Varie, 15 giugno 2009
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Bonifacci Fabio
• Bologna 25 ottobre 1962. Sceneggiatore • «[...] sceneggiatore di Lezioni di cioccolato, Notturno bus, Amore bugie e calcetto [...] Si può fare [...] Diverso da chi? [...] ”Ho nell’orecchio il modo di raccontare della gente di paese. Sono nato in un piccolo centro sull’Appennino e ci torno tuttora. Conosco l’affabulazione contadina che sa trasformare anche il fatto più drammatico in un episodio che strappa un sorriso”. Da ragazzo, racconta, voleva fare il romanziere: scrivere era la sua passione. Un amico che avrebbe aspirato a diventare regista, però, gli chiese di preparargli una sceneggiatura. La cosa lo divertì. ”Il film non si fece perchè era bruttino assai, ma cominciai a occuparmi di giornalismo”. Soldi pochi. Da qui il passaggio a curare qualche ufficio stampa, a produrre qualche spot, a scrivere un saggio contro gli Anni 80 e contro la tv, forte della sua laurea in filosofia e dei suoi studi sulla comunicazione. E fu proprio questo saggio a spingere Stefano Bonaga, il filosofo bolognese un tempo grande amore di Alba Parietti, a presentargli Beppe Caschetto, che allora faceva solo l’agente e conosceva tutti. Nel cassetto, intanto, i soggetti e le sceneggiature si erano moltiplicate, ma ce n’era una, Allora, mambo, su cui Fabio Bonifacci puntava, e, dal momento che anche Caschetto ci credeva, piuttosto che arrestarsi di fronte al rifiuto di produttori veri, il film lo fecero loro: uno mettendoci l’idea, l’altro i soldi. Fu l’inizio. Mai frequentato una scuola di scrittura? ”Ho letto tutto quel c’era da leggere scritto dai guru americani. Ma poi faccio da me”. Cosa le riesce più facile? ”I dialoghi femminili: lo dicono le attrici. Il fatto è che sono cresciuto in mezzo alle donne e continuo a starci: la mia famiglia è composta da mia moglie, due figlie femmine, una tata [...] A me la sceneggiatura piace farla da solo: il confronto va bene dopo. Una commedia è una costruzione matematica per uno come me che detesta la ”culata a terra’ che strappa la risata facile [...]”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 13/6/2009).