Danilo Taino, Corriere della sera 16/06/2009, 16 giugno 2009
LE ALLEANZE MANDELSON CHIEDE NUOVI NEGOZIANTI. IN AMERICA FIAT FA RIPARTIRE LE FABBRICHE CHRYSLER
Opel e Magna, la mina pensioni
Il commissario Verheugen: piano da verificare da cima a fondo
BERLINO – Mentre alla Chrysler è ripresa la produzione, sospesa dal 30 aprile quando andò in amministrazione controllata, l’operazione Opel-Magna inizia ad avere problemi di ossigeno. Più di un governo europeo, quello britannico in testa, segnala di non apprezzare la soluzione trovata da Berlino per il salvataggio della Casa automobilistica. Il commissario europeo all’Industria Günter Verheugen dice che tutto deve essere riesaminato «da cima a fondo» a Bruxelles. Nello stesso esecutivo guidato da Angela Merkel gli scettici sono più scettici di prima. E ora si scopre che la pancia di Opel potrebbe contenere una polpetta avvelenata – gli obblighi pensionistici – in teoria capace di fare saltare tutto.
Giorni molto difficili per la cordata russo-canadese che sta portando avanti trattative riservate con l’americana General Motors e con gli amministratori fiduciari tedeschi che insieme (rispettivamente per il 35 e per il 65%) controllano oggi la Opel. Ieri, Verheugen ha detto al quotidiano Die Welt che la Ue deve condurre «un esame da cima a fondo» del salvataggio. Vuole assicurarsi che dia garanzie di lungo periodo a Opel. In più, il commissario (tedesco) nota che l’operazione guidata da Magna è favorevole soprattutto alla Russia, che così accederà «alle tecnologie più moderne e potrà in seguito fondare la propria industria automobilistica, in grado di esportare». Inoltre – dice – «bisogna ammettere che le decisioni chiave dell’azienda non potranno essere prese senza l’assenso dei governi di Mosca e di Washington »: se l’operazione andrà in porto, infatti, questi verranno a controllare indirettamente ciascuno il 35% di Opel.
A Londra, intanto, il governo non è «soddisfatto» della soluzione trovata. Peter Mandelson, il ministro più potente del gabinetto Brown, dice che vuole «un nuovo round di negoziati con i governi europei», dal momento che in gioco ci sono anche le fabbriche Vauxhall in Gran Bretagna e queste non possono essere condannate o salvate a Berlino. In ogni caso, avrebbe preferito una soluzione europea. Anche il governo fiammingo è nervoso: ieri ha fatto sapere che Magna non ha ancora preso decisioni sul destino della fabbrica Opel di Anversa, 2.600 dipendenti.
La situazione che potenzialmente minaccia di fare saltare il piano Magna, però, è quella che sta montando a Colonia, dove il consorzio russo- canadese ha chiesto alla Psv – un’associazione finanziata da 70 mila imprese che assicura le pensioni aziendali dei lavoratori – di farsi carico di una parte degli obblighi pensionistici maturati dai dipendenti Opel. Gli aventi diritto – ha rivelato ieri la Frankfurter Allgemeine Zeitung – sono i circa 70 mila che hanno lavorato per Opel per almeno cinque anni, un terzo dei quali ancora in fabbrica, il resto in pensione: obblighi in capo alla Casa automobilistica tedesca per circa quattro miliardi. Magna dice che non vuole assumersi questo onere – lo stesso rifiuto era già arrivato dal governo di Berlino – e chiede alla Psv di intervenire almeno in parte (non si sa per quanto). Psv si rifiuta: interviene solo quando un’impresa va in bancarotta, e non è questo il caso. La risposta piuttosto cinica di Magna è questa: o pagate un po’ adesso oppure dovrete affrontare la bancarotta Opel, cioè un conto da quattro miliardi. In sostanza, il salvataggio è già costato ai contribuenti tedeschi 1,5 miliardi. Ora, un’altra cifra che non si conosce ma è di certo consistente è chiesta alle imprese tedesche. «Non stiamo negoziando e non ci faremo ricattare», ha assicurato il capo della Psv, Martin Hoppenrath, alla Faz: se è proprio così, Magna e il suo boss Frank Stronach sono nei guai.