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 2009  giugno 15 Lunedì calendario

FRANCA SEGRE, BANCHIERA DI FAMIGLIA


La tela della signora della finanza torinese, dall’antico legame con l’Ingegnere agli affari con Coppola

In un mercato che in molti definiscono povero di liqui­dità e in un settore che in tanti dipingono a tinte fosche, oggi (è la scadenza ufficiale) vie­ne «staccato un assegno» da qua­si 70 milioni di euro. la somma che la Mimose di Franca e Massi­mo Segre, probabilmente con il finanziamento del Banco Popo­lare, versa alla Banca Intermobi­liare per il 51% di Ipi, la società immobiliare che fu di Danilo Coppola. A giorni dovrebbe esse­re depositato il prospetto di Opa obbligatoria sul resto del capita­le del gruppo del mattone di Por­ta Vittoria a Milano e del Lingot­to a Torino, per un totale di 142 milioni di euro.

L’obiettivo dei due Segre, ma­dre e figlio, sembra essere il deli­sting dell’Ipi e quindi la gestione dei progetti immobiliari. Perché la famiglia «delle due Opa» (è ap­pena partita un’altra offerta, sul­la M&C di Carlo De Benedetti) non crede alle Cassandre del­l’immobiliare. La tesi principa­le, a proposito di case e costru­zioni, è semplice: se arriverà l’in­flazione che in molti temono, questa dovrebbe però garantire al settore del mattone, bene rifu­gio per eccellenza dalle svaluta­zioni monetarie, dei buoni tassi di crescita.

Dovrebbe invece restare in Borsa l’altra società sotto Opa, Management & Capitali, come holding di partecipazioni. Pas­sando, a meno di contro offerte, dal primo azionista Carlo De Be­nedetti alla finanza targata Se­gre. un movimento di conse­gne tra due famiglie che si cono­scono, e si apprezzano, da de­cenni. Allo studio dei commer­cialisti Segre in via Valeggio a To­rino, dove le impiegate lavorano ancora in grembiule nero, Carlo de Benedetti è uno dei clienti più importanti. E tra i soci del­l’accomandita dei De Benedetti, l’unica persona che non fa parte della famiglia dell’Ingegnere è Franca Bruna, cognome da nubi­le della Segre. «Io non ho amici e non parlo con nessuno al tele­fono se non con l’Ingegnere e D’Aguì» (Pietro, l’amministrato­re delegato della Bim di cui Fran­ca Segre è presidente e azionista tramite Cofito), aveva detto l’an­no scorso la banchiera torinese, «e non ci posso fare niente se con De Benedetti lavoro da 50 anni e andiamo d’amore e d’ac­cordo ».

L’importanza di essere Fran­ca, direbbe Oscar Wilde. Una franchezza usata anche con Da­nilo Coppola (al centro di ben note disavventure finanziarie e giudiziarie), che proprio dalla Bim aveva ottenuto cospicui fi­nanziamenti. Sempre l’anno scorso la Segre, pur riconoscen­do gli errori fatti su Coppola, per lui aveva detto: «Mi sembra di avere un figlio in prigione, non capisco perché uno che ammaz­za la moglie dopo 15 giorni esce, e lui è dentro da due mesi». E an­cora: «Coppola ci ha portato del lavoro, qui mica facciamo la tor­ta o la maglia in casa; noi incas­siamo commissioni». Adesso, l’Opa in arrivo è ancora legata a Coppola, che ha ottenuto una ri­strutturazione del suo debito verso la banca torinese, oltre a una rivalutazione borsistica del suo pacchetto Ipi. Ma, hanno precisato i Segre in un raro inter­vento pubblico, una lettera a La Stampa , Coppola non sarà il pri­mo ad essere avvantaggiato dal­l’operazione, «lo saranno invece il mercato e la Bim». E gli altri azionisti, come la Risanamento di Luigi Zunino, anche lui con una storia da cliente Bim.

Sempre su Coppola si è arriva­ti, lo scorso aprile, a divergenze tra i Segre e altre famiglie alleate storiche e azioniste di Bim trami­te Cofito: Franca e Massimo era­no contrari all’escussione del 19% di Ipi in mano all’immobi­l­iarista.

Tra i tanti nomi che si intrec­ciano, direttamente o indiretta­mente, con i Segre non sembra invece esserci quello del pre­mier Silvio Berlusconi. Eppure la possibilità c’è stata, con gli av­vicinamenti, anni fa, tra De Be­nedetti e Berlusconi per l’ingres­so, poi saltato, del premier in M&C. La storia della società è poi stata quella che tutti cono­scono, dai grandi dossier esami­nati all’inizio (come Alitalia), fi­no ai pochi investimenti effetti­vamente realizzati (quattro). E alla liquidazione di gran parte dei soldi in cassaforte (battendo comunque le performance del­la concorrenza): una mossa de­cisa da una tormentata assem­blea martedì scorso, dove il se­condo socio Giovanni Tamburi ha dato l’ok alla maxi cedola ma non ha risparmiato critiche a De Benedetti.

Adesso la palla M&C, a meno di colpi di scena, passa ai Segre. Che, quindi, oltre a credere nel­l’immobiliare, puntano anche su una società di investimenti.

Pure in questo caso, in contro­tendenza con il mercato.

Come, d’altronde, è in contro­tendenza anche il curriculum della stessa Segre, prima donna italiana a diventare presidente di una banca.