Sissi Bellomo, ཿIl Sole-24 Ore 18/6/2009;, 18 giugno 2009
LA PRIMA MANAGER ALLA GUIDA DI ANGLOAMERICAN
Sono di nuovo tempi difficili per Cynthia Carroll, amministratore delegato di AngloAmerican.
Prima donna al mondo alla guida di un gruppo minerario, la manager americana non ha forse mai goduto appieno del favore degli azionisti: al solo annuncio della sua designazione il titolo della società aveva bruciato un miliardo di dollari di capitalizzazione in Borsa. Ma la diffidenza ha ora lasciato il posto a critiche sempre più esplicite e al riemergere di una vecchia ipo-tesi, che potrebbe finire col vederla perdente: una fusione con la concorrente Xstrata. A poco più di due anni dalla nomina, Carroll starebbe insomma già rischiando di uscire di scena. Com’è successo nelle ultime settimane ad altre due importanti dirigenti nell’industria petrolifera, settore molto vicino a quello minerario ed altrettanto maschile: Linda Cook, che ha lasciato la guida della divisione Gas & Power di Royal Dutch Shell, e Vivienne Cox, fino a ieri responsabile delle energie alternative in Bp.
Stare al timone di AngloAmerican non è mai stata una sfida facile per Carroll, una cinquantenne bionda e minuta, che di "virile" non ha proprio nulla, tranne la fortuna – condivisa tuttora da pochissime donne in carriera – di avere un coniuge dedito alla cura dei figli: ben quattro, oggi di età compresa fra i dieci e i sedici anni. Il marito David, compagno di studi ai tempi dell’Mba ad Harvard, l’ha seguita in ogni trasferimento: prima negli Usa, poi a Montreal in Canada ”dove Cynthia ha diretto per anni la divisione Metalli primari di Alcan, numero due dell’alluminio nel mondo e infine a Londra,la sua attuale sede di lavoro.
Quando AngloAmerican annunciò di averla scelta come Ceo al posto dell’anziano Tony Trahar, un manager tanto conservatore da essere soprannominato "Jurassic Park", per molti fu uno vero e proprio choc. Al vertice del più tradizionalista fra i gruppi minerari, fondato oltre novant’anni fa a Johannesburg dalla famiglia Oppenheimer, si erano avvicendati solo manager sudafricani, provenienti da una carriera aziendale interna. Lei ha rotto ogni tabù, a cominciare da quello del sesso. Un’impresa non da poco, se si pensa che in tempi non lontani le donne in miniera venivano accolte dagli scongiuri.
Guidare AngloAmerican è un compito di alto livello. Il gruppo minerario controlla attraverso
AngloPlat il 40% della produzione globale di platino e attraverso
De Beers un quinto del mercato dei diamanti, oltre a possedere importanti risorse di rame e minerale di ferro. A Carroll sarebbe toccato completare le dismissioni degli asset non minerari, già avviate da Trahar, nonché l’uscita dal settore aurifero (l’ultima quota in AngloGold Ashanti è stata ceduta quest’anno per 1,7 miliardi di dollari). A inizio 2007, il ciclo delle commodities era ancora in pieno boom e la nuova ceo si ritrovava oltre 3 miliardi in cassa per facilitare l’espansione del gruppo. Il suo curriculum non ne faceva una star di primissimo piano, ma la formazione e le esperienze erano di tutto rispetto. Prima della brillante carriera in Alcan, Cynthia si era occupata di esplorazioni petrolifere alla Amoco (poi confluita in Bp). Come intermezzo un Master alla prestigiosa Harvard University, complemento decisivo agli studi in geologia: passione scoperta al college e forse accolta con un pizzico di delusione dal padre Frederick, un agente di cambio che imponeva ai suoi bambini di leggere e commentare con lui ogni giorno un articolo del Wall Street Journal.
Ai pregiudizi di chi non la riteneva all’altezza del ruolo la Carroll ha sempre risposto con un sorriso. Ma la luna di miele con gli investitori, alimentata soprattutto dai progressi nel campo della sicurezza e nelle relazioni col governo sudafricano, è durata poco. Alle prime difficoltà, legate alla crisi finanziaria globale, Carroll è finita di nuovo sotto tiro. Molti azionisti hanno cominciato a criticare l’acquisto della brasiliana Minas-Rio, un produttore di minerale di ferro per cui Anglo ha sborsato ben 5,5 miliardi in contanti nel marzo 2008, poco prima del crollo dei prezzi delle materie prime. L’operazione ha contribuito a gonfiare il debito della società a 11 miliardi, costringendo la Carroll - intenzionata ad evitare una ricapitalizzazione - a misure draconiane: dal dimezzamento del piano di inve-stimenti, al taglio di 19mila posti di lavoro,alla cancellazione a sorpresa del dividendo. Quest’ultimo annuncio, arrivato il 19 febbraio, è stato come il fumo negli occhi per molti azionisti. Dalle comunicazioni all’Fsa, l’autorità che vigila sui mercati britannici, risulta che da allora numerosi investitori hanno fortemente ridotto la propria partecipazione nella società. Per il londinese Times alcuni fondi sarebbero addirittura «furiosi» con la Carroll. Lo stesso quotidiano, in un altro articolo, suggeriva anche il possibile esito della crociata contro di lei: l’acquisizione di Anglo da parte di Xstrata (che guarda caso è guidata da un sudafricano, Mick Davis). Una vecchia ipotesi, che trova oggi più forza perché a sostenerla sarebbero i fondi attivisti Black Rock e Capital Group, che di Xstrata sono azionisti.