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 2009  giugno 16 Martedì calendario

PERCHE’ LA VIRGINIA SEGNA LA FINE DEL CLINTONISMO


Terry McAuliffe non sarà il candidato democratico alla carica di governatore della Virginia. Le elezioni si terranno alla fine di quest’anno. La notizia ha rilievo nazionale perché McAuliffe è stato chairman del partito democratico per quattro anni, dal 2001 al 2005. Ma, soprattutto, è stato chairman del comitato elettorale di Hillary Clinton for president. E poiché la politica ha le sue regole, e una di queste dice che se uno dei tuoi uomini corre per una carica e perde, la responsabilità ricade anche su di te, la sconfitta di McAuliffe coinvolge anche i Clinton. I Clinton non sono mai stati particolarmente popolari, in Virginia. E probabilmente questo ha "pesato" sull’esito della scommessa di McAuliffe. Ma resta il fatto che Bill Clinton è andato in Virginia tre volte, per appoggiare personalmente McAuliffe. E che questi non ha ottenuto il via libera dai militanti democratici, quelli che votano e decidono il candidato di partito. Essi sapevano cosa facevano, quando azzoppavano le ambizioni politiche dell’ex braccio destro dei Clinton.
Uno dei problemi, quando diventi presidente degli Stati Uniti in giovane età, è cosa fare quando vai in pensione. Questo problema avrebbe potuto averlo JF Kennedy, ma sappiamo com’è andata. Avrebbe potuto averlo Richard Nixon, se fosse stato eletto nel 1960, ad appena 47 anni. Ma fu eletto soltanto 8 anni dopo. Lo ebbe Theodore Roosevelt che, guarda caso, riprovò a diventare presidente dopo esserlo già stato per due mandati (la Costituzione allora lo permetteva). Ovviamente, lo ha avuto e ancora lo ha Bill Clinton. Clinton ha risolto il problema continuando a fare politica attraverso sua moglie. E così, il clintonismo è potuto durare altri 8 anni, dal 2000 all’elezione di Barack Obama.
Ora, per fare politica, c’è bisogno di una "macchina politica". Ciò che tiene in piedi una macchina politica è ovviamente l’ambizione dei suoi leader, i soldi dei loro sostenitori e un entourage che amministri il potere. Poi certamente occorrono una piattaforma politica e una coalizione. Così, gli ingredienti essenziali per far politica sono le idee, un leader dotato di grandi ambizioni e in grado di soddisfare quelle del suo team; soldi e potere. Hillary ha permesso tutto questo. Nel senso che è stata la scusa grazie alla quale la macchina politica del marito e il suo progetto politico hanno potuto sopravvivere alla fine della presidenza.
Ma sia il progetto che la macchina sono al termine del loro viaggio. Per quanto riguarda il progetto, Clinton viveva in un’era repubblicana, ed era stato eletto la prima volta grazie a una scissione all’interno del partito repubblicano. Questo ovviamente influenzò non soltanto la sua strategia elettorale ma anche la sua Amministrazione. La famosa "triangolazione" era un nome altisonante per una politica congressuale che lavorava sulle differenze tra repubblicani. Così come i repubblicani erano sopravvissuti durante il New Deal grazie agli accordi con la componente conservatrice del partito democratico, così l’Amministrazione Clinton si assicurava il sostegno dell’area moderata del partito repubblicano per far passare i suoi progetti di legge. Di più, Clinton poté beneficiare della "fine della storia" in politica estera, cioè quella parentesi lunga un decennio tra il crollo del muro di Berlino e l’attacco alle torri gemelle a New York che diede l’impressione di una convergenza mondiale su alcuni principi base di democrazia e capitalismo. E poté inoltre approfittare del boom economico e del mercato finanziario stimolato dalla new economy. Così, la "triangolazione" di Clinton si sviluppava all’interno di un contesto politico squassato da rivalità ideologiche ma non da crisi economiche o internazionali. La sanità per tutti (Hillary Clinton), il manifesto conservatore (Newt Gingrich), lo spergiuro del presidente (Bill Clinton). Temi altamente simbolici, ma poco pratici.
Oggi è il contrario. Ogni mese, quasi trecentocinquantamila americani vanno ad aggiungersi ai 14 milioni e mezzo già disoccupati. Dall’inizio della recessione, un anno e mezzo fa, la disoccupazione è raddoppiata. Alcuni settori industriali, come quello automobilistico, sono sull’orlo della bancarotta. Alcuni Stati - come la California - rischiano la bancarotta. E le tensioni internazionali che non si sono mai sopite a partire dal September 11: Afghanistan, Iraq e Iran, Corea del Nord eccetera richiedono decisioni concrete e piani attuabili. Sul fronte politico, i democratici assicurano alla presidenza un margine ampio di manovra al Congresso, grazie al quale sono possibili interventi legislativi ampi e di respiro. Il contesto, insomma, non potrebbe essere più diverso da quello di Clinton.
Per quanto riguarda invece la macchina politica, alcuni uomini di Clinton oggi fanno parte dell’Amministrazione Obama: Rahm Emmanuel, Larry Summers, la stessa Hillary Clinton. Altri avrebbero potuto farne parte, se non fossero incappati in complicazioni personali (Bill Richardson). Altri sono già passati con Obama (John Lewis, per esempio). Altri ancora si sono ritirati dalla politica e oggi sono impegnati nella finanza e nel business. Infine, ci sono quelli come Terry McAuliffe, che hanno deciso di correre in prima persona. Certi che l’appoggio dell’ex-presidente Bill Clinton fosse sufficiente per assicurare loro almeno il sostegno della maggioranza dei militanti democratici della Virginia. Ma così non è stato.