F.P. Corriere della Sera 15/06/2009, 15 giugno 2009
L’ennesimo richiamo al contenimento dell’emissione di anidride carbonica dagli scienziati è venuto da venti premi Nobel riuniti a Londra
L’ennesimo richiamo al contenimento dell’emissione di anidride carbonica dagli scienziati è venuto da venti premi Nobel riuniti a Londra. Fra questi la biologa africana Wangari Maathai, la prima persona a vincere – era il 2004 – l’onorificenza per la pace grazie alla sua vocazione ambientalista. Hanno sollecitato misure urgenti contro l’effetto serra anche il fisico Stephen Hawking e l’astrofisico Martin Rees, presidente della Royal Society britannica, il più catastrofico di tutti: secondo le sue previsioni, se andiamo avanti così, le probabilità di sopravvivenza della razza umana sul pianeta nel 2100 sono del 50 per cento (in Italia il libro in cui espone questa teoria, il Secolo finale, è edito da Mondadori). Eppure, nonostante gli studi sempre più approfonditi e nonostante il numero sempre più significativo degli scienziati che si iscrivono al partito dei «catastrofisti», non demorde lo schieramento del no, gli scettici che negano il cambiamento ambientale indotto dall’uomo e sostengono che non sia mutato quasi nulla nel normale avvicendarsi delle stagioni da secoli. Il concentrarsi di certi eventi, estati caldissime, uragani, siccità nell’ultimo decennio, rientrerebbe in una variabilità del clima pressoché «normale» se guardiamo al problema sul lungo periodo. E se qualche aumento di temperatura c’è stato, sarebbe da ascrivere alla radiazione cosmica (ineliminabile), e non all’effetto serra indotto dall’uomo. La presa di posizione più clamorosa del «fronte del no» è il manifesto comparso in uno spazio a pagamento del New York Times (comprato dal centro studi Cato di Washington), dove 114 scienziati di 13 Paesi hanno contestato le affermazioni di Barack Obama sul riscaldamento del clima. Il titolo del manifesto «Con il dovuto rispetto, signor presidente, quanto afferma non è vero» voleva rispondere alla dichiarazione di Obama: «Poche sfide sono più urgenti della lotta ai cambiamenti climatici; la scienza non ha dubbi in proposito». Fra i firmatati del manifesto tre italiani, il fisico Antonino Zichichi, i geologi Umberto Crescenti e Carlo Forese Wezel, dell’università di Urbino. Di Zichichi sono ben noti gli atteggiamenti di scetticismo nei confronti delle misurazioni dei cambiamenti climatici, a parer suo poco attendibili. «Secondo Zichichi, che peraltro è un fisico delle particelle e non un esperto di clima, i modelli utilizzati in tutto il mondo per fare previsioni sulle condizioni climatiche nel futuro sono ingannevoli perché non validati scientificamente – afferma il fisico Sergio Castellari, del Centro europeo di studio sui cambiamenti climatici di Bologna e portavoce per l’Italia dell’Ipcc, il panel intergovernativo che monitorizza dal 1988 il problema ed ha già elaborato quattro rapporti, l’ultimo nel 2007 ”. negare l’evidenza, visto che questi modelli sono stati fatti propri dai centri di ricerca americani, inglesi, giapponesi ed europei dopo un lungo studio e sono tuttora oggetto di un confronto continuo». Altro argomento forte dei negazionisti è la cosiddetta «piccola era glaciale» che fece seguito al «caldo medioevo». Si tratta di un abbassamento della temperatura terrestre nell’emisfero settentrionale che iniziò nel 1300 per finire nella metà dell’Ottocento. Lo precedette un periodo di clima relativamente caldo durato circa 500 anni nella regione del Nord Atlantico. Si tratta di fenomeni ben documentati dagli storici, i nemici del cambiamento climatico affermano che oggi si stanno, semplicemente, ripetendo e che l’effetto serra non c’entra niente. «Peccato che un riesame accurato dei dati in nostro possesso sulla piccola era glaciale e sul periodo caldo medievale – precisa Castellari’ abbia accertato che, a differenza di quanto sta avvenendo adesso, quei mutamenti climatici non furono globali, ma interessarono una parte del pianeta: l’Europa del Nord, la Groenlandia e gli Stati Uniti». F.P.