Andrea Nicastro, Corriere della Sera 15/06/2009, 15 giugno 2009
Il mondo guarda a Teheran e legge negli scontri di piazza, nelle proteste e nella repressione di polizia, la lotta per la poltrona presidenziale tra Ahmadinejad e lo sfidante Mousavi
Il mondo guarda a Teheran e legge negli scontri di piazza, nelle proteste e nella repressione di polizia, la lotta per la poltrona presidenziale tra Ahmadinejad e lo sfidante Mousavi. Il più famoso dissidente iraniano, Akbar Ganji, no. Ganji punta il dito più in alto, oltre i due contendenti, direttamente in cima alla scala del potere, al «sultano » come Ganji chiama la Guida Suprema Alì Khamenei. Il presidente anti americano e l’ex premier moderato sono, nell’analisi di Ganji, poco più che pupazzi, marionette di un potere che non hanno e non hanno mai avuto. «La forza e l’intera macchina istituzionale ed economica fa capo a una sola persona, la Guida Suprema Alì Khamenei. Se, per assurdo un giorno il presidente decidesse di fare di testa sua, ogni altro organo statale che dovrebbe lavorare con lui si metterebbe di traverso, paralizzandone ogni velleità». Cinque anni di carcere duro ad Evin l’hanno convinto a scappare dall’Iran. Ganji, giornalista e politologo, oggi è esule nel New Jersey. Al sicuro. Ed è da lì, per telefono, che risponde alle domande del Corriere. Cosa pensa stia accadendo al suo Paese? «Chiamatelo colpo di Stato, chiamatela repressione, per me è solo un’operazione di svecchiamento. come un serpente che cambia pelle. Si contorce, si strofina contro le rocce. A volte può anche graffiarsi e sanguinare. Ma è un problema di superficie ». Qui a Teheran si parla di giganti del regime messi sotto sorveglianza o addirittura arrestati. Davvero solo graffi? «Esatto. Per il regime, naturalmente, non per i singoli protagonisti. Personaggi come Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, ex presidente negli anni ”90, o Natek Nouri, ex presidente del Parlamento, o Mehdi Karrubi, uno dei candidati sconfitti, nei 30 anni di storia rivoluzionaria hanno accumulato poteri enormi. A differenza di loro, Ahmadinejad è un nessuno. Il presidente e questa sua rielezione farsesca esistono solo in quanto strumenti della lotta intrapresa dalla Guida Suprema con gli altri titani. Sembra che Alì Khamenei abbia deciso di toglierli di mezzo. Ci saranno contorcimenti e graffi. Ma il corpo del serpente, il regime nel suo complesso, resterà assolutamente integro». Se è giusta questa sua analisi, la reazione dei rivali della Guida Suprema è potenzialmente devastante. «Lotteranno, è vero. La lettera aperta di Rafsanjani ad Alì Khamenei aveva proprio questo scopo: togliere di mezzo Ahmadinejad e salvare se stesso. Il primo obbiettivo è stato clamorosamente mancato. Per il secondo vedremo. Ma sono scettico sulla possibilità che Rafsanjani e gli altri nel mirino questa volta sopravvivano ». E perché lui o lo stesso Mousavi inneggiato dai cortei, non dovrebbero mettersi alla testa di una rivolta popolare? «Sarebbe logico, ma non accadrà. successo persino in un Paese come lo Zimbabwe. Lì i capi delle opposizioni davanti a palesi brogli elettorali, hanno invitato la gente a scendere in strada e grazie alla presenza del popolo e alla pressione internazionale, il dittatore Robert Mugabe si è trovato costretto a condividere parte del potere. Ma in Iran questo non lo farà mai nessuno». Perché? «Per due ragioni. La prima psicologica. Rafsanjani, Nouri, Karrubi, Mousavi si riconoscono nel sistema della Repubblica e agiscono nel quadro costituzionale. Inviteranno la popolazione alla calma e si rivolgeranno alle autorità religiose e alla Guida. Cioè lotteranno con le armi del sistema. La seconda ragione è di puro opportunismo. Sanno di non avere alternative. Se ci fosse una rivolta tale da rovesciare il regime, il loro posto e il loro futuro non sarebbero affatto garantiti». E Khatami? L’ex presidente riformista è stato forse costretto a ritirare la propria candidatura alle elezioni. Ora anche il suo partito è sotto pressione con attivisti arrestati. Se lui desse un segno sarebbero in tanti a seguirlo. «Per Khatami vale il discorso degli altri. Anche lui è interno al sistema. Più volte ha dichiarato che la Repubblica Islamica è la più grande conquista del nostro popolo, che non ha un’alternativa migliore e che è un’organizzazione politica santa. Come può guidare una rivoluzione contro tutto ciò?». Andrea Nicastro