile di Kakà - ma lì si è fermato. Qui, nell´enclave del Lesotho, il Regno delle montagne chiuso dentro il Sudafrica, tutto sopra i mille metri e grande quindici volte il Lussemburgo ma diecimila volte più povero per i suoi quasi due milioni di abitanti, non si passa la frontiera sul fiume Caledon per andare a vedere le partite: il paese esporta suo malgrado immigrati clandestini.
L´ultima storia sta scuotendo la gente di Maseru, la capitale meno costosa del mondo. Ottantasei minatori illegali, per la maggior parte lesothiani di etnia Basotho, sono morti per asfissia in una miniera d´oro sudafricana in disuso, a Welkom: vi erano entrati per rubare l´oro e i centodieci superstiti preferiscono rimanere sottoterra piuttosto che risalire in superficie, dove verrebbero arrestati. Eppure anche in questo mondo così vicino e così lontano dai milioni di euro del Real Madrid galactico di Florentino Perez il calcio dà la speranza per sorridere: sui campetti e per le strade di Maseru non c´è un solo ragazzino che non rincorra il pallone e il sogno di diventare come Roger Milla e George Weah, i due simboli del calcio africano. E poiché il sorriso passa attraverso l´unica nazionale di calcio itinerante suo malgrado, la federazione del calcio lesothiano, la Lefa, chiede alla Fifa la cosa più semplice e in questo momento più irraggiungibile: un avversario.
Da quando, nel 2007, il Setsotu Stadium è stato chiuso per la costruzione del terreno in erba sintetica e i soldi non arrivano e i lavori vanno a rilento, i Likuena (Coccodrilli) non trovano più una nazionale disposta a giocare con loro. Adesso i soldi della Lefa sono finiti, per i costosi viaggi delle qualificazioni mondiali, dove il Lesotho è stato ovviamente eliminato. Il ct serbo Milosavlijevic, un professore belgradese di educazione fisica, lancia l´allarme: «Senza avversari, non possiamo certo giocare da soli. E se non giochiamo, qui il calcio sparisce». Edwin Tsiu, sessantaquattrenne ex attaccante della nazionale, massima gloria del calcio lesothiano, prevede tempi cupissimi: «I bambini non possono più imparare a giocare, senza istruttori. Ma il calcio, in Africa, è molto più importante che negli altri continenti: è un modo di vivere e un modo per vivere». Solo lo Swalizand ha raccolto l´appello. Ma ormai solo il Mondiale, convogliando l´attenzione sul caso Lesotho, può fare sopravvivere il calcio a Maseru.