Luca Ubaldeschi per "La Stampa" 15.6.9 rilanciato da dagospia, 15 giugno 2009
BERLUSCONI A PORTOFINO. A CENA CON SILVIO PARLANDO DI GHEDDAFI - LA PASIONARIA AFEF:
"Si è chiusa una ferita che senza l’intervento di Berlusconi non si sarebbe rimarginata" - A PORTOFINO COL NIPOTINO: "Mi hanno detto di tutto, ci manca solo che mi dicano che sono gay"...
TODINI E AFEF ALL AUDITORIUM1 - Cena a Portofino con la figlia Barbara e Tronchetti Provera - "Mi hanno detto di tutto, ci manca solo che mi dicano che sono gay"
P. D. C. per il Corriere della Sera - La battuta che gli piace di più, quella che serve a sdrammatizzare il caso Noemi, Silvio Berlusconi se la riserva per la serata.
quando arriva in piazzetta a Portofino, dove lo aspetta per una lauta cena il suo ristoratore preferito, Puny, e si concede al bagno di folla per mano al nipotino Alessandro - 18 mesi -, e seguito dalla mamma Barbara (incinta del secondo figlio) e dal compagno Giorgio Valaguzza.
Il piccolo, una delizia di riccioli biondi e occhioni azzurri che il nonno fa contare fino a dieci, dire il suo nome e perfino recitare in inglese l’augurio « have a nice day », buona giornata, si ferma ad accarezzare un cagnolino, poi - tra i flashes dei fotografi - passa a «corteggiare» delle bimbe lì accanto.
Gheddafi
Berlusconi non si fa scappare l’occasione: «Ecco, è come il nonno: gli piacciono le minorenni...». La gente ride, come fa subito dopo quando un turista gli si avvicina e gli regala un libretto in cui, dice, c’è il segreto per far scomparire definitivamente i comunisti, e lui: «Perché, ci sono ancora? Pensavo di averli fatti fuori tutti...». E poi scherza con i fotografi: «Mi hanno detto di tutto, ci manca solo che mi dicano che sono gay...».
Alla fine, il premier si siede al suo tavolo tra amici, famigliari e, come ospiti d’onore, Marco Tronchetti Provera e sua moglie Afef. La cena può iniziare, non prima del saluto agli astanti, ancora con il nipotino in braccio: «Ecco, oggi avete avuto un’idea dell’attività del presidente...».
2 - "A CENA CON SILVIO PARLANDO DI GHEDDAFI"
Luca Ubaldeschi per "La Stampa"
"Mi chiedo dove trovi tanta energia», dice Afef Jnifen accompagnando le parole con un sorriso. Parla di Silvio Berlusconi, della serata che lei e il marito, il presidente della Pirelli Marco Tronchetti Provera, hanno trascorso cenando con il premier a Portofino, da Puny, dove il Cavaliere ha cantato e naturalmente ha raccontato qualche barzelletta.
Eppure, poche ore prima, davanti ai giovani di Confindustria, aveva parlato di un piano eversivo per spodestarlo. Non ne ha accennato con lei e suo marito?
«No, non è un argomento di cui abbiamo discusso».
GHEDDAFI ALL’AUDITORIUM
Avete parlato dell’incontro che il premier avrà con Obama?
«Non molto, si è limitato a dire che è presto perché ci possa essere un rapporto di amicizia con il nuovo presidente Usa, ma che è fiducioso sulla possibilità che nasca un’intesa. In realtà abbiamo parlato soprattutto di Gheddafi, di come valutavamo la visita in Italia».
E qual è stato il giudizio?
«Ci siamo trovati d’accordo nel dire che sia andata molto bene. Si è chiusa una ferita che senza l’intervento di Berlusconi non si sarebbe rimarginata».
A che cosa si riferisce?
«Al lavoro che il Cavaliere ha svolto per ricostruire un rapporto. Le scuse dell’Italia, l’invito al Colonnello. E’ qualcosa che il premier ha fatto perché convinto, non soltanto per una questione di rapporti economici. Gheddafi lo ha capito e infatti ha molta stima di Berlusconi. Era ora che si chiudesse una pagina terrificante. Magari altri Paesi con un passato colonialista prendessero esempio dall’Italia e chiedessero scusa».
Aspetti un attimo. Lei che è stata spesso associata a posizioni del centrosinistra, che si è esposta appoggiando Veltroni, adesso è diventata berlusconiana?
«Il punto è un altro. Non ho niente contro Berlusconi, se fa qualcosa che ritengo sbagliato glielo dico, così come posso applaudire altre decisioni. Perché sono libera, non vincolata a uno schieramento. E nella vicenda della Libia ha agito bene».
veronica col nipotino
Anche per i respingimenti?
«Il rispetto dei diritti umani è fondamentale, ma se ci sono persone che partono dalla Libia, la Libia deve occuparsene. Dobbiamo essere realisti. La crisi è molto pesante e so di un numero crescente di persone che tornano nei Paesi di origine perché non hanno più un lavoro. Con queste difficoltà, che cosa possiamo offrire a chi arriva in Italia? Ecco perché è ancora più importante che oggi sia accolto chi viene secondo le regole».
E a chi fugge per chiedere asilo politico non pensa?
«Certo, il problema esiste, ma non è neppure giusto vedere rifugiati politici che poi vivono su una panchina a Milano. Succede. Dobbiamo invece assicurare condizioni di vita dignitose, altrimenti siamo nella giungla».
Torniamo a Gheddafi, che lei ha incontrato più volte durante il soggiorno a Roma. Anche il leader libico è rimasto soddisfatto del viaggio, nonostante l’incontro saltato alla Camera?
«Le nostre famiglie si conoscono, mio padre è stato ambasciatore della Tunisia in Libia, ma noi non ci eravamo mai incontrati. Comunque sì, il suo bilancio è positivo e anche l’episodio della Camera spero non lasci traccia. E’ falso che l’incontro sia saltato perché Gheddafi aveva letto il discorso di Fini, non lo conosceva».
Berlusconi Portofino
Beh, le critiche non sono mancate. A partire dalla foto dell’eroe libico che combattè gli italiani, Omar Al Muktar, che si era appuntato sulla divisa. Un po’ troppo, non crede?
«Ma si sa che Gheddafi ama provocare. Il punto è un altro: è arrivato per fare pace. Ha atteggiamenti che possono non piacere, nei suoi discorsi c’è un po’ di tutto, ma è comunque disponibile e ha fatto un passo importante».
Le è piaciuto anche il discorso pronunciato a mille donne?
«D’accordo, è stato un po’ colorito, ma si vedeva che voleva stuzzicarci».
[15-06-2009