Marco Imarisio, Corriere della sera 18/06/2009, 18 giugno 2009
GLI SPARI E LA PAURA TRA I VICOLI E’ LA GUERRA DEI DUE PADRONI
Ai Quartieri Spagnoli dopo il video choc sul romeno ucciso
NAPOLI – A quel video mancano gli spari. La morte in diretta di Petru non riporta il rumore di fondo che l’ha ucciso. Una scena che ghiaccia il sangue nelle vene a chi non vive da queste parti. Per gli altri, per chi rimane, è anche una sorta di promemoria.
«I fuochi d’artificio ci sono ogni sera» dice l’avvocato Elena Coccia, un personaggio noto in città per le sue battaglie a favore dei diritti dell’infanzia e dei malati. Qualche giorno fa, racconta, è rientrata in casa e ha cominciato a leggere cercando di dimenticare l’afa. Dopo pochi minuti è arrivato il rumore delle moto che sfrecciavano nei vicoli, e poi le raffiche delle mitragliette, due o tre scariche verso il cielo. «Non è vero che in questa città ci si abitua a tutto. Fa sempre paura. Anche se ormai avviene con ritmo quasi quotidiano».
Ai Quartieri Spagnoli si spara. Da due settimane che va avanti così, con cadenza quasi giornaliera. Magari soltanto per un attimo, ma le immagini dell’agonia del povero musicista romeno Petru – ammazzato poco distante, in via Pignasecca – ma da assassini che si stanno giocando il dominio di quest’area, ha sollevato il paradosso di una enclave nel cuore della Napoli commerciale, a ridosso di via Toledo, la strada dello shopping. Una realtà che mischia vecchio e nuovo, dove negli stessi palazzi dall’aspetto decadente convivono bassi fatiscenti e appartamenti freschi di ristrutturazione. «Un piccolo mondo plurale che si regge su precari equilibri», così lo definisce Giovanni Laino, docente di Politiche urbane e anima dell’associazione Quartieri spagnoli. Infatti.
Il battito d’ali di farfalla che provoca l’uragano è stato il ritorno in libertà di un vecchio padrone. Dopo vent’anni di carcere, Marco Mariano è stato scarcerato lo scorso aprile. Insieme ai suoi fratelli più grandi, Salvatore e Ciro, ancora detenuti, rappresenta il passato criminale del quartiere. Alla fine degli anni Ottanta la sua famiglia è stata protagonista di una una delle guerre di camorra più sanguinose. Nonostante la promessa formulata all’uscita di galera, mai più crimine, Marco sembra convinto di avere ancora un presente. sparito, inseguito dalla questura che deve notificargli la sorveglianza speciale per i prossimi due anni. Pare che ci sia qualcun altro che lo sta cercando. Con una certa insistenza. Ai Quartieri Spagnoli oggi comanda la famiglia di Enrico Ricci, antico soldato dei Mariano da tempo alleato dei Sarno, il potente clan di Ponticelli che ha allungato le mani verso il centro della città. Quel pittoresco gomitolo di vie abitato da 14mila persone è troppo piccolo per avere due padroni. «Situazione esplosiva» dicono in Procura. A preoccupare sono le nuove leve, i figli di Ricci. Giovani, e violenti.
Due clan entrambi indeboliti dal lavoro della Polizia, un quartiere che fa gola per quel che rappresenta e per la sua ubicazione. «Un momento di riorganizzazione degli equilibri» sostengono in questura, un giro di parole per dire che sta per scoppiare una guerra di camorra nel centro. Ma lo scontro per ora è simulato, una esibizione di muscoli che prevede episodi dimostrativi ad ogni ora del giorno: una guerra a bassa intensità che si gioca sui nervi e sulla pelle degli abitanti e dei passanti come il povero Petru, un morto che non ha fatto rumore per più di due settimane, fino a quando la sua fine non è diventata un prodotto da YouTube. «Questa è ancora un’area off limits » dice Laino con amarezza. «Impossibile avere un agente ad ogni angolo. Ma il nostro poliziotto di quartiere, se c’è, sta in un altro quartiere» aggiunge l’avvocato Coccia.
Gli investigatori della squadra mobile non si stupiscono di questa modalità, una raffica serale indirizzata a balconi e tetti, e arrivederci a domani. «Un modo per ostentare il potere e creare una condizione di assoggettamento». Non si stupiscono neppure gli abitanti, che ascoltano e raccontano a tutti di queste serenate notturne, ma quasi mai fanno denuncia. Quanta amarezza nelle parole del mediatore culturale Alfonso De Vito, che da tre anni vive ai Quartieri Spagnoli. «A Napoli facciamo tutti così. C’è sempre un confine a separarti, a proteggerti dalla realtà, almeno finché, volutamente o per caso, la realtà non ti mette con le spalle al muro. Hanno sparato nel vicolo a fianco, in ’quell’altra zona’, ’sopra la piazza’ o ’sotto la piazza’, ’contro la casa dell’affiliato’. Purtroppo c’è sempre una ragionevole separatezza a cui affidarsi».